Non ho idea di cosa mi sia successo ultimamente: da non imprimere più nulla su carta. Da non cercare più i libri in biblioteca indirizzandogli il dito contro, quasi a volergli imporre di farsi amare. Ora, mormoro le iniziali nella mia testa, in un caos di lettere che formano frasi prive di senso; forse, per una qualche paura di solitudine.
Non uso più la matita: odio le cose precarie, ed ho fiducia nel tempo, che possa chissà un giorno muoversi nell'altro senso. Mi viene da chiedermi perchè, se non ho nessuno a cui indirizzare, dedicare le mie parole, il mio cervello va in pensione... è perchè penso troppo, penso a quello che pensano gli altri, penso a ciò che penso io e che potrei pensare dal momento che non penso a nulla. Ne esce una malinconia di melassa che si appiccica ai sogni e non se ne va: la pioggia è vana, le lacrime pure. La pioggia, poi, se ne frega, lo fa sempre. E voi lo sapete l'effetto che ha su di me, che ancora non capisco perchè, se il cielo piange, devo farlo pure io.
Che tristezza, questi sogni che un po' sono veri e un po' è andata come è andata e forse me ne reando conto solo ora che, se torna, non è che torni pure te... adesso basta, giuro che ho tante, troppe cose ancora da scrivere, da dire e che so mi basterebbe anche solo scrivere "ciao" e già mi sentirei meglio. "Ti va di parlare? È più di un anno che non lo facciamo, tanto tempo, forse troppo." Il problema è che non voglio finire per scriverlo in modo banale. Pretendo di dire qualcosa che non vi stufiate ma di leggere, che qualcuno magari simile a tratti a me cerca, perchè ha forse bisogno di sentirsela dire, di sè stesso. Affinchè si possa sentire meglio, che, dal momento in cui chi legge sta meglio, colui che scrive sta da Dio.
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