venerdì 20 gennaio 2012

Per cosa vale la pena lottare?

In periodi come questo mi ritrovo a spacciare per vera, pura la mia felicità mal tagliata al sapore di dolci precotti. Felicità in scatola, sottovuoto, in tetrapack, in confezioni monoporzione, svenduta al sottocosto, al 3X2 in grandi svendite di desideri, propositi, aspettative, promesse mai avverate o rispettate.
La gente sogna, desidera, promette; lo fa in continuazione.
Io, ho sempre desiderato andarmene. Fuggire? No. Andarme, però. E non parlo di inutili illusioni di posti da cartolina, di quelli che ammiccano sui poster patinati delle agenzie di viaggio mentre fuori piove e tu te ne torni a casa, la sera, in periodi come questo.
Parlo, invece, di palazzi, persone, profumo di croissant in strada, di gelo invernale e nuvole nere in primavera, di un posto col nome casa, libri sparsi per tutto il soggiorno e un asciugamano azzurro appeso alla porta del bagno.
Parlo di voglia di alzarsi alle sette di mattina e vivere ridendo. Di felicità artigianale.
Ecco perché vale la pena accontentarsi di felicità preconfezionate in periodi così...
Ci si chiede continuamente per cosa valga la pena lottare... un pessimista direbbe "niente", un ottimista risponderebbe "tutto"; per un nichilista, poi, il "niente" sarebbe "tutto" ed il "tutto" diventerebbe "niente".
Io, ho sempre desiderato andare.

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