Se c'è una cosa che ho capito è che, per non sentire la solitudine, non occorre stordirsi di frastuono. Stordirsi non basta. Credo invece che ci sia bisogno di sapere che, nel silenzio, c'è sempre qualcuno che possa ascoltare.
Credo che un conto siano le parole semplici e un altro le semplici parole.
Quelle più immediate, quelle più vere. Le mie sono quelle che riesco ad esprimere con poche persone, quelle che scrivo quando metto nero su bianco ciò che la mia anima urla silenziosamente.
Trovo che l'errore che facciamo troppo spesso è quello di gettare valanghe di cemento asettico sopra quello che c'è dentro noi. Lo occultiamo. Lo soffochiamo perché ci fa una paura incredibile.
Poi cerchiamo di urlarlo, di liberarcene emettendo più rumore di quanto non faccia quel veleno di ricordi che ci corrode dall'interno.
Sbagliamo. Sbagliamo continuamente, ricordate: siamo fatti per sbagliare, e poi tornare indietro, e desiderare sempre quello che sta dietro al vetro. Mai provato ad allungare la mano e prenderlo? Forse vi siete feriti. Significa che non era per voi.
Forse avete paura di farlo, a presente.
Chi non ha paura di farsi male? Chi non ha paura del futuro?
Tranquilli, di male ve ne farete. Ve ne farete ancora tanto. Ma per questo volete mettere in un rispostiglio il cuore? Crediate che ne valga la pena?
Io voglio vivere. Anche a costo di soffrire, anche a costo di morire. Io voglio vivere ogni istante e mi accontento di un futuro sempre attuale.
Volete forse farvi rubare il presente perché siete terrorrizzati da eventuali, e alquanto improbabili, cicatrici di carezze? Io mi preoccuperei, invece, di accorgermi di stare
sanguinando d'incertezze.
Poi, è inutile urlare: i ricordi sono duri d'orecchi. Inutile.
Sussurrare, fa più rumore. Sussurrare fa venire i brividi sulla schiena.
E allora che fare, a presente?
Possiamo discutere su tutto, sui massimi sistemi, interpretare una canzone, ridere, risolvere un'equazione, confessarci i nostri segreti e paure, odiarci, ubriacarci, ferirci, aiutarci.

Possiamo allontanarci. Possiamo ritrovarci, perché, in un qualche modo, ci ritroviamo sempre. Possiamo volerci bene, anzi, ce ne vogliamo sicuramente. Possiamo andare oltre la superficie, respirarci. Pensiamo a ciò che
possiamo. Non a ciò che
potremmo.
Potresti non credere a ciò che ti dico, vero.
E, allora,
credi al modo in cui ti guardo.