sabato 29 giugno 2013

Se avessi un cappello più grande, ti terrei da quel mondo distante. (Attraverso lo specchio)

Nuvole di pensieri che si sfogano sui fogli immacolati: un uragano. Un uragano di pensieri densi come petrolio che tinge le pareti di ciò che sono di nero, si vede anche all’esterno, sapete? Il nero è duro ad andarsene. Eppure ho cercato spesso di annientarlo, di cambiare colore, senza sapere esattamente ciò che stavo facendo o contro cosa stessi combattendo e capendo che, se ciò mi portava ad imparare qualcosa, il giorno seguente ne avrei dimenticate due.

Forse ognuno nasce con qualcosa dentro di sé: alcuni nascono con il sole dentro e gli occhi che ridono, altri con il dono di non voltarsi mai indietro anche se non sanno dove andare, altri ancora con una pietra in fondo all’anima.
E io che cos’ho? La capacità di estraniarmi a tal punto da essere un’altra persona che osserva da fuori ogni mia mossa, sapendo già come questa andrà a finire, ma senza il coraggio di oppormici… Io finisco sempre col guardarmi attraverso lo specchio e lasciare che tutto, prima o poi, passi. Ho la capacità di incoraggiare i pezzi di me in frantumi: “passerà”. Secondo me le cose se ne andranno sempre, prima o poi… Se solo riuscissi a crederci veramente.

Se scrivo, invece di lasciare un urlo o un vaso contro chi se lo meriterebbe, è perché ho compreso che l’indifferenza è meglio della vendetta. Che a poco servono le urla. Anche se credo dovrei smettere di essere educata, prima o poi, perché una frase pungente, pur essendo perfettamente articolata, non potrà mai sostituire il fracasso di quel vaso.
Se scrivo è perché continuo a desiderare ciò che non posso avere, mentre a parole neutralizzo questa pericolosa inclinazione della mia anima. Dentro? Dentro ho ancora quella fontana di pesci “dai colori d’argento… Che potevo soltanto guardarla, mai buttarmici dentro”.

Scrivo perché quella domanda costante preme sul mio petto: “E se non passa?” Tuttavia non sto dicendo di stare male… Anche perché, per mancarti, qualcosa, avresti dovuto possederla. E io cos’ho? Insonnia e pensieri che gocciolano vuoti… Persone alle quali urlare di uscire dal mio sogno, di restituirmene i pezzi. Ma questa non sono io, e forse non sono qui, e forse questa notte non è mai esistita come quell’altra e l’altra ancora. Forse erano altri pensieri di altre persone, altre sensazioni, altre labbra, altri luoghi e cieli. “E se non passa?”

E forse, a questo punto, il sonno sarebbe un miracolo.

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