Io, non sono triste.
Ho ripetuto questa frase innumerevoli volte,
come un mantra, tra me e me, che quando parlo perché interpellata, devo fare
estrema attenzione a non enunciarla sostituendola alla risposta che è opportuno
io dia. Sì, ultimamente parlo poco, solo se interpellata e scrivo sempre più di
rado, solo se la pressione dei pensieri si fa troppo forte e necessita di una
valvola di sfogo.

Autunno e le stesse ombre nella nebbia di
questa città, gli anni dell’università coi suoi corridoi assordanti. Autunno e
umore caduco, nebbioso, piovano.
Forse, a questa solitudine, bisogna farci
l’abitudine, nessun problema : io, non sono triste. E sono anche d’accordo
con questo vuoto che forse ha ragione di essere parte di me, a meno che questo
autunno non mi lasci dei segni sul volto : bastan già le occhiaie e quelle
rughe di un anno in più.
Mentre fuori ancora piove, non so dove andrò
scrivendo, ripetendomi di non esser triste con l’illusione che, un giorno, la
ferma convizione mi colpirà in pieno petto come una fucilata. E, allora, non
scriverò più a destinatari codardi, senza coraggio. Non scriverò più perché
farlo significa mantenere vivo un ricordo, non lasciarlo andare nell’illusione
che l’attesa possa ferire meno della mancanza. Io, ho scritto. Autunno, nebbia
e tutto torna : caffé bollente, libri di scuola, ore vuote, umore e
capelli neri. Autunno, e il nero mi è sempre appartenuto ; inutile cercare
d’illudermi del contrario. Tutto torna. E tu ?
Nessun commento:
Posta un commento