sabato 29 ottobre 2011

Sono un'altra da me stessa sono un vuoto a perdere, sono diventata questa senza neanche accorgermene...


Per me l'infinito non è quel misero segno che campeggia sui miei fogli di matematica: non l'ho mai capito e non sono mai riuscita a concepire l'infinito così inteso. Un misero otto rovesciato? No. O forse sì... "Del resto che ti aspettavi?" Che fosse più grande del mare, perlomeno. Mi aspettavo che il trascorrere degli anni non fosse così spietato, che quelle rughe in fronte non apparissero così presto, che quelle foto non sbiadissero così rapidamente. Mi aspettavo che tutto sarebbe durato molto di più.

"All'infinito?" No! Quale condanna!

Non dico molto di più, ma semplicemente tanto da riuscire ad accorgermi del suo trascorrere e perchè no, prenderlo per mano e magari fargli fare un qualche passo all'indietro... vorrei riuscire a stipare tutti i ricordi di questi anni in una valigia ma nessuna sembra essere abbastanza grande.

Le valigie sono fatte per ricordarci che ci mancherà sempre qualcosa.

Che, poi, gli anni non contano dal momento che conta solo come li viviamo.

Pensateci, come si può giudicare una giornata solamente dal nostro primo sguardo allo specchio la mattina, dal caffè o dalla prima pagina del giornale? Non si può. Bisogna forzatamente arrivare sotto le coperte per poter affermare che sia stata un'ottima giornata.

Ed io, posso affermare che siano stati non dico facili, ma tutto sommato ottimi, questi diciottoanni.

1 commento:

  1. "È una bimba! È una bimba!"
    "Come si chiama?"
    Non rispondevo, non capivo...
    Come si chiama, signora? È una bimba!
    Silenzio, un silenzio rumororsissimo.
    Un tempo sospeso...
    "Alice", ho sussurrato.
    "Alice felice!", ha subito replicato il medico anestesista, con velleità poetiche.
    Un augurio, il primo che ti sia stato rivolto.
    ...era 18 anni fa.
    Sii felice, Alice, e buon compleanno!

    mamy

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