Un foglio bianco davanti a
me che temo di riempire. Una guerra da combattere ad armi impari contro la mia
calma apparente e i miei fiumi sottocutanei in piena.
Una volta scrissi che
scrivere significa correre in un campo di mine, sperando di non esplodere. Ora
mi sorge spontanea la domanda circa cosa possa significare il silenzio. Cosa
potremo contro quei fiumi quando questo si scongelerà da sé? Basterà questo
spargimento di sale sul cuore per essiccarli? Non credo, è nell’aria
quest’umidità, sotto un cielo più pesante di quello di Baudelaire.
Eppure. Eppure, credo che
ancora non si possa pronunciare la parola “fine” fino a che uno non finisca
realmente sotto terra, o a pezzi in una borsa, come cantava qualcuno.
Credo che in questo pezzo
di mondo non sempre credere sia la scelta migliore ma, talvolta, in periodi di
un nero spettacolare, pare essere l’unica strada non ancora inondata.
In cosa credere allora? E
in cosa credo io, se poi lo riesco ancora a fare?
Credo che arrivi il momento
in cui tutte le difese che abbiamo cercato di erigere, tutte le bugie che ci
raccontiamo crollino sotto il peso dell’evidenza. E, la realtà, si sa, poco
cede all’illusione.
Credo che non esista un
amore travagliato al punto da scagionare ogni qualsivoglia gesto di violenza.
Credo che quest’ultima collida fortemente col termine stesso di “amore” e credo
che chiunque la usi non si meriti neppure d’esser chiamato “uomo”.
Credo che sì, la miglior
arma possa sembrare l’indifferenza, ma anche che ad un certo punto sia
opportuno anche un corpo meno adatto all’amore e più alla lotta e magari un
sasso o una spranga.
Credo che la rabbia non
porti nulla di troppo buono, ma energia nuova per poter almeno cercare di
rialzarsi e sputare in faccia a chi ci ha ridotto accovacciati in un angolo.
Credo che dimenticare il
dolore sia impossibile, e che quindi questo andrebbe accolto e riscaldato
perché non possa più colpirci a tradimento col suo gelo.

Credo che se poi esiste, un
sentimento così viscerale, bisognerebbe scriverlo. Scriverlo a lettere cubitali
in una lettera, giacché al giorno d’oggi nessuno ne è quasi più in grado,
poiché per scriverla o strapparla occorre un coraggio immane.
Credo che dalla quiete, in
fondo, non si possa trarre nessun insegnamento o crescita personale.
Credo che il cambiamento
sia sì un lungo processo, ma che siamo noi a decidere quando questo debba
cominciare e realizzarsi completamente.
Credo anche che ci sia un
momento in cui tutto questo non si riesca ancora a metterlo in atto, ma credo
anche che il solo pensiero non possa bastare. Il pensiero basta solo a chi è
morto e noi siamo ancora qui. Ed io voglio sentirmi libera.
“libera da questa onda,
libera dalla convinzione che la terra è tonda, libera dalla paura del futuro,
libera perché ognuno è libero di andare, libera da una storia che è finita
male.”
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