Ho scritto chilometri di lettere, partendo
dalla fine di questa non storia e andando a ritroso. E tutto quello che resta,
è la domanda del perché. Il motivo è alquanto semplice : non sono riuscita
a comprendre l’inizio, fino a che non ho raggiunto la fine.
È facile, per una come me, cadere senza la
minima paura alcuna, Alice nella buca del bianconiglio, perché io, non so cosa
significhi vivere a metà. Amare a metà, coinvolgersi ma non troppo… Non fa per
me, e neppure per lui, che alla fine, ha trovato la sua realizzazione sotto
molteplici forme.
Dovere sapere che non ho giustificazione
alcuna, per il modo errato di provare sentimenti : i miei affetti, sono
sempre eccessivi. Forse, se non ci fossimo mai conosciuti, a questo punto,
avrei ancora maschera e cuore intatti, ma un sentimento come quello vale tutti
i frammenti del mondo.
Cominciamo da qui, da questa mia inutile
premessa, dalla fine. Già,
non avrei pubblicato questi scritti se non prima di
raggiungere la consapevolezza che, se prima avevo paura di perdere il mio
interlocutore, ora ho paura di ritrovarlo. E, magari, ora lascio da parte
questo inutile tentativo di dare a queste lettere una spiegazione logica, di
tracciare un confine tra finzione letteraria e realtà, tra sentimenti e
sensazioni. Come se lui e voi altri sapeste già tutto e riusciste ad accettarli
nella loro totalità. Come se la consapevolezza che, magari, lui volesse solo
starsene dietro il suo vetro, tranquillo, e che con me, ciò non sarebbe stato
possibile : con me, star tranquilli non si può, fosse già chiara fin dal
principio.
Ecco, ora, possiamo cominciare.
Giovedì 7 novembre 2013, ore 18 - Prima lettera
Anche se non sei qui, può sembrare cosa folle,
imbarazzante, insensata, io ti scrivo. Ti scrivo perché ora, oltre alla
disperazione, vorrei poter trovare anche me e, scrivendoti, mi cerco.
Che son solita chiudermi in un silenzio
ermetico e mostrare gli artigli, forse questo non lo hai ancora capito, giacché
con te mi risulta impossibile e, qualora provo a nascondermi, devo far ricorso
a un alleato degno solo di essere disprezzato : l’orgoglio. Croce e delizia,
ci protegge e ci annienta al contempo.
Premetto che scriverò d’impulso, senza brutte
copie, o inutili prove che finirebbero solamente per scolorire le mie parole,
conformandole ad un registro adatto. Io non voglio scriverti in modo adatto.
Voglio farlo in modo vero, brutto, banale, orrido, ma reale. Poco importa il
resto, te compreso. Già, non importa perché, ad ogni modo, non sei qui, pur
essendoci con la tua presenza. Non importa, perché questo mi spinge ad esserne
attratta, e quindi non ha nulla a che vedere con una sensazione fisica :
« never thought I’d get and highter / Never thought you’d fuck with my
brain », qualcosa del genere. Non sto giustificandomi, non ho alcun motivo
per doverlo fare, sto solo cercando di spiegarti perché, io, dopo tutto, ti
scrivo.
Ma mentre cerco un motivo valido, mi rendo
conto che i miei pensieri viaggiano ad una velocità ben maggiore della penna,
quindi, non cercherò più una ragione.
Nulla ha senso, dopo tutto, ricordi ? Me
lo avevi insegnato proprio tu : « Io vi dico : si deve avere
ancora del caos dentro di sé per poter generare una stella che danza. »
Zitto, non alzare gli occhi, né cercare di darne una spiegazione o dire che,
tu, trovi fantastica l’interpretazione che ne ha fatto Palahniuk… Nietzsche
continuava così : « Io vi dico : avete ancora del caos in
voi. » Hai voglia ! Il mio caos è talmente vasto, che non vedo l’ora
che possa provocare una qualsiasi emorragia interna… Penso che ci voglia un po’
di veleno, ogni tanto : fa un gran bene, non credi ? Per questo ti
odio, ricordi quella canzone ? « …credimi, tu mi assordi, come fai…
ti subirò ». Non starò qui a urlarti in faccia perché tu abbia deciso di
rimetterti il casco un attimo prima di lasciarci andare all’asfissia, ma ti
dirò che per questo non riesco a odiarti. Se mai, odio il fatto che tu sia
capace di scuotermi e fermare la mia emorragia : non capisci che quelli
« come noi » (passami il termine senza fare quella faccia supponente),
costretti a sanguinare, nascono ? Perché, allora, finiscono per tamponare
il fluire del sangue ? Perché hai paura di affondare il coltello ? Io,
desidero tu lo faccia.
Sto divagando, e ancora ti odio per
questo : per il tuo provocarmi anche solo pensandoti, e quel tuo modo
sfacciato di non nascondere nulla. Fermo, non sto sbagliando, non mi riferisco
a nulla di fisico : so quanto oceano si può contenere. Odio i tuoi occhi,
quella loro trasparenza sfrontata che rispecchia ogni pensiero, ma lo fa in
modo distorto, ambiguo, e per questo intrigante. Ciò è proibito, sai ?
Dove eri quando la vita ce l’ha insegnato ? È pericoloso, e tu lo sai. Ma,
come succede in me, questa consapevolezza altro non fa che fomentare la nostra
naturale passione verso il proibito, il caos, dal quale ritirarsi sarebbe un
delitto maggiore di quello che, inevitabilmente, si compie nell’abbandonarsi ad
esso.
Nessun commento:
Posta un commento