Mi hanno detto di scrivere. Mi hanno supplicato di provare ad esprimermi...
In cosa credo? Non lo so più. Cosa credo? Forse ho smesso di credere tempo fa. Ho smesso, giacché è incredibile come la vita ci cambia: mentre noi siamo tutti concentrati a credere di poterla cambiare.
E questa consapevolezza è stata fonte di crisi: ho pianto come se avessi una sorgente d'acqua nello stomaco, un mare in tempesta che traspariva dagli occhi. Dio, quanto ho pianto
Capitava quando meno me l'aspettavo, così, improvvisamente. Non potevo fermare quelle lacrime, e neppure illudermi di poterle trattenere. Sarebbe stato come pensare di poter tenere il mare intero in un bicchiere.
Poi quella frase, nel libro che ho inzuppato... Ed è strano come certe volte gli occhi ci cadano proprio su ciò di cui abbiamo bisogno, mentre siamo intenti a convincerci di non avere bisogno di niente e nessuno: "Forse un uomo e una donna sono più vicini l'uno all'altro quando non vivono insieme e sanno soltanto di esistere, quando sono riconoscenti l'uno all'altra solo perché esistono e perché l'uno sa che l'altro esiste. E alla loro felicità questo basta". Forse è questa la descrizione di cosa io ne pensi a proposito ora, di questo sentimento.
Il fatto è che non credo esista persona al mondo capace di guarirmi dalle mie ferite, ma forse ciò di cui ho bisogno è qualcuno che abbia una ferita simile alla mia.
E ancora non so se debba andare sempre così, se esista una regola sovranaturale o una qualche legge fisica per cui il troppo si associa ad ogni componente: troppo amore, troppo grande, troppo complicato, troppo confuso, doloroso. Troppo e poi il nulla. Non credo sia così: rimangono i pezzi, rimangono quei cocci che, cadendo, si cono infranti sulle speranze. Rimangono i sentimenti contrastanti e la voglia di vivere. Rimane da dire: "Se vuoi qualcosa, vai a prenderlo".
lunedì 18 febbraio 2013
venerdì 8 febbraio 2013
"Ricordati di dimenticare" (il dolore da bruco)
Questa sera ho bisogno di un sonno che mi porti in un altra dimensione, ho bisogno della luna, dei mostri sotto al letto che conosco talmente bene da sentirne la mancaza. Ho bisogno di qualcosa che mi faccia ridere, delirare, ma che non sia di questo mondo.
Qualunque cosa che mi distolga dal pensare: "ricordati di dimenticare". Come se cose di questa portata siano semplici...
Voglio la ferma convinzione che domani sarà un giorno speciale, o magari dopodomai, o fra qualche giorno, ma in ogni caso la convinzione che questo giorno arriverà. E mi piacerebbe riuscire a trovare la forza, le parole per dire: "a domani", perché quel "domani" significherebbe già una promessa, vorrebbe dire che in quel domani esisterebbe ancora un "noi" e che ci sarò. Tu, dove sei?! Dove sei ora che tutto sta crollando sotto un bombardamento di razzi, granate, sotto questa guerra perenne mentre lanciamo attacchi, feriamo, veniamo feriti, singhiozziamo? Non ti vedo.
E mi piacerebbe ordinarti di darmi il caricatore, perché non ce la faccio più. Giusto per ribadire, che i sentimenti non muiono mai per morte naturale, ma di stanchezza e ferite.
Sorellina, "non piangere" ti avrei detto, se mai ti fossi trovata nella mia stessa situazione, in serate fredde come questa, dove il gelo ti sarebbe partito da dentro. Dove ovunque saresti stata, ti saresti sentita intrappolata in un sentimento a senso unico, e sarebbe stata crisi, e avresti pianto.
"Non piangere", anzi, no. "Piangi." Piangi a calde lacrime, perché al mondo esiste anche la tristezza di essere qui a singhiozzare, gli altri non possono capire, ed è una cosa che non si può spiegare. Sono i sentimenti che salgono, fino ad arrivare a scontrarsi con una superficie, condensare e piovere. Sono i sentimenti di rabbia, rancore, desolazione, rassegnazione, paura.
Piangi. Nessuno si ricorda di quando l'hai fatto per l'ultima volta, è naturale. Quando tutto va bene, e sei divetata farfalla dalle lucenti ali, pochi si ricorderanno del tuo dolore da bruco. Sono quei pochi per cui vale la pena asciugarsi le lacrime, alzarsi, e mandare tutto il resto laddove si merita di andare.
Sorellina, io ho pianto mentre il paesaggio scorreva dal treno, mentre camminavo per strada tremante a testa bassa, in camera mia nel cuscino con la musica a tutto volume, sulla pasta della mamma. Ho pianto. Ho sputato lacrime e parole, per cercare di capire, di capirmi, per cercare di liberarmi un po' di quel dolore profondo quanto una spada nel fianco. Quel dolore accumulato cercando di trovare qualche cosa che forse non c'è.
Ma è da qui che inizia tutto, sai? È da quel grandissimo coraggio che ci vuole per alzarti, specchiarti e vederti scomposta in mille pezzi e sbavature di rimmel. Guardati, è la scompligliatezza dei guerrieri. Guardati e dì a te stessa: "ricomincerai".
Certo, forse, ora come ora, non ti sembrerai credibile. Dillo finché non te ne autoconvincerai.
Ripetiti fino a perdere il fiato: "ricordati di dimenticare".
Qualunque cosa che mi distolga dal pensare: "ricordati di dimenticare". Come se cose di questa portata siano semplici...
Voglio la ferma convinzione che domani sarà un giorno speciale, o magari dopodomai, o fra qualche giorno, ma in ogni caso la convinzione che questo giorno arriverà. E mi piacerebbe riuscire a trovare la forza, le parole per dire: "a domani", perché quel "domani" significherebbe già una promessa, vorrebbe dire che in quel domani esisterebbe ancora un "noi" e che ci sarò. Tu, dove sei?! Dove sei ora che tutto sta crollando sotto un bombardamento di razzi, granate, sotto questa guerra perenne mentre lanciamo attacchi, feriamo, veniamo feriti, singhiozziamo? Non ti vedo.
E mi piacerebbe ordinarti di darmi il caricatore, perché non ce la faccio più. Giusto per ribadire, che i sentimenti non muiono mai per morte naturale, ma di stanchezza e ferite.
Sorellina, "non piangere" ti avrei detto, se mai ti fossi trovata nella mia stessa situazione, in serate fredde come questa, dove il gelo ti sarebbe partito da dentro. Dove ovunque saresti stata, ti saresti sentita intrappolata in un sentimento a senso unico, e sarebbe stata crisi, e avresti pianto.
"Non piangere", anzi, no. "Piangi." Piangi a calde lacrime, perché al mondo esiste anche la tristezza di essere qui a singhiozzare, gli altri non possono capire, ed è una cosa che non si può spiegare. Sono i sentimenti che salgono, fino ad arrivare a scontrarsi con una superficie, condensare e piovere. Sono i sentimenti di rabbia, rancore, desolazione, rassegnazione, paura.
Piangi. Nessuno si ricorda di quando l'hai fatto per l'ultima volta, è naturale. Quando tutto va bene, e sei divetata farfalla dalle lucenti ali, pochi si ricorderanno del tuo dolore da bruco. Sono quei pochi per cui vale la pena asciugarsi le lacrime, alzarsi, e mandare tutto il resto laddove si merita di andare.
Sorellina, io ho pianto mentre il paesaggio scorreva dal treno, mentre camminavo per strada tremante a testa bassa, in camera mia nel cuscino con la musica a tutto volume, sulla pasta della mamma. Ho pianto. Ho sputato lacrime e parole, per cercare di capire, di capirmi, per cercare di liberarmi un po' di quel dolore profondo quanto una spada nel fianco. Quel dolore accumulato cercando di trovare qualche cosa che forse non c'è.

Certo, forse, ora come ora, non ti sembrerai credibile. Dillo finché non te ne autoconvincerai.
Ripetiti fino a perdere il fiato: "ricordati di dimenticare".
giovedì 7 febbraio 2013
Chi può pensare di produrre del miele se non è ape? (non credo più)
Non desiderate, non illudetevi, poiché il cuore è di fragile composizione, e le aspettative sono fatte di quel cristallo che quando cade non fa nessun rumore, ma si rompe in mille pezzi.
Eppure, non riusciamo a smettere di desiderare, e questo ci esalta e ci uccide al contempo. Il deisderio! Ci sostiene e ci crocifigge, portandoci ogni giorno sul campo della battaglia persa ieri, che oggi, c'illudiamo di poter vincere. E anche se domani moriremo, se le nostre aspettative agonizzerando cadendo al suolo, il desiderio, la speranza ci fanno erigere imperi destinati a diventare polvere.
Sono stanca di tutto questo, ed è così estenuante desiderare incessantemente. Tanto da renderti ancora più sensibilile e vulnerabile. Tanto da farti erigere un muro solido tra te e le persone a cui credi di tenere, quelle stesse persone che tanto spesso e in modo naturale frantumano le cristalline aspettative.
Daltronde, mettetevi il cuore in pace: "Chi può pensare di produrre del miele se non è ape?"
Nessuno. Neppure chi ve lo prometterà.
Non credo più a nessuna promessa, non credo più a nessuno. Io, ora, ho solo bisogno di trovare il coraggio e la forza di non avere bisogno di nessuno.
In fondo, io non lo stavo cercando, io non lo stavo aspettando. Però, da quando l'ho trovato, è sì vero che qualcosa da un lato è cambiato, ma dall'altro ho cercato di non vedere gli aspetti inconciliabili, un vecchio film recitava: "buco quadrato, formina rotonda".
Ebbene, un po' è così, un po' oguno ha livellato le curve o gli angoli dell'altro, senza riuscire però mai a farli combaciare.
Il fatto che è quando appari forte, le persone credono di avere il diritto di trattarti come tale, anche se dentro sei ancora più labile delle aspettative puntualmente deluse.
Il fatto è che ho l'impressione di continuare a prendere a pugni un muro di cemento insistentemente, nella speranza che prima o poi cadrà.
Il fatto è che sono fragile, ma non avrò paura, che sto imparando a cambiare le lampadine fulminate della mia vita da sola. E putroppo solo io so quanto ho sofferto, quanto posso essere forte e fragile, io e nessun altro.
Il fatto è che potrei aspettare che qualcuno mi ricucia, ma so che nessuno lo farà.
Devo prendere ago e filo e ricucirmi da sola. D'ora in avanti.
Eppure, non riusciamo a smettere di desiderare, e questo ci esalta e ci uccide al contempo. Il deisderio! Ci sostiene e ci crocifigge, portandoci ogni giorno sul campo della battaglia persa ieri, che oggi, c'illudiamo di poter vincere. E anche se domani moriremo, se le nostre aspettative agonizzerando cadendo al suolo, il desiderio, la speranza ci fanno erigere imperi destinati a diventare polvere.
Sono stanca di tutto questo, ed è così estenuante desiderare incessantemente. Tanto da renderti ancora più sensibilile e vulnerabile. Tanto da farti erigere un muro solido tra te e le persone a cui credi di tenere, quelle stesse persone che tanto spesso e in modo naturale frantumano le cristalline aspettative.
Daltronde, mettetevi il cuore in pace: "Chi può pensare di produrre del miele se non è ape?"
Nessuno. Neppure chi ve lo prometterà.
Non credo più a nessuna promessa, non credo più a nessuno. Io, ora, ho solo bisogno di trovare il coraggio e la forza di non avere bisogno di nessuno.
In fondo, io non lo stavo cercando, io non lo stavo aspettando. Però, da quando l'ho trovato, è sì vero che qualcosa da un lato è cambiato, ma dall'altro ho cercato di non vedere gli aspetti inconciliabili, un vecchio film recitava: "buco quadrato, formina rotonda".
Ebbene, un po' è così, un po' oguno ha livellato le curve o gli angoli dell'altro, senza riuscire però mai a farli combaciare.
Il fatto che è quando appari forte, le persone credono di avere il diritto di trattarti come tale, anche se dentro sei ancora più labile delle aspettative puntualmente deluse.
Il fatto è che ho l'impressione di continuare a prendere a pugni un muro di cemento insistentemente, nella speranza che prima o poi cadrà.
Il fatto è che sono fragile, ma non avrò paura, che sto imparando a cambiare le lampadine fulminate della mia vita da sola. E putroppo solo io so quanto ho sofferto, quanto posso essere forte e fragile, io e nessun altro.
Il fatto è che potrei aspettare che qualcuno mi ricucia, ma so che nessuno lo farà.
Devo prendere ago e filo e ricucirmi da sola. D'ora in avanti.
domenica 3 febbraio 2013
Quando il cuore prende a calci il cervello.
Inutile recriminare: ho commesso per l'ennesima volta lo stesso errore, mentre James Blunt sembra volemi prendere in giro... "The same mistake again". Sai, cara me, potrai fingere di essere diventata più forte, di riuscire a pensare senza che il cuore si metta a prendere a calci il cervello, stare ferma ad aspettare un giorno di pioggia per convincerti che quelle non sono lacrime, ma solo acqua di mare evaporata.
Oppure puoi semplicemente ammettere che tutto ciò non è possibile e che, dietro al cinismo, la spada e lo scudo sei fragile. Vero, fragile non sempre vuol dire aver paura. Ma non è questo il caso. Alle volte ci si trova dinnazi a qualcosa di così grande che appena perde un poco del suo splendore viene la tenazione di sbarazzarsene per non assistere al suo lento spegnersi. Mi correggo, non è tentazione, è paura. Quella paura che ti spinge a rigirarti sotto le lenzuola allungando il braccio per cercarne un altro e tentare di convincersi che è più comodo un letto vuoto. Eppure, è un po' come quando c'è chi crede di essere felice andando in un altro posto, ma poi impara che non è così che fuziona: ovunque vada, tu porti te stesso con te.
E il cuore ha la meglio sul cervello, sempre. Così mi sono accorta che stando divisi ci saremmo fatti un male più grande e inspiegabile di quando stavamo insieme.
Non ho chiesto una seconda possibilità, ma pianto a dirotto, e non era mare evaporato: era oceano. Io ho bisogno di una ragione, non della possibilità di scegliere, perché farei lo stesso inutile errore di non considerare i battiti del mio cuore. Il mio cuore che sceglie questo nuovo inizio.
Oppure puoi semplicemente ammettere che tutto ciò non è possibile e che, dietro al cinismo, la spada e lo scudo sei fragile. Vero, fragile non sempre vuol dire aver paura. Ma non è questo il caso. Alle volte ci si trova dinnazi a qualcosa di così grande che appena perde un poco del suo splendore viene la tenazione di sbarazzarsene per non assistere al suo lento spegnersi. Mi correggo, non è tentazione, è paura. Quella paura che ti spinge a rigirarti sotto le lenzuola allungando il braccio per cercarne un altro e tentare di convincersi che è più comodo un letto vuoto. Eppure, è un po' come quando c'è chi crede di essere felice andando in un altro posto, ma poi impara che non è così che fuziona: ovunque vada, tu porti te stesso con te.
E il cuore ha la meglio sul cervello, sempre. Così mi sono accorta che stando divisi ci saremmo fatti un male più grande e inspiegabile di quando stavamo insieme.
Non ho chiesto una seconda possibilità, ma pianto a dirotto, e non era mare evaporato: era oceano. Io ho bisogno di una ragione, non della possibilità di scegliere, perché farei lo stesso inutile errore di non considerare i battiti del mio cuore. Il mio cuore che sceglie questo nuovo inizio.
venerdì 1 febbraio 2013
Neppure di un metro. (non tornerò)
Ciao, sorellina. Mi scuso già in aticipo se questa lettera sarà maldestra, di brutta calligrafia. Oggi è una sera di quelle in cui le parole mi si bloccano in gola e causano la nausea, quindi la mia realtà sarà in questo inchiostro. Oggi scrivo una lettera a te, al mondo, che non ha mai scritto a me.
Non posso assicurati che non avresti mai vissuto momenti come questi, se ci fossi stata.
Avresti avuto anche te momenti di malinconia profonda, mentre ripensi a quando le rose ancora sbocciavano.
Non avrei potuto fare nulla per evitarti questo dolore, se non abbracciarti, e assicurarti che nulla è eterno, nemmeno quelle rose rinsecchite che forse, come me, sentirai il bisogno di usare per accendere il fuoco nella stufa e scaldarti un po', salvo poi accorgerti che il freddo che senti dentro proviene da dove nasce la nausea.
Ti avrei strattonanata e urlato: "Combatti, sorellina, fallo sempre. Non esiste cura che possa sollevarti del peso delle cose che possiedi dentro te e non hai difeso con le unghie e con i denti. Fallo con la tua libertà, fallo con la tua dignità. Ti diranno parole taglienti come lame per feriti a morte, ma ricorda che la ragione non sta sempre dalla parte del più forte. Non lasciare mai che una frase ti possa bastare per perdonare, né per ferirti: non basta.
Sai, alle volte, combattento per quello che ritieni essere più giusto per te, ti dovrai raccogliere da sola. Non temere, è successo anche a me.
Di delusioni non si muore: nasciamo soli, liberi.
Credi solo a ciò che senti dentro di te, non lasciare la vittoria a chi ti impone il contrario neppure per un istante. Non farlo mai. Difendi quello che sei, l'amore che porti dentro e forse ti diranno che con il tuo carattere non andrai lontano: sarai già un migliaio di chilometri lontano da loro. Eppure non chiuderti a riccio, difendi il tuo cuore, sì, ma non nasconderlo mai, sia mai che passi qualcuno che valga la pena che lo veda.
E, soprattutto, non tornare più indietro, vada come vada, neppure di un metro."
Non posso assicurati che non avresti mai vissuto momenti come questi, se ci fossi stata.
Avresti avuto anche te momenti di malinconia profonda, mentre ripensi a quando le rose ancora sbocciavano.
Non avrei potuto fare nulla per evitarti questo dolore, se non abbracciarti, e assicurarti che nulla è eterno, nemmeno quelle rose rinsecchite che forse, come me, sentirai il bisogno di usare per accendere il fuoco nella stufa e scaldarti un po', salvo poi accorgerti che il freddo che senti dentro proviene da dove nasce la nausea.
Ti avrei strattonanata e urlato: "Combatti, sorellina, fallo sempre. Non esiste cura che possa sollevarti del peso delle cose che possiedi dentro te e non hai difeso con le unghie e con i denti. Fallo con la tua libertà, fallo con la tua dignità. Ti diranno parole taglienti come lame per feriti a morte, ma ricorda che la ragione non sta sempre dalla parte del più forte. Non lasciare mai che una frase ti possa bastare per perdonare, né per ferirti: non basta.
Sai, alle volte, combattento per quello che ritieni essere più giusto per te, ti dovrai raccogliere da sola. Non temere, è successo anche a me.
Di delusioni non si muore: nasciamo soli, liberi.
Credi solo a ciò che senti dentro di te, non lasciare la vittoria a chi ti impone il contrario neppure per un istante. Non farlo mai. Difendi quello che sei, l'amore che porti dentro e forse ti diranno che con il tuo carattere non andrai lontano: sarai già un migliaio di chilometri lontano da loro. Eppure non chiuderti a riccio, difendi il tuo cuore, sì, ma non nasconderlo mai, sia mai che passi qualcuno che valga la pena che lo veda.
E, soprattutto, non tornare più indietro, vada come vada, neppure di un metro."
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