mercoledì 26 febbraio 2014

Credo che occorra un coraggio immane (contro i fiumi sottocutanei in piena)

Un foglio bianco davanti a me che temo di riempire. Una guerra da combattere ad armi impari contro la mia calma apparente e i miei fiumi sottocutanei in piena.
Una volta scrissi che scrivere significa correre in un campo di mine, sperando di non esplodere. Ora mi sorge spontanea la domanda circa cosa possa significare il silenzio. Cosa potremo contro quei fiumi quando questo si scongelerà da sé? Basterà questo spargimento di sale sul cuore per essiccarli? Non credo, è nell’aria quest’umidità, sotto un cielo più pesante di quello di Baudelaire.
Eppure. Eppure, credo che ancora non si possa pronunciare la parola “fine” fino a che uno non finisca realmente sotto terra, o a pezzi in una borsa, come cantava qualcuno.
Credo che in questo pezzo di mondo non sempre credere sia la scelta migliore ma, talvolta, in periodi di un nero spettacolare, pare essere l’unica strada non ancora inondata.
In cosa credere allora? E in cosa credo io, se poi lo riesco ancora a fare?
Credo che arrivi il momento in cui tutte le difese che abbiamo cercato di erigere, tutte le bugie che ci raccontiamo crollino sotto il peso dell’evidenza. E, la realtà, si sa, poco cede all’illusione.
Credo che non esista un amore travagliato al punto da scagionare ogni qualsivoglia gesto di violenza. Credo che quest’ultima collida fortemente col termine stesso di “amore” e credo che chiunque la usi non si meriti neppure d’esser chiamato “uomo”.
Credo che sì, la miglior arma possa sembrare l’indifferenza, ma anche che ad un certo punto sia opportuno anche un corpo meno adatto all’amore e più alla lotta e magari un sasso o una spranga.
Credo che la rabbia non porti nulla di troppo buono, ma energia nuova per poter almeno cercare di rialzarsi e sputare in faccia a chi ci ha ridotto accovacciati in un angolo.
Credo che dimenticare il dolore sia impossibile, e che quindi questo andrebbe accolto e riscaldato perché non possa più colpirci a tradimento col suo gelo.
Credo che il buio non sia un nemico da combattere o da temere, ma un alleato che ci avvolge e col quale possiamo parlare nelle nostre notti insonni. Che poi, l’insonnia, non è da combattere ma da cullare e da amare come qualcosa che ci appartiene e, come ogni cosa di questo tipo, detestiamo, pur serbando per lei un amore viscerale.
Credo che se poi esiste, un sentimento così viscerale, bisognerebbe scriverlo. Scriverlo a lettere cubitali in una lettera, giacché al giorno d’oggi nessuno ne è quasi più in grado, poiché per scriverla o strapparla occorre un coraggio immane.
Credo che dalla quiete, in fondo, non si possa trarre nessun insegnamento o crescita personale.
Credo che il cambiamento sia sì un lungo processo, ma che siamo noi a decidere quando questo debba cominciare e realizzarsi completamente.
Credo anche che ci sia un momento in cui tutto questo non si riesca ancora a metterlo in atto, ma credo anche che il solo pensiero non possa bastare. Il pensiero basta solo a chi è morto e noi siamo ancora qui. Ed io voglio sentirmi libera.

“libera da questa onda, libera dalla convinzione che la terra è tonda, libera dalla paura del futuro, libera perché ognuno è libero di andare, libera da una storia che è finita male.”

martedì 11 febbraio 2014

Finirà che ci sarà una salto nel vuoto. (E bisognerà saltare.)

Piove nuovamente, fuori, e pure dentro me che da giorni non faccio altro che accennare un passo e tornare indietro. Quando prendo in mano la penna e la riposo sul tavolo accanto alla mia incapacità nello scrivere in modo semplice, lineare, senza celare nulla dietro rocamboleschi giri di parole. Torno pure sui miei passi ogni qualvolta apro quel quaderno o accendo il telefono, per poi riporli velocemente nell'angolo più nascosto della borsa.
Così, anche se piove, ho spalancato le finestre e lasciato che il vento soffiasse quelle gocce sui miei panni appena stesi ad asciugare. Mi sono preparata un caffé e mi sono armata con uno scudo di coperta, giacché qui non c'è nessuno che mi possa venire a proteggere dalle mie notti insonni. Perché ci sono solo mancanze che restano e non vogliono accennare ad andarsene, come quell'energia che mi porta a stare sveglia la notte nonostante io abbia tentato più volte di sorprenderla alle spalle, ma non muore mai ed io vorrei dormire. Desidero dormire e, al contempo, non ne ho la minima voglia: una parte di me mi riposa accanto già da mezz'ora ed io non voglio svegliarla perché pare così serena da farmi quasi invidia. Meglio così: se non mi vedrà scrivere, non mi chiederà perché io non riesca a dormire e che cosa stia cercando di esternare.
Come potrei farle capire che non è proibito pensare al punto da star svegli la notte, e agitare il sonno altrui? O forse sì, ma che importa. Come potrei spiegarle poi, vista la prudenza che ha nel muovere un passo verso l'ombra, che ferirsi non significa dissanguarsi, ma essere consapevoli che le persone consanguinee possono salvarsi a vicenda, così come un'anima può soccorrere l'altra solo se possiede la medesima ombra? Non capirebbe: lei, è la parte in luce di me. Teme ciò che potrebbe arrivare a sfiorare l'autodistruzione, ignorando le mie repliche che non facendo nulla, si può anche essere tranquillamente morti in vita.
E voi, tu, ditemi, queste cose, le sapete?
Rispondetemi. Tu, non interpretare in modo errato, dal momento che conosci la mia predilezione per nascondere i sentimenti come son solita fare con i segreti, tra i mostri sotto il materasso. Stanotte, non c'è più nulla: nessun muro da erigere o fortezza da difendere, la pioggia, ha avuto la meglio anche su di loro.
Chi ha messo questo cuore e questo cervello dentro di me, dannazione?
Ma lei si desta ed ora entrambi mi chiedete perché io scriva nuovamente… Forse perché ogni gi
orno cerco di pensare a qualcosa da dire, ma non riesco a trovare le parole che la gente comune riuscirebbe a comprendere. Sembra che qui, le parole, siano passate di moda, dove è tutto un affannarsi per toccare il corpo, senza sfiorare neppure lontanamente l'anima e l'essenziale.
Volete sapere come finirà? Finirà che, alla fine della storia c'è sempre un salto nel vuoto.
E bisognerà saltare.