Non m'interesso di nulla in particolare, ora come ora, che si possa in un certo qualmodo avvicinare alle tanto amate ossessioni che ho avuto in passato: quasi una per stagione, come quando mi fissavo su un alimento in particolare e andavo avanti a mangiare quello e solamente
quello fin tanto che, da un giorno all'altro, non decidevo di cambiare l'oggetto della mia morbosità. E, paradossalmente, scrivo di non scrivere neppure più. Attorno, un silenzioso frastuono di grumi di sogni estirpati, qualche disco, una o due lettere mai spedite, un quadro mai consegnato, e tre libri mai finiti. Quando sarò capace d'amare, il conto forse tornerà… Mettete qualche birra in più, che possa fungere da alibi per scrivere nuovamente, togliete l'inibizione, così che io possa dire solamente ciò che si reputa essere verità, aggiungete il fatto che possa essere presa sul serio o meno, e togliete il mio sguardo, mentre dirò che non ero in grado d'intendere e di volere. Che poi si può anche fingere, quest'ebbrezza, e si può fingere di crederci.
Posso scrivere dell'eccesso d'amore possiedo entro me, senza riuscire a poterlo donare a qualcuno che possa restare. Posso scrivere di come i tramonti visti in periferia siano bellissimi ed ogni volta che esco per potermeli godere mi ricordo di quel passo del "piccolo principe" dove lui ne parlava e accennava al fatto che si ama il calar del sole quando si è tristi. Posso scrivere di come ci si può innamorare, in un giorno qualunque, nel giro di una fermata di metro di occhi sconosciuti che resteranno per sempre tali. Oppure, posso dire che il punto è che, nella vita, nessuno ti prende, ti fa un bagno caldo e t'insegna a vivere.
Confessando poi che sì, le mie storie d’amore hanno la resistenza dei fiori sotto ai
temporali, ed io ho desiderato più volte di poter vivere di scrittura, e perciò non m'importa minimamente dello sfaldarsi di quei petali, perché ho bisogno di morire di crepacuore, per poter scrivere. Potrei poi scrivere di quanto coraggio mi ci voglia a decidere di partire, ora come ora. Di quanto sia complicata la nostra mente ed i fantasmi non ci lascino in pace nemmeno se glielo chiediamo in ginocchio. Che la verità si legge su di un volto di sei apparenti anni in più della sua reale età, si evince da dei capelli troppo corti e chiari per poter evitare di perderne il più possibile per strada e convincersi di poter cambiare, per l'ennesima volta, senza chiedersi se in meglio o in peggio, che poi son solo punti di vista. Posso scrivere di ciò di cui la gente non ha il coraggio di parlare, ma si limita ad osservare e bisbigliare, ma non so quanto questo possa tornare utile, dal momento che ho scritto tanto senza riflettere a dove attaccare le mie parole.
Oppure, posso prendere un bel respiro profondo e, dalla fine, a ritroso, cominciare. Giacché non si può comprendere l'inizio, fin tanto che non si giunge alla fine.
Non credo si possa partire, non credo all'allontanarsi per fuggire ai problemi. Questo perché essi hanno sempre quella sfacciataggine di abitare dentro di noi. Per cui, perché partire? Per ritrovare gli stemmi dilemmi vestiti da abiti diversi?
RispondiEliminaPreferisco guardarmi dentro, esplorarmi, per poter trovare la forza necessaria per sconfiggere e superare quegli ostacoli. In che modo? Attraverso lo sfogo e, lo sfogo, lo si effettua attraverso l'arte: io la musica tu la scrittura.
Non smettere di urlare a chi si presenta sordo, non smettere mai di donare amore a chi ama giocare coi cuori altrui, continua a indicare la via a chi non vuol vedere. Non smettere mai di sentirti sola, perché un giorno, saranno loro i soli.