sabato 14 gennaio 2012

Moltiplicare sessanta secondi di felicità per una vita su misura.

Io, della matematica, non ho mai copito nulla. Per cominciare non sono mai riuscita a comprendere a che cosa serva dato che poi, in pratica, negativo per negativo non dà quasi mai positivo. E se risulta impossibile moltiplicare sessanta secondi di felicità per una vita su misura.
Non ho mai capito molto anche della vita e praticamente niente di questo sentimento che mi spinge a tremare in un modo che solo io so riconoscere. Tremo e faccio finta di nulla com'è mio mestiere: mi ci pago la vita, da una vita. Poi le mie dita scorrono veloci sulla carta a cercare di dare un ordine comprensibile al mondo, ai pensieri, alle lettere, alle parole. Così la mente pensa, ma non ragiona e le mani tremano, facendomi sbavare tutto l'inchiostro: è il tremolio dei fili d'erba che pochi, talvolta nessuno è in grado di scorgere.
È questa allegra tristezza che mi assale alla sprovvista appena giro le pagine. Come quella canzone: "basta un niente, un nome o una calligrafia, perché ogni cuore ha una memoria tutta sua. Si vede sempre dove strappi via una pagina..."
Ho tremato per la malinconia, perché volevo concedermi il tempo di sentirmi malinconica, mentre mi tornano in mente cose che non contano più nulla. Falso. Contano pur sempre un ricordo.
Ho tremato per tristezza, per paura, perché non capisco se scrivo per me o per voi, e se quello che scrivo agli altri piaccia o no. Non è paura di venire giudicata, né di soffrire: è la paura di non essere presa sul serio, questo sì.
E lo so, che sono alquanto strana, ma non voglio che qualcuno rida di me.
Tremo perché non sto stare ferma, perché vivo e vorrei tanto avere accanto qualcuno che rida con me.

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