Mi hanno detto di scrivere. Mi hanno supplicato di provare ad esprimermi...
In cosa credo? Non lo so più. Cosa credo? Forse ho smesso di credere tempo fa. Ho smesso, giacché è incredibile come la vita ci cambia: mentre noi siamo tutti concentrati a credere di poterla cambiare.
E questa consapevolezza è stata fonte di crisi: ho pianto come se avessi una sorgente d'acqua nello stomaco, un mare in tempesta che traspariva dagli occhi. Dio, quanto ho pianto
Capitava quando meno me l'aspettavo, così, improvvisamente. Non potevo fermare quelle lacrime, e neppure illudermi di poterle trattenere. Sarebbe stato come pensare di poter tenere il mare intero in un bicchiere.
Poi quella frase, nel libro che ho inzuppato... Ed è strano come certe volte gli occhi ci cadano proprio su ciò di cui abbiamo bisogno, mentre siamo intenti a convincerci di non avere bisogno di niente e nessuno: "Forse un uomo e una donna sono più vicini l'uno all'altro quando non vivono insieme e sanno soltanto di esistere, quando sono riconoscenti l'uno all'altra solo perché esistono e perché l'uno sa che l'altro esiste. E alla loro felicità questo basta". Forse è questa la descrizione di cosa io ne pensi a proposito ora, di questo sentimento.
Il fatto è che non credo esista persona al mondo capace di guarirmi dalle mie ferite, ma forse ciò di cui ho bisogno è qualcuno che abbia una ferita simile alla mia.
E ancora non so se debba andare sempre così, se esista una regola sovranaturale o una qualche legge fisica per cui il troppo si associa ad ogni componente: troppo amore, troppo grande, troppo complicato, troppo confuso, doloroso. Troppo e poi il nulla. Non credo sia così: rimangono i pezzi, rimangono quei cocci che, cadendo, si cono infranti sulle speranze. Rimangono i sentimenti contrastanti e la voglia di vivere. Rimane da dire: "Se vuoi qualcosa, vai a prenderlo".
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