Ciao, la
notte mi strema. La mia notte mi strema lasciandomi all’alba come naufraga
sulla terra, dopo avermi scaraventato di pensiero in pensiero. E sono tutti taglienti,
e sono tutti dolorosi. Ma sono qui, ciononostante, a scriverti tra il buio e l’alba
di un nuovo giorno, e tu sei tornato, e scrivere è come tornare indietro: rende
meno amara l’assenza di un amicizia. Assenza dovuta ad uno scontro fatale, non
incidentale di anime, vero?
Io non ce l’ho
più con te, con chi se ne va, con chi ha paura. Sai, io mi sono innamorata
forse una o due volte nella mia vita, seriamente, e tutte e due le volte ero
sicura che sarebbe stato un sentimento che avrebbe perdurato fino alla morte. Ma
tutte e due le volte è finita, e non sono morta: sono ancora qui. Forse ho
dovuto imparare a cucirmi le ferite da sola, vero, ma sono ancora qui. E sono
fragile, ma forse questo già lo sai. Non sono così come mostro di essere:
imperterrita, dura, insensibile… E tu, sono certa, sai anche questo. Ma quello
che forse non conosci di me è che questa mia fragilità mi porta a sottrarmi ai
legami, quando questi si fanno troppo coinvolgenti, perché se mi abbandonassi a
loro, sarei perduta.
Non sono
arrabbiata con te. So che la felicità, l’abbandono richiede molto coraggio: un
fottuto coraggio, per dirla schiettamente. Richiede sicuramente più coraggio
del vuoto, del dolore. Forse perché abbandonarsi significa appunto lasciarsi
cadere senza avere la certezza che qualcuno sarà lì a prenderci al volo prima
di toccare terra. Altre volte, invece, ci chiediamo perché la felicità abbia
tardato ad arrivare, o non la riconosciamo neppure. Forse perché spunta all’improvviso,
quanto non te l’aspetti più, e allora non si sa cosa farsene, e non è tanto questione
di scelta fra il ridere e il piangere, è la segreta angoscia di pensare che
forse non riusciamo a esserne all’altezza.
Troppo per
un’amicizia e troppo poco per una storia. Ma ciononostante restano sempre
questi pensieri scomposti, pezzi di frasi o di ricordi, sorrisi, gelati,
sentimenti di riconoscenza. Restano i pensieri scomposti e gli amici, come noi,
dispersi. Amici. Perché è da qui, dalla consapevolezza che la solitudine dei
numeri primi non è motivo di scissione definitiva, che tutto può andare avanti.
Che la rabbia può cadere, così come pure il silenzio che l’accompagna. È da
qui, da questa notte che mi sta stremando, da questa penna che si sta
scaricando: è da qui che ti scrivo, amico. E non è più come prima, e non è come
allora, come ora, o chissà. Ma la riconoscenza resta. Compagni di strada come
una volta?
Spero di
sì. Bentornato numero primo.
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