Ci sono
persone alle quali sembra non sia più il tempo, per il cuore, di rompersi in
mille pezzi. Non è più tempo, perché a furia d’illudersi che finalmente sia
giunto l’inizio della felicità sono diventate più fragili. Eppure, ancora ci
credono: nonostante le cose scivolino dalle loro mani, e non ci sia motivo
alcuno di fermarle. Se ne vanno, semplicemente, se ne vanno. Ci sono persone
che camminano controvento da una vita, che sono diventate più fragili e non se
ne sono nemmeno accorte. Queste persone, ai miei occhi, hanno sempre avuto
un’aria molto stanca; forse perché il dolore, a lungo andare, scava solchi su
chi è forte mentre su chi, a seguito dell’ennesima caduta si trova stremato e
bisognoso di cure, appare come stanchezza. Le riconosco perché quell’aria
stanca mi si legge in faccia: nel pallore della pelle, negli occhi cerchiati,
nei fogli consumati dall’inchiostro di una penna che tenta di stare al ritmo
coi pensieri. Perché nella vita non si può tornare indietro, e allora scrivo.
Per prendermi la rivincita sulle parole, per raccontare come sarebbe andata
altrimenti. Eppure nessuno se ne accorge, perché ci si pone come la persona più
forte al mondo, che sa cavarsela senza graffi in ogni occasione. Chiamatela
autoconvinzione, chiamatela come volete, ma è una bugia. Perché nessuno si
accorge che vorresti urlare “basta” finché il fiato non sia finito, perché sei
stanca di essere considerata ciò che non sei. E l’unica cosa che vorresti è
qualcuno che sia qui mentre tu piangi, con la promessa che tu sia là quando
piangerà lui, perché nessuno dovrebbe mai piangere da solo. Ma la vita è
un’atra cosa, e l’immobilità del cuore è la cosa più arida e inumana che
esista.
Eppure, una
volta, mi hanno detto che quando l’anima è satura di dolore, solo allora, può
diventare incredibilmente bella e potente. E se così fosse, allora, un giorno
questo dolore mi sarà utile.
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