Ho appreso molto riguardo l'essenza che si trova in noi, e del fatto che sia un'entità finita. Perfetta?
Qualche dubbio in merito mi sorge.
E qui mi chiedo, di fronte alla mia tazza di tè: "se essa è già completa perchè necessita della continua ricerca?"
E mi rispondo: "Che rumore fa una pianta che cade in una foresta deserta?" Nessuno, esattamente.
Mi viene in mente una frase di quel film che parlava di utopica fame di libertà e vita reale: "La felicità è tale solo se condivisa." Pienamente daccordo. Verrò al dunque prima che questi pensieri diventino più illeggibili e disordinati di quanto non lo siano già... Cosa voglio dire? Voglio dire che forse ognuno di noi non si ritrova a cercare quanto l'uomo a sempre creduto, ovvero sè stesso: frammenti della sua essenza negli altri, bensì l'esatto contrario, condividere ciò che si possiede. Pensateci, il cuore è come una spugna in tutte le sue molteplici funzioni: quindi, quand'esso è colmo, al fine di poter tornare ad assorbire, deve dare.
Non vi siete mai chiesti se l'accumulo di liquidi porti ad un pianto a dirotto? In fin dei conti io non è che sia così sensibile, semplicemente bevo molto. Ma queste sono scuse.
Il cuore ha pareti fragili, ma elastiche. Egli è piccolo ed ostinato nel suo incessante battare. È l'ultimo ad andarsene quando pure tutto il resto si congela: un'inno alla vita.
Allora, perchè mi porta a questa confusione che mi si affolla in un vortice sopra la testa, che entra nella musica che ascolto, nei pensieri, nei sogni e non se ne va?
Si insinua nella mia anima con l'ostinatezza con cui sovente ci si attacca a ciò che ci fa male: la gente ha timore della felicità; si sente vulnerabile di fronte alla sua realtà, e allora costruisce barriere: eregge muri a regola d'arte. Quasi ad illudersi che servano a preservare quanto più fragile e vero possiede. Peccato che non si pensi mai a ciò che si chiude fuori...
Sto divagando...
È questa confusione che continua ad impazzare. Non che non sappia di cosa sia composta, ma... Come la materia, in fin dei conti, cos'è?
Non lo sapete. Non lo so nemmeno io, ma non importa. Ciò che conta è l'uso che ne facciamo.
Sovrei solo raccogliere le mie scarpe, la mia sincerità, chiarire senza la paura di fare soffrire. Il cuore non conosce ragioni. E continuare a cercare il mio ago nella sabbia. Però so già che non è facile, mentre il vapore della mia tazza ondeggia poi, lentamente, si dissolve nell'aria.
Perchè alla mia bustina di tè abbocca sempre il sogno sbagliato? E mi vien da ridere e riderne.
La risposta già la so. La conosco bene. E in fondo l'ago neppure lo devo cercare.
E la vostra, di risposta, qual'è?
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