giovedì 18 aprile 2013

Scrivere dovrebbe essere come fare l'amore. (Il coraggio di esprimersi)


Mi trovo nuovamente seduta su quella poltrona, la coperta sulle spalle, a pensare a cose insignificanti: “ho bisogno di qualcosa che non sia di questo mondo”, ricordate? E ancora non capisco perché io stia scrivendo, quale impulso m’induca a gettare su carta i miei sentimenti nero inchiostro. In fondo, non mi dà sollievo alcuno: uno deve scrivere per svuotarsi, scrivere dovrebbe essere come fare l’amore… eppure, eppure non è più così. Ho perso le parole per strada, o forse ne ho troppe e non riescono a uscire in maniera comprensibile a me stessa, figuriamoci al resto del mondo. Eppure voglio capire. Voglio capire perché, alla fine, la penna è sempre più veloce della mia decisione di non scrivere. Ci sono state persone che hanno cercato di leggermi, ma le mie emozioni non erano in saldo, chi ha giudicato solo dalla copertina, chi non ha avuto il coraggio di leggere oltre la prima pagina. Magari arriverà un giorno qualcuno capace di leggermi veramente: dall’inizio fino alla fine. Magari. E che coraggio dovrà avere!

Ci vuole coraggio, in questa esistenza: ci vuole un coraggio incredibile per alzarsi dal letto ogni mattina, per indossare una maschera che faccia sì che la gente non faccia domande. Ci vuole ancora più coraggio, però, per esprimersi, per non nascondere la propria fantasia, il proprio amore. Non nasconderli perché lavorare di fantasia, alle volte, è l’unica cosa che rimane per salvarsi, certo, un trucco insulso, ma di sicura riuscita. L’amore, invece, è tutt’altra questione: l’amore non bisognerebbe nasconderlo mai, forse in periodi in cui ci si rende conto di quanto si è labili, come in questa primavera di cieli instabili, bisognerebbe celarlo dietro un trucco più pesante, dietro vestiti scuri e capelli disordinati. Senza però coprirlo più di quanto basti, poiché alle volte c’è qualcuno che deve poterlo scorgere, dal momento che non ci si salva mai da soli.

Forse la soluzione a tutto sarebbe semplicemente rendersi conto di essere vivi e farsi bastare questa presa di coscienza. Ma una vita non basta. Non basta mai. Come anche un foglio bianco e l’inchiostro di una penna non riusciranno mai a esprimere appieno cosa si cela dietro a quella pelle smunta e occhi di ghiaccio. E ancora non so perché io scriva ancora giacché la vita, alle volte, gira in un modo che non c’è proprio più niente da dire.

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