A che serve giocare se il destino riesce a truccare i nostri dadi dal principio? Sai, io non so perché determinate persone finiscano inevitabilmente per mancarci dal preciso istante in cui ci stanchiamo di portarcele nel cuore e non averle accanto.
Ciao. Dimenticherò come dimentico i finali dei film e la capacità di ricordare a me stessa che, se uno odia l'incoerenza, è bene che non lo sia pure lui quando cerca di convincersi circa la dimenticanza, pur desiderando segretamente l'opposto. Sai, c'è stata una guerra che mi ha cambiata, che mi ha costretta a cambiare, e non ne ho mai fatto parola con nessuno... Ti andrebbe di ascoltare? Sii paziente, però, io sono per le libere associazioni... Sai, sulle mie magre spalle pesano svariate primavere di analisi freudiana. E ti prego, poi, se resterò muta, non interrompere questo silenzio. Sai io ho sempre pensato di non essere mai abbastanza, e sono cosciente che lei sia più bella di me. Non discuto nemmeno, ma io so uccidere meglio.
Sorridi? Il fatto è che "quando l'anima è satura dentro di amarezza e dolore diventa incredibilmente bella e soprattutto potente" e io, di quella potenza, sono orgogliosa. Non ho più bisogno di fingere di essere forte e che tutto stia andando per il verso giusto. Che senso ha, dal momento che quello che uno è dentro di sé, non corrisponde mai a quello che si vede da fuori, e forse nemmeno a quello che gli altri riescono ad immaginare? La gente non riesce a comprendere che, alle volte, una persona possa morire dentro pur mostrando di sé gli occhi più limpidi e il sorriso più bello.
Perdonami, inutile spiegartelo: lo sai perfettamente.
Come mi sento ora? Come una che pensa che la vendetta non sia affatto da servire fredda, ma piuttosto corrisponda ad un piatto che andrebbe spaccato in fronte. Come una che è stanca di combattere incessantemente e che non cessa mai di chiedersi da quanto tempo non sia più lei. Sai, fino ad ora, sono stata qualcosa che somigliava a me, ma che non ero, né sono io. Inutile, anche questo, già lo sai.
Io odio il modo in cui ti rivolgi a me. Odio il tuo taglio di capelli. Odio il modo in cui hai letto i miei pensieri. Ti odio a tal punto che mi spingi a insultarti tra me e me convincendomi del fatto che questo silenzio farà sempre meno male, fino al punto in cui non sentirò più nulla, salvo poi spingermi a scrivere pagine e pagine che non pubblicherò, perché ci ho messo troppo di me. Odio poi il modo in cui tu finisca sempre con l'aver ragione e la cosa ti faccia piacere. Odio il fatto di non essere in grado di parlare per metafore, o scrivere dei versi senza che risultino crocifissi in un tempo matematicamente determinato da una frazione.
Perdonami, il mio problema è l'inizio. Ho tante cose da raccontare, ma questo già lo sai. Così come ti renderai conto della mia tremenda discesa nel baratro della banalità. Il fatto è che sono al limite: sono così piena, ed è una sensazione alquanto dolorosa, credimi. So pure che basterebbe un caffé e una prima parola. "Ciao. Finalmente." Temo cadrebbe una valanga: un caos di pensieri irrefrenabile. Forse, però, è pur sempre il caos a originare le idee migliori...
Ciao, per ora "and all I do is miss you, all I do is keep the beat and bad company, all I do is kiss you, through the bars of a rhyme..."