lunedì 27 maggio 2013

Il fascino degli amori mancati. (Mettere il cuore sotto formalina)

Avevo passato mesi a vaccinarmi, a cercare di diventare forte, fredda, inflessibile ad ogni palpitazione del cuore che dicevo esser colpa del troppo caffè che son solita bere. Avevo passato mesi a combattere l’insonnia, strana compagna dolce e amara… Avevo passato altrettanto tempo insieme a lui a convincermi di non provare nulla se non sentimenti incerti. La verità? Valla a sapere… il fatto è che è l’incertezza che incanta: la cosa più comune diventa deliziosa se soltanto si può e si riesce a nasconderla. E altrettanto tempo l’ho passato nel convincermi che le parole sono futili e volatili. Poi è arrivato e con due parole mi ha fatto tremare l’anima, e non è vero che le parole volano: alle volte restano così impresse da far paura. E si può dire di esser dispiaciuti un milione di volte, che si ama altrettante, quello che si vuole ogni volta che si desidera… ma se non si ha la benché minima intenzione di provare che le cose dette sono vere, allora sarebbe molto meglio non dire nulla. Se non si possono dimostrare, le mie, le tue, le parole, allora, non significano nulla.


E l’insonnia ha ripreso a gocciolare vuota, mentre ad assillarmi c’è il martellante pensiero di dirgli che l’ho dimenticato, che lo dimenticherò ancora ognuno dei giorni della mia vita… Ci si allontana a spinte, va sempre a finire così… Demordere, mettere in un barattolo di formalina il proprio cuore perché possa provare meno dolore forse può servire... Eppure, io, di speranza e sonno non ne ho più: son altre cose che ho perso. Ma, pensateci: la verginità, la pazienza, il tempo, le chiavi, la speranza, il sonno… noi viviamo per perdere queste cose. E poi? E poi ci sono quelle cose che perdiamo per la semplice paura stessa di perderle. La sincerità quando lo vedo e dico di stare bene, per esempio, mentre tutto quello che vorrei è che mi guardasse negli occhi, mi abbracciasse e mi dicesse: “lo so che non stai bene”. Ciononostante, credo al di là di tutto quello che perdiamo, ci sia pur sempre qualcosa, negli amori mancati… Qualcosa di bello che appartenga solo a loro. E ancora cerco di convincermi che forse sarei più sola, in notti come questa, senza la mia solitudine: compagna tanto crudele quanto fedele. E ancora tento di darmi una spiegazione valida del perché ci si allontani a spinte, mentre trovo sempre la stessa risposta: se ci sia allontana a spinte, vuol dire che, per un poco, ci si era avvicinati ad abbracci.

venerdì 24 maggio 2013

Anarchia sentimentale. (Il cuore non impara un accidente.)

E se quest'insonnia non fosse da combattere? E se fosse qui, perché fa parte di me, allo scopo di spronarmi a resistere? Lei è croce è delizia e la notte, si sa, è dura. Soprattutto perché alle persone come me non porta consiglio alcuno, se mai, crea solamente scompiglio. Scompiglio perché non esiste persona, luogo, emozione  che possa alzarmi e cullarmi, scacciando tutte quelle persone che da un po' di tempo a questa parte abitano nella mia mente: anarchia sentimentale con tanto di molotov e spranghe.
Così va a finire che il peso di quello che mi porto dentro e che ho sempre difeso con rabbia, cinismo e acidità non si riesce ad alzare e quindi, per logica conseguenza, non riesco a tirarmi su nemmeno io. Forse non è insonnia, ma disillusione, acidità di desideri scaduti come gli yogurt e le poesie d'amore che conservo da troppo tempo nel frigo. Scaduti perché mentre cercavo, cerco d'insegnare al cuore a non desiderare tutto quello che non può avere, il tempo passa. E lui mai che impari qualcosa.
Acidità che puntualmente viene tradita dai miei occhi, ultimamente troppo limpidi e inclini alle lacrime. Odio i miei occhi quando non riescono a riflettere le parole che dico ma non penso. E il cuore è più testardo che mai, e ancora insiste nel voler tutto ciò che gli manca, che non mi, gli, appartiene: tutto ciò che non si vede. Il cuore non impara un accidente.

Così finisco per chiedermi perché io possieda quel dannato difetto di mostrare i miei sentimenti a persone che non sono in grado di capirli. Perché passo sempre troppo tempo a prendere misure: etti di cuore, numero di abbracci mancati, quando invece sarebbe molto più opportuno prendere le distanze?! Che poi, anche questo risulta essere inutile se basta uno sguardo, se le persone non possiedono un briciolo di coraggio e tutto quello che finiscono per saper fare è nascondersi dietro un saluto, andarsene e girarsi solo quando si è già lontani. Faccio così pure io, che credete.
Ma, se lo faccio, è perché so che esistono vari modi per rimanere nella vita altrui: spesso non è indispensabile la presenza, ma ciò che conta è l'essenza e quindi, di conseguenza, l'assenza. E il resto, in fin dei conti, scusate il gioco di parole, conta poco: o si è innamorati o non lo si è affatto. Innamorarsi è come morire: non è che uno è troppo o troppo poco morto...
Ma ancora mi chiedo, a questo punto, se sia possibile essere troppo per un'amicizia e troppo poco per un amore. E, tutt'ora, non trovo una risposta.

Quello che resta, che trovo, è rabbia. Tanta rabbia da poter esplodere, da non sapere dove andare a sbattere, da non riuscire a descrivere il casino che ho dentro. Ho tanta energia da non chiudere occhio la notte, da cantare, scrivere, per ore senza fermarmi. Così tanta energia da spaccare il mondo e ricostruirlo, senza istruzioni né guida alcuna.
Se mi guardaste negli occhi, in nottate come questa, arriverei a farvi tremare. Ho tutta questa carica nonostante le notti insonni, perché finite le lacrime rimangono le urla, finite le urla arriva l'insonnia, e finita l'insonnia ci si può solo rialzare.

Forse potete, puoi, pensare di vedermi e riconoscermi, nonostante le cicatrici, le occhiaie e gli occhi arrossati, anche se non mi sforzo più di sorridere mentre dentro muoio. Forse sono ancora quella che ero prima di finire a pezzi, ma da oggi si cambia. Oggi, non morirò più. Oggi non piango e non chiedo nemmeno vendetta. Forse è perché vedo il dolore anche nei tuoi occhi senza riuscire a palarne, a parlartene, a parlarti. Non è ancora tempo, e probabilmente tra poco non lo sarà nemmeno più. Non sarà più tempo perché finita quest'insonnia, la smetterò di scomparire nell'ombra del banco di scuola, perché lascerò al tempo quello che non ho la forza di fare. Perché, anche queste ore notturne, sono gocciolate e passate.

giovedì 16 maggio 2013

La mia presunzione (Il cuore comincia fertile... poi lo si innaffia quando ci si ricorda)

Forse il problema è che le persone come me hanno sogni enormi ma cassetti troppo piccoli per contenerli. Quelle come me, hanno sempre fatto una fatica disumana a parlare sinceramente, a dire quello che provano, pensano, a lasciare che le lacrime scorrano libere fino a perdere l’azzurro dagli occhi.
Una fatica che le ha spinte a cessare di cercare un modo per farsi capire e hanno cominciato a parlare per come la gente voleva.
Ci sono cose che non abbiamo scelto, eppure sono quelle che ci hanno cambiato, per fortuna o nostro malgrado. E forse è vero il fatto che non siano gli altri a non vedere, ma ciononostante risultano essere particolarmente bravi a restare in superficie. Restano a galla tanto che, quando non sanno che etichetta dare a chi cerca di non farsi sopraffare dal mare in tempesta che ha dentro, per loro si diventa “strani”, “presuntuosi”.
So perfettamente quanto sia triste, passare notti insonni mentre magari fuori c’è aria da respirare come so che non dovrei avere pensieri. Non dovrei pensarci, grazie, riuscissi a farlo avrei già risolto il problema. E so che l’immobilità dell’anima e l’astinenza dal sonno sono le cose più inumane che esistano eppure… eppure credo fermamente al fatto che “quando l’anima è statura dentro di amarezza, diventa incredibilmente bella e potente”, e di quella potenza, io, ne vado orgogliosa. Ne vado orgogliosa perché nasce da un sentimento che mi permette di dare un’altra piccola, veniale, delusione alla morte, alla decadenza dei sentimenti. Li ho sempre vissuti tutti, e ho creduto ad abbracci falsi, poiché, agli abbracci, il corpo risponde preciso e l’anima non si lascia nemmeno porre domande.
Il cuore è come quelle rose: comincia fertile, poi, lo si innaffia quando ci si ricorda. Perché le persone come me sono fatte così: s’illudono che tutto possa dipendere da loro, che basti spostare una virgola per cambiare il destino. Ma la vita non è così.

Ho cessato di perdere tempo e memoria dalle vene per chi non ha il coraggio delle proprie scelte: ignavi. Sono quelle persone che stanno insieme ad altre per la semplice paura della solitudine, e a quelle che si amano, ma non hanno il coraggio di lasciare i propri fantasmi alle spalle e buttarsi in quel delirio: due scelte opposte, ma spinte dallo stesso impulso: la vigliaccheria. E poi sarei io ad “autocommiserarmi”. Autocommiserarmi, solamente perché vi sembra che io chieda troppo quando dico: “sto bene” e vorrei fermamente qualcuno che mi guardi negli occhi, che abbia il coraggio che ho avuto io, mi abbracci stretto e dica: “lo so che non stai bene”. E gli ignavi? “Non ti curar di loro, ma guarda e passa.”

mercoledì 15 maggio 2013

Altro che solitudine dei numeri primi (qui è la decadenza dei sentimenti)


Non si pensa mai che il tempo è composto da gocce che colano inesorabili su di noi.Il tempo non aspetta, e la maggior parte della gente cerca di vivere in modo da poter ignorare questa verità… È facile, ignorare, perché la sera cala a tradimento e non si può aspettare chi non tornerà più.
Qui, a non arrivare è il sonno, l’acqua alle rose appassite sul tavolino e qualcuno che si avvicini ad abbracciarmi. Non si pensa mai al fatto che per sopravvivere occorrano almeno due abbracci al giorno e qualcuno che ci faccia ridere almeno il doppio delle volte. Non si fa mai caso alla filosofia delle rotaie del treno: alla certezza che hanno di non potersi mai incontrare e, nonostante ciò, ostinate, continuano a corrersi a fianco. Altro che solitudine dei numeri primi… qui è la decadenza dei sentimenti. Non si pensa mai che se la mattina si chiamassero le persone che si sognano di notte, la vita sarebbe più semplice…
L’insonnia non molla: parassita. Inutile cercarlo, il sonno, inutile cercare di soffocarvici la rabbia. Inutile che mi continui a costruire da me muri con tanto di fossato attorno, se poi finisco sempre per sbirciare da sopra. Forse la cura sta nell’imparare a dimenticare, a lasciare andare, a non pensare a quello che crede o dice la gente.
Ben vengano i codardi. Benvenga chi mi abbandona, perché mi restituisce a me stessa. E benvenuti coloro che mi fanno vivere e basta, semplicemente vivere, senza lottare in ogni singolo momento. Il tempo non perdona, e allora, forse, la cura a tutto è quella di lasciare accadere ciò che sta accadendo. Permettere a ciò che è si esistere. Bisognerebbe lasciare cadere ogni tensione e fare così in modo che la vita possa fluire. Perché quando lo facciamo è fantastico, quando lo facciamo, la vita tutt’a un tratto, non se ne sta più nella boccia del pesce rosso, sui tetti che si vedono nelle notti insonni dalla finestra.
La vita è ovunque: in strada, nella notturna calma allucinata di una nottata tra amici, nella fame di abbracci. La vita sta nella soddisfazione di riuscire, nonostante tutto, a sbattere ancora un sorriso in faccia a quella gente che parla finché non trova qualcosa da dire. Sorridere e lasciare che si domandi perché io lo faccia ancora.

venerdì 3 maggio 2013

Sii vulcano dentro. (Radi tutto al suolo, sorellina)

Ciao sorellina, oggi non ti scrivo: oggi, ti parlo con quel cuore malandato che mi è rimasto. Mi hanno insegnato a non piangere, perché le lacrime sono considerate inutili. Eppure credo che la cura per ogni male sia l’acqua salata: sudore, mare o lacrime. Lacrime perché certe volte non bastano le parole, né la capienza dei nostri occhi: hanno già dentro di sé un oceano, ricordi?

Non perdonare mai. Puoi forse dimenticare? No. Puoi ricordare qualcosa che hai avuto, e quindi il ricordo risulta essere di qualcosa che si è perso. Inutile ricordarsi di dimenticare. Inutile illudersi di poter perdonare. Arrabbiati.

Prendi quella forza che ti strapperanno da ciò che sei prima che abbiano il tempo di farlo, e sbattila in faccia alla gente. Urla, sfogati. Io non ho mai imparato a fare questo, e quindi nessuno si accorge di quanto sia a pezzi. Nessuno si accorge che io, ora come ora, non ci sono più. Certo, alle volte ascolto, raramente parlo, ma non ci sono più.

Devi dire tutti quello che senti, quello che provi, che pensi: non tenere nulla chiuso in te perché lì rischia di stagnare e fare del male solo alla tua anima.

Ti devi arrabbiare per qualunque cosa non ti vada bene. Arrabbiati perché nessuno possiede il diritto di farti tenere tutto dentro. Perché alle persone troppo sensibili accade spesso una cosa strana: crescendo, soffrendo, diventano le più crudeli.

Perché le persone come me e te sono forti, ma ogni sera pensano di non farcela. Fa crollare il mondo a furia di urla, sorellina. Radilo al suolo.

giovedì 2 maggio 2013

La potenza dell’anima (Perché nessuno dovrebbe piangere da solo)


Ci sono persone alle quali sembra non sia più il tempo, per il cuore, di rompersi in mille pezzi. Non è più tempo, perché a furia d’illudersi che finalmente sia giunto l’inizio della felicità sono diventate più fragili. Eppure, ancora ci credono: nonostante le cose scivolino dalle loro mani, e non ci sia motivo alcuno di fermarle. Se ne vanno, semplicemente, se ne vanno. Ci sono persone che camminano controvento da una vita, che sono diventate più fragili e non se ne sono nemmeno accorte. Queste persone, ai miei occhi, hanno sempre avuto un’aria molto stanca; forse perché il dolore, a lungo andare, scava solchi su chi è forte mentre su chi, a seguito dell’ennesima caduta si trova stremato e bisognoso di cure, appare come stanchezza. Le riconosco perché quell’aria stanca mi si legge in faccia: nel pallore della pelle, negli occhi cerchiati, nei fogli consumati dall’inchiostro di una penna che tenta di stare al ritmo coi pensieri. Perché nella vita non si può tornare indietro, e allora scrivo. Per prendermi la rivincita sulle parole, per raccontare come sarebbe andata altrimenti. Eppure nessuno se ne accorge, perché ci si pone come la persona più forte al mondo, che sa cavarsela senza graffi in ogni occasione. Chiamatela autoconvinzione, chiamatela come volete, ma è una bugia. Perché nessuno si accorge che vorresti urlare “basta” finché il fiato non sia finito, perché sei stanca di essere considerata ciò che non sei. E l’unica cosa che vorresti è qualcuno che sia qui mentre tu piangi, con la promessa che tu sia là quando piangerà lui, perché nessuno dovrebbe mai piangere da solo. Ma la vita è un’atra cosa, e l’immobilità del cuore è la cosa più arida e inumana che esista.

Eppure, una volta, mi hanno detto che quando l’anima è satura di dolore, solo allora, può diventare incredibilmente bella e potente. E se così fosse, allora, un giorno questo dolore mi sarà utile.