venerdì 25 ottobre 2013

Autunno e umore caduco. (I pezzi di me che perdo.)


Io, non sono triste.
Ho ripetuto questa frase innumerevoli volte, come un mantra, tra me e me, che quando parlo perché interpellata, devo fare estrema attenzione a non enunciarla sostituendola alla risposta che è opportuno io dia. Sì, ultimamente parlo poco, solo se interpellata e scrivo sempre più di rado, solo se la pressione dei pensieri si fa troppo forte e necessita di una valvola di sfogo.

Mentre dentro cerco di tenere il più lontano possibile quell’estremo bisogno di essere abbracciata, per cercare di recuperare i pezzi di me che perdo ogni giorno nello sforzo di rimanere in piedi. Periodi uggiosi di poche parole. Scrivo poco e di getto, senza sapere dove questo mi porterà. Per ora, non mi ha portato a nulla : guardate, è di nuovo autunno e si sta come le foglie… amici che vanno, odore di pioggia, il freddo la mattina e il caffé bollente come ricostituente, bastasse quello. Bastasse un cuore malandato per amare. Autunno e la sua malinconia di melassa ancor più appiccicosa del mio essere sveglia mentre tutto quello che desidererei sarebbe cadere in un sonno profondo, in amore no : son troppo fragile per cadervi, e poi è risaputo che ciò che cade, si frantuma.
Autunno e le stesse ombre nella nebbia di questa città, gli anni dell’università coi suoi corridoi assordanti. Autunno e umore caduco, nebbioso, piovano.

Forse, a questa solitudine, bisogna farci l’abitudine, nessun problema : io, non sono triste. E sono anche d’accordo con questo vuoto che forse ha ragione di essere parte di me, a meno che questo autunno non mi lasci dei segni sul volto : bastan già le occhiaie e quelle rughe di un anno in più.
Mentre fuori ancora piove, non so dove andrò scrivendo, ripetendomi di non esser triste con l’illusione che, un giorno, la ferma convizione mi colpirà in pieno petto come una fucilata. E, allora, non scriverò più a destinatari codardi, senza coraggio. Non scriverò più perché farlo significa mantenere vivo un ricordo, non lasciarlo andare nell’illusione che l’attesa possa ferire meno della mancanza. Io, ho scritto. Autunno, nebbia e tutto torna : caffé bollente, libri di scuola, ore vuote, umore e capelli neri. Autunno, e il nero mi è sempre appartenuto ; inutile cercare d’illudermi del contrario. Tutto torna. E tu ?

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