venerdì 8 febbraio 2013

"Ricordati di dimenticare" (il dolore da bruco)

Questa sera ho bisogno di un sonno che mi porti in un altra dimensione, ho bisogno della luna, dei mostri sotto al letto che conosco talmente bene da sentirne la mancaza. Ho bisogno di qualcosa che mi faccia ridere, delirare, ma che non sia di questo mondo.
Qualunque cosa che mi distolga dal pensare: "ricordati di dimenticare". Come se cose di questa portata siano semplici...

Voglio la ferma convinzione che domani sarà un giorno speciale, o magari dopodomai, o fra qualche giorno, ma in ogni caso la convinzione che questo giorno arriverà. E mi piacerebbe riuscire a trovare la forza, le parole per dire: "a domani", perché quel "domani" significherebbe già una promessa, vorrebbe dire che in quel domani esisterebbe ancora un "noi" e che ci sarò. Tu, dove sei?! Dove sei ora che tutto sta crollando sotto un bombardamento di razzi, granate, sotto questa guerra perenne mentre lanciamo attacchi, feriamo, veniamo feriti, singhiozziamo? Non ti vedo.
E mi piacerebbe ordinarti di darmi il caricatore, perché non ce la faccio più. Giusto per ribadire, che i sentimenti non muiono mai per morte naturale, ma di stanchezza e ferite.

Sorellina, "non piangere" ti avrei detto, se mai ti fossi trovata nella mia stessa situazione, in serate fredde come questa, dove il gelo ti sarebbe partito da dentro. Dove ovunque saresti stata, ti saresti sentita intrappolata in un sentimento a senso unico, e sarebbe stata crisi, e avresti pianto.
"Non piangere", anzi, no. "Piangi." Piangi a calde lacrime, perché al mondo esiste anche la tristezza di essere qui a singhiozzare, gli altri non possono capire, ed è una cosa che non si può spiegare. Sono i sentimenti che salgono, fino ad arrivare a scontrarsi con una superficie, condensare e piovere. Sono i sentimenti di rabbia, rancore, desolazione, rassegnazione, paura.
Piangi. Nessuno si ricorda di quando l'hai fatto per l'ultima volta, è naturale. Quando tutto va bene, e sei divetata farfalla dalle lucenti ali, pochi si ricorderanno del tuo dolore da bruco. Sono quei pochi per cui vale la pena asciugarsi le lacrime, alzarsi, e mandare tutto il resto laddove si merita di andare.

Sorellina, io ho pianto mentre il paesaggio scorreva dal treno, mentre camminavo per strada tremante a testa bassa, in camera mia nel cuscino con la musica a tutto volume, sulla pasta della mamma. Ho pianto. Ho sputato lacrime e parole, per cercare di capire, di capirmi, per cercare di liberarmi un po' di quel dolore profondo quanto una spada nel fianco. Quel dolore accumulato cercando di trovare qualche cosa che forse non c'è.
Ma è da qui che inizia tutto, sai? È da quel grandissimo coraggio che ci vuole per alzarti, specchiarti e vederti scomposta in mille pezzi e sbavature di rimmel. Guardati, è la scompligliatezza dei guerrieri. Guardati e dì a te stessa: "ricomincerai".
Certo, forse, ora come ora, non ti sembrerai credibile. Dillo finché non te ne autoconvincerai.
Ripetiti fino a perdere il fiato: "ricordati di dimenticare".

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