martedì 29 novembre 2011

Quanta capienza ha, un cuore?

I giorni di questo novembre (senza pioggia) sono quasi passati come le tracce di una storia, i ricordi delle abitudini che non ci appartengono, così: come solo le cose belle sanno passare senza rumore, senza far male.
Ho riflettuto e camminato a lungo oggi. Oggi che il buio delle cinque mi ha sorpresa quando il mio tè era già finito e non vi era restato neppure il fantasma di un sogno aggrappato alla bustina.
Ho camminato a lungo, apparentemente in solitudine, giungendo alla conclusione che in realtà non fosse affatto così: ci portiamo dentro, costantemente, chi non siamo riusciti ad avere accanto. Pensateci, così facciamo tutti.
Ho pensato al fatto di avere scritto poco ultimamente, vero. Sarà che mi piace scrivere quando ho qualcosa da dire. Ora? Ora, sinceramente non saprei. Non lo so perché un po' mi sento vuota, un po' tradita da chi mi diceva che scrivendo le cose restano. Non ne sono più così certa. Il fatto è che alcune cose bisogna lasciarle uscire, altre tenerle dentro.
Il fatto è che se non scrivo queste cose sembrano volermi implodere dentro e la testa scoppiare. Perché, in fin dei conti, quelle cose che devono uscire, venire dette, lo fanno da sé nella vita quotidiana, senza fatica, senza indugio.
E le altre? Devo trattenerle, ricordarle tutte? Quanta capienza ha un cuore?
Il mio non molta e così cominciano a trasparirmi dagli occhi tramutandosi in lacrime salate e tradendolo. Fuggono, quelle sensazioni. Fuggono come la vita che "non s'arresta un'ora". Rimangono gli occhi, i messaggi sulle altre pagine e gli stati d'animo. Restano pure i sogni che nuotano e si prendono gioco del mio amo al profumo di zenzero e di me, fermamente convinta di riuscirne a pescare uno, un giorno, in questa tazza di té.
Il fatto è che scrivo perché la memoria è breve, la vita è lunga.
Scrivo perché mi è sempre piaciuto il nero sul bianco e l'odore dei fogli appena stampati.
Scrivo perché altrimenti la testa rischia di scoppiarmi.
Scrivo per chi non si lascia un cenno ma magari ancora mi legge.
Scrivo perché altrimenti vado là e l'ammazzo.
Non sono una scrittrice...
Scrivo, punto.

sabato 19 novembre 2011

La rabbia è una colla scadente.

Non temete. Questa sera nessuna divagazione nè sparata filosofica.Non voglio fare finta nemmeno di perdermi. So dove sono. Sto aspettando. Sono in una stazione e ho deciso di non prendere nessun treno finchè non arriva quello con una faccia che rispecchi la mia ed il potere di fermare il tempo nell'attimo in cui siamo felici. Potrà avere tutti i difetti del mondo, nascondere chissà quale terribile segreto in un quadro, rapinare banche o perchè no, assaltare navi...
non ha nessuna importanza.
Ma siamo nella realtà ed i film sono solo grandi bugie messe in scena, l'amore non esiste e nulla è per sempre. "Per sempre felici e contenti", che gran bugia! 7
Arriverà sempre qualcuno che prenderà il vostro posto in qualcosa e voi starete solo a guardare.
Io mi sono messa seduta con lo sguardo fisso altrove ed ho imparato ad aspettare.
Ho imparato a guardare avanti, anche se credo fondamentalmente nel passato e poco nel futuro, sempre nelle bugie e mai nella verità.
Sto aspettando con una grande voglia di farmi colpire in pieno petto da una felicità delirante.
Ma sono qui, aspetto, ho mal di testa e cerco la mia vena poetica. Le parole non escono più con l'inchiostro della mia penna. Vado avanti a macchie. Macchie su chi non voglio vedere, macchie sui miei fogli, sulla mia vita. Ecco, capito perchè il ritorno al nero?
Chi è morto? La poesia.
Fattostà che non riesco più a dare un senso a quello che scrivo. Non ha importanza, non importa a nessuno.
Vena poetica perchè te ne sei andata pure tu? Non ti sto aspettando, ti sto cercando da un po' di giorni a questa parte.
Mi manchi, sai?
Quando rileggo quello che scrivevo tempo fa mi fa uno strano effetto. È come mettermi nei panni di una perfetta sconosciuta. Mentre mi chiedo: "cosa t'ispirava?".
Non lo so. Me ne sono dimenticata. Forse mi è semplicemente scappato dalla mente, uscito dalla mia vita.
Allora?
Sapete che c'è? C'è che forse è meglio finire qua con queste parole vecchie e nuove. C'è che quando non si hanno parole sarebbe meglio tacere.
Vero.
Ma è anche vero che si potrebbero mettere insieme quelle vecchie, e sperare che dicano qualcosa di nuovo. Ma come possono farlo? La rabbia non è una colla scadente.

giovedì 17 novembre 2011

Ma il cuore, è un muscolo involontario...

È quasi inverno e la strada si svuota. Rimangono solo i miei respiri che prendono forma e colore nel gelo della sera. Come i pensieri?
No. I pensieri sono in continua mutazione. I respiri, invece, sono tutti uguali, come questi lampioni con le lampadine un po' spente, come queste giornate, come le "originali" confezioni dei biscotti natalizi.
Come tutti noi, fondamentalmente.
Fondamentalmente siamo tutti uguali, con lo stesso identico numero di ossa, polmoni e cuore: uno solo, fortunatamente. Poi? Beh, ognuno diventa diverso nel suo essere terribilmente banale, umano.
Sì, c'è chi ha camice a quadri, chi s'avvinghia alle persone con i suoi viscidi tentacoli ed intenzioni, chi ha il mare dentro e gli occhi di cristallo.
Io, di cristallo, ora sento solo le lacrime che quando cadono danno un rumore assurdo. Allora, alzo il volume della musica fino a spaccarmi i timpani, che magari il cuore rimane integro... a me, in sere come questa, sale una malinconiamistaatristezza che si appiccica addosso come melassa. A voi no?
È la consapevolezza di sapere che troppo spesso guardiamo il cielo per trattenere le lacrime e che, alle volte, vorremmo tanto non vederle, quelle stelle. So che questo mondo, quando ci si mette d'impegno è crudele... ma avreste il coraggio di cancellare tutti quei puntini luminosi solo per un capriccio? No.
Dico pure io no. Questa volta agirò esattamente come mi sento e lascerò che i miei sentimenti mi scivolino addosso e s'infrangano a terra, con le lacrime, come pioggia sull' asfalto.
Abbasserò la testa, calciando un sassolino capitato nel posto sbagliato. Usciranno fiumi di lacrime: dal mare alla fonte. Sì, al contrario, come questo mondo che un senso non ce l'ha-
Gli occhi si gonfieranno, le guance si coloreranno. Starò male, malissimo.
Sono quegli attimi di crisi che durano un poco ma mi riducono a pezzi.
Basta un abbraccio a ricompormi.
Starò male, ma mi sentirò bene. Forse anche meglio, possiamo chiuderci tutto dentro ma il cuore, è un muscolo involontario.

domenica 13 novembre 2011

Che ne direste, invece, di fare tardi questa sera?

Se anche voi vi svegliate di soprassalto nel momento più bello dei vostri viaggi onirici chiedendovi dove vanno a finire, poi, quei sogni una volta aperti gli occhi. Se sapete che non riuscireste mai a coglierli al buio, ma non potete accendere la luce.
Se dopo diciotto anni avete scoperto che il cioccolato, in fondo, vi piace. Molto.
Se d'autunno fate l'errore di chiudere la giacca coprendo bene ciò che avete, l'amore che possedete... dimenticandovi di quella canzone, di quel consiglio di celare un po' quel sentimento impetuoso ma no, di non nasconderlo mai sotto il mantello. A volte passa qualcuno, a volte c'è qualcuno che deve vederlo.
Allora, vi capisco perfettamente.
Allora potete pure star lì ad aspettare un giorno di pioggia, togliere le scarpe ed andare a dormire presto la sera cercando di allontanare quel stare un po' "così". Come le briciole, come le nuvole.
Ma, che ne direste, invece, di fare tardi questa sera? Dal momento che non vi fate più compagnia e nè avete più la stessa ora, voi dormite e lui, lei chissà dov'è. Raccontate delle vostre guerre che nascondete dietro a quel sorriso. So già tutto quello che vorreste dire, sapete?
Ma aspettate, lasciate che sia io ad iniziare... già sento il sonno che avanza, siate pazienti.
Vi dirò che credo che rimangano negli occhi, quei sogni, e lì riflettono la realtà facendoceli lacrimare così facilmente in periodi come questo: periodi "così", come la panna quando non si monta e il soufflè quando si sgonfia. Se anche voi vi sentite torte lievitate malamente, consapevoli che questo errore di calcolo è dato semplicemente dalla mancanza di quel pizzico di sale che vi scuote dentro e devasta all'esterno. Allora, vi dirò quello che nessuno dice mai. Ve lo dirò io stessa con parole semplici, non temete.
Vi dirò che i ricordi sono micce di facile accensione, che se questi non svaniscono, allora, le storie in fondo non finiscono. Ci sono molte cose che non buttiamo per paura che qualcuno le raccolga.
Ma siamo sempre ancora in tempo per ricominciare a riderci sopra, per scrollarci tutto e vivere.
Credo che questo sentire sia normale...

Credo che sia meglio lasciare che qualcuno ci ami quando questo capita. Credo sia meglio rispondere alle domande, senza scappare per non essere poi costretti a rincorrersi più avanti.
Che siamo fatti per sbagliare, e poi tornare indietro. E desiderare sempre quello che sta dietro al vetro. Non dobbiamo ingannare noi stessi: la vita non è governata dalla volontà o dalle intenzioni. La vita è una faccenda di nervi, di fibre, di cellule lentamente costruite, nelle quali si nasconde il pensiero e dove la passione sogna. Aveva tutte le ragioni di questo mondo, Wilde...colpiti ed affondati? Basta poco. Basta sempre poco. Basterebbe un po' d'amore ma... questo sarebbe già troppo.
Cos'ho... non lo so. Però sto bene. Però...

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.















venerdì 11 novembre 2011

Posso chiamarlo "sognare", se mi spaventa...

Fuori c'è il sole ed io cerco di sfuggire ai miei pensieri.
"Come? Dov'eravamo rimasti?" Mi correggo: è la realtà, il presente che, a tratti, mi sfugge. Il mondo ha girato troppo in fretta... che volete, sarà l'età.
Abbiamo bisogno di uno spazio abbastanza ampio e vuoto da riempire a piacimento: di spazio per noi, per i nostri pensieri color cielo e per sognare.
Io ne ho un'enorme necessità.
Voi no? Che sciocchezza! Tutti ne hanno bisogno.
Mi piace, quando mi dimentico che non sola al mondo e mi metto a cantare a squarciagola stendendo il bucato, mi piacciono gli sprazzi di discorsi della gente alla fermata del bus, mi piacciono la schiuma del cappuccino ed i film d'amore anche se entrambi mi fanno stare male. Mi piace distinguere le persone per quei particolari che pochi riescono a cogliere: sono quei pochi che, a volte, azzeccandoci, riescono a vedere quella piccola parte di ragione che sopravvive alle cose. Non sono ragionevoli: hanno cessato di esserlo. Non hanno perso nemmeno un sogno per strada perchè sono consapevoli del loro valore.
Gli scrittori vivono di cose piccole e sanno che ciononostante nessuna valigia è abbastanza grande da contenerle tutte: le valigie sono state ideate per ricordarci che ci mancherà sempre qualcosa. Mi piace il fatto che tali cose mi vadano a genio, sto vivendo.
Troppi si accontentano di esistere e basta, ecco. Non ci rimborseranno mai a rate le notti che abbiamo scartato, le canzoni dedicate ad altri, le lettere mai scritte. Non illudetevi che vi diano una scatola di cieli stellati quale provvista per i momenti di solitudine che intercorrono tra una fine ed un nuovo inizio...
magari dei cioccolatini sì ma, fossi in voi, non vi farei troppo affidamento.
Questo cielo si dimentica, sapete?
E la realtà è imbattibile quando si tratta di fare venire le vertigini o annacquare le favole, i sogni. Dovreste riuscire a capirlo, dal momento che amate e io non credo all'esistenza di persone che non sappiano amare. Magari, amano nel modo sbagliato, il cuore errato, ma amano sempre.
Chi può deciderlo, in fin dei conti? Chi siamo noi per poter definire l'aggettivo "sbagliato"? Nessuno. È questo il punto o, meglio, la visrgola; perchè i nostri pensieri sono fatti di virgole. le parole, invece, si fanno desiderare, le parole si aspettano, si vivono un po' e, solo quando cominciano a divorare le pareti di ciò che siamo, solo allora, vanno consumate. Mi piacciono anche le persone che mettono le virgole nei messaggi: capiscono il potere delle parole, di quello sbaffo di penna che determina il silenzio per un attimo solo.
Confusione di pensieri, nevvero? Vi siete persi?
Pure io. Ma era la mia destinazione.
Sono pensieri random, pensieri che salgono verso il cielo con il fumo del mio "café à emporter" della notte invernale che scende invitabilmente alle cinque di sera. Pensieri che un ordine non ce l'hanno e, allora, li scrivo. Non c'è problema alcuno.
Pensieri di cui ho necessità.
Ho anche un enorme bisogno di sognare, vorrei che i sogni mi rapissero come una coperta calda in un gelido inverno.
"Ho bisogno di sognare?" Sto mentendo. Posso chiamarlo "sognare", se mi spaventa...
ma, in verità, è "amore".