lunedì 28 febbraio 2011

Su quale muro devo sbattere la testa?

E che m'importa d'italiano e dei compiti, poi?
Che m'importa dei viaggi, delle stelle e della musica? Della vita, del sole, della mattina, dei frammenti di fogli e parole, dei sospiri, di tutte quelle cose che mi ricordano ma non sono te.
Quanta capienza ha un cuore? Quanto amore ho dentro? E te? Ma pure dei numeri m'importa ben poco, e s'è capito. Son altre le cose che contano, da contare. Sai, per caso, le stelle quante sono?
Altra confusione. Troppe parole, quando ne basterebbe una quantità ben minore. Parole in azione all'etto.
Ma, ti ho detto, ciò non sarà oggetti di grida. Non mi sentirai chiamare il tuo nome dall'altra parte della città, dal momento che questi sentimenti che provo implodono ogni giorno dentro me. Traspaiono appena dal chiaro degli occhi, l'han notato tutti. Tutti. Tranne te, nevvero?
Ma, a questa domanda, non voglio sentir risposta. Voglio godermi ancora un po' questo stato emotivo che mi si appiccica addosso come melassa. E così io scrivo di lui perchè vive in me, nuota nelle mie arterie, soffia sul mio petto o, ancora, muore con me come la neve sull'asfalto.
Ditemi su quale muro devo sbattere la testa, per piacere.
Si ama da far schifo. Amori sfumati in sere gonfie di musica, nella notturna calma allucinata. Amori al sapore di gelato alla pesca, quando ci si ritrova a pescarlo direttamente dalla vaschetta, circondati da mazzi di kleenex e parole strozzate in gola. Amori di vernice sui muri... Ecco, magari vado a scrivelo sui muri, domani. Prendo una bomboletta spray e ti amo.
Ma che dico, è da tempo che non mi sorprendevo a pensare, fare certe cose. Sono una ragazza composta, io.
Ma chi voglio prendere in giro, poi? L'amore destabilizza tutto e tutti.
Ditemi cosa devo fare.
...Sai, a questo punto, dovresti solo abbracciarmi e dirmi che andrà tutto bene, come al solito.
"Non è niente."
Però potrebbe essere tutto, pur non essendo un bel niente.

domenica 27 febbraio 2011

Dovremmo solo stupirci, e invece continuiamo a guardare al cielo.

Forse esistono esseri compatibili, sai?
Così disastrati e chiusi dentro da combaciare. Come quei pezzi di puzzle che s'incastrano per grazia ricevuta: quelli dello stesso identico colore. Vengono lasciati per ultimi e poi si tenta, a fortuna, di trovare il pezzo giusto. Il fatto è che, presumibilmente, diamo troppi nomi alle stelle. Spendiamo parole su parole per non dire nulla, o ci nutriamo di silenzi troppo pieni.
 E poi ci sono momenti in cui vorresti dire talmente tante cose, che l'unico modo per dirle tutte è stare zitto. E sorridere. Credo che questi nomi dovremmo concentrarci a darli a qualcosa che sia più vicino a noi. Non forse perchè rischiamo di perderci nel cielo: io ho un mare dentro, ricordi? Ma perchè queste sensazioni di salsedine sono più colorate e luminose di qualsiasi stella esistente.
Ecco, il motivo percui non ti andrò a prendere nessuna stella. Non per egoismo, per paura. Io non temo la paura: è parte di noi.
Ma che dico, avevo giurato a mè stessa di esser almeno per cinque minuti consecutivi, parole, coerente e già mi contraddico. Ho paura. La paura che ho degli abbandoni, di perderti è direttamente proporzionale a quanto io tenga a te. E mi chiedo come sia possibile che anche sotto radice, questo turbine di emozioni si elevi al quadrato.  Il problema, forse, è che ho paura che il tuo mare, sommato al mio sarebbe un problema. E io non sono mai stata brava con la matematica.
 Allora sai che facciamo? Dammi un po' del tuo equilibrio precario che io ti dono pazzia.
Amore UHT, come il latte che appena ti volti si gonfia e trabocca. E che m'importa dei post-it per ricordarmi me stessa domani? Nulla. Io non ho mezze misure e te lo sai. Io sono sempre per "alla follia", qualsiasi cosa tu voglia metterci davanti. E dopo "i fiori piantati, quelli raccolti, quelli regalati" ho deciso. E vorrei aver il coraggio di questa decisione. Così, domani, messa da parte la vaschetta del gelato ed il cucchiaio, in silenzio, sorriderò. Salvo maledirmi a fine giornata. Ognuno ha bisogno di qualcuno. Io di te?
Ciao sono passata a lasciartelo, questo sentimento. Raccoglilo, se ti va.
Ecco. L'ho fatto di nuovo, lo stesso errore, di nuovo. Maledetta allergia agli abbandoni.
Il fatto è che:
 "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino."

giovedì 24 febbraio 2011

Ti verrò incontro

Scendendo dal treno ti verrò incontro. Son diversa, hai ragione: non ho più il niente come bagaglio, nè rughe solcate dalle lacrime come tatuaggi. Il tempo non risparmia nessuno.
Son cambiate molte cose dall'ultima volta, sai?
No. È cambiato tutto.
Ho compreso la sottile differenza tra tenere una mano ed incatenare l'anima. Ho imparato che di guerre immaginarie si muore, che è proprio nel momento in cui pensi di cedere che allora resisti di più e che, in fine, l'amore cambia il modo di guardare.
"E la vita?" Sì, ho pure accettato il fatto che non sia un sogno: impossibile, ma solo un bell'incubo. Non trovi?
E ci ripensi mai, a quei tempi? Io non più. Però, lo ammetto, devo spesso ricordare d'imparare a dimenticare.
Ora te lo dico, ti seppellii nei ricordi, con tutti gli altri, nelle notti in cui piangevano le stelle. Nei giorni in cui morii. Arrivai ad annegare le emozioni nel mare denso dei rimpianti.
Il cuore muore di morte lenta, sai?
Poi? Non so. Ciò che so è solamente che, alla fine, la vita è pur sempre la droga più potente al mondo.
Ma perchè invece di pensare al passato non pensiamo invece ad andare avanti?
Vero. Cominciamo dal principio, allora.
Mi chiamano Alis, ma questo già lo sai. Cosa c'è di nuovo? Tutto.
Non ho più mostri sotto il letto, ora a colazione mangio yogurt, frutta e cereali e sono innamorata.
E te, di che colore sei diventata?

martedì 22 febbraio 2011

Puoi urlare per tutto il tempo che vuoi, sai? Ti ascolto.

Lascia andare tutto. Quanto parole non dette che stanno appiccicate in gola, meglio liberarsene.
Vomita questo veleno, non curarti di nulla. Pazzia?
Non curarti di loro. Han parole facili e assai scontate, di chi vive, d'aspettative inutili.
Ti faccio presente che siamo tutti su quel treno, verso la pazzia.
Puoi urlare per tutto il tempo che vuoi, sai? Ti ascolto. E non m'importa se cadrà il cielo, tramonteranno le stelle. Ogni tanto le nostre certezze crollano sotto il pese della vita. non avere paura.
"Ma di guerre immaginarie si muore." Vero. Ma guardami: sono ancora qui. Anche se non mi vedrai, per un qualche scherzo dell'ingannevole destino, sappi che io sarò sempre qui. Non vado da nessuna parte; poichè nessun meglio di chi, come me, è allergico agli abbandoni può sapere quanto importante sia aver qualcuno che resti, a prescindere.
Anche a me, contro un muro, m'han ripetutamente fucilata, i ricordi, il rumore del mio lungo silenzio. Certo, pure io, in giornate come queste ne sogno altre da bruciare ed ho l'impressione di sprecare quest'esistenza. Ma vedi, un'incubo, due o tre, ma anche quattro, non temere, non ti faranno mai dimenticare cosa significa sognare.
È tempo che non avevo più deliri notturni, incubi ricorrenti come sta notte. Tempo fa andò a finire che d'improvviso non sognai più quello. Non temere. Non ho smesso di dormire.
"E quindi?" Mi prometti di non rider di me?
Ho un'incubo più bello.
Il tuo, dimmi, qual'è? Mi ritrovo a non comprenderlo.
Ma sì, non temere. Lascia andare tutto, lascia che questi sentimenti innaffino pure l'asfalto. Vedi? è più facile. Poi, pensa, sia mai che vi cresca qualcosa.
Niente? E allora ascolterò questo silenzio. Mi siederò sulla piastrella accanto alla tua, senza dir nulla, senza sfiorarti. "Passerà."
"E se non passa?" Ti sorriderò.

lunedì 21 febbraio 2011

È solo mascara.

No. Non fare nulla. Non faresti comunque nulla. Tranquillo, male non fa.
Non mi serve un tuo abbraccio. Basta il mio coraggio. Suona falso, lo so, il problema è che non sono brava, con le bugie. È solo mascara, non temere, sono solo lacrime di una diciasettenne sull'orlo di una crisi di nervi.
Forse il mio problema è che non chiedo niente a nessuno, ma ho bisogno di tutti; che penso che l'amore sia l'unico fine e mezzo in questa vita. In fondo, come diceva quella canzone, "conosci un altro modo per fregar la morte?" Io no. Nemmeno tu, vero? così come non saprei quantificarlo. Sai quanto amore hai dentro? un chilo? Un litro? Non lo sai, eh? Ma che importanza ha, in fin dei conti?
L'amore è la droga più potente al mondo. Una dipendenza che fa star svegli la notte, e più ci pensi, più ti accorgi che stai male e ne hai continuamente bisogno e più stai male, più ti accorgi che non puoi farne a meno. Ti corrode da dentro e fa sanguinare il cuore.
Non dico che lo "costringe a sanguinare" sarebbe una frase troppo bella da suonar falsa.
Ma io non sono brava a parlare di queste cose. Ho le parole difficili, io.
No. Non andare, aspetta.. Sì, lo so, è freddo questo mondo, pavimento.
Alle volte non vorresti anche tu un paio d'ali? A me capita spesso di desiderare anche le cose più banali. Però, pensandoci, se mi paiono coì lontano, dorse banali non sono, non pensi?
Son piante dure a crescere, le madragore del mio giardino. Ma non temere. Non le aggiungerò a nessuna cosa che son solita cucinare, non ti andrò nemmeno a prendere nessuna stella.
Certe cose non ho più, non dico energia, ma illusione di fare. Ho già detto che spesso mi limita la pelle.
Forse perchè "l'anima si prende cura di tutto ciò che è inanimanto", forse no. Non saprei.
Mi contraddico, lo so, sono una contraddizione vivente, io. Sono vasta. Contengo moltitudini.
Ti dirai che sono una pazza, a ridere così, ora. È che sto andando alla deriva dentro, nel mio oceano.
Sai, io sfortunatamente non ho che da donare sogni, sogni di latta da prendere a calci ai lati della strada; sotto questo lampione che troppe volte ci hanno ingannati, spacciandocelo a luna.Poi, ai miracoli, eroi, in generale non credo. Però, credo nel rumore di chi sa tacere. E mi ritrovo a non capire, mentre il giorno muore.

sabato 19 febbraio 2011

L'oceano dentro-parte seconda

Comincerò di sera, nell'intrecciarsi caotico di immagini che precede il sonno, quando la mente è troppo debole per raccontarsi bugie.
Mi ricordo. E tu? Ti ricordi?
Ti ricordi quando stavo cadendo? Ma non è tempo di parlarne...
 non ancora? No. Non più, oramai.
"La vita va, è perpetuo il moto..."
Così chiudo gli occhi, sotto il cuscino, sto in silenzio e ascolto. Eccolo, tra le note, il mio cuore. Ciao cuore.
È tanto che vorrei parlarti; sei forte, si è forti, dopotutto bisogna esserlo. Questa vita è spietata, sai?
Bisogna combatterlo, questo mondo. Bisogna combattere fino all'ultimo respiro.
Ma il fatto è che vorrei solo prender fiato e lasciarmi andare.
Non senti? Quante parole dette, troppe, non credi? L'atmosfera è piena zeppa di voci... E allora sai che faccio io?
Ti scrivo una lettera. Ti mando una canzone, la mia, perchè sia ora, in questo pezzo d'universo, perchè sia con me.
Ti scriverò quello che non ti ho mai detto in faccia, ma è troppo difficile e già me ne rendo conto.
Ci vorrebbe un grande titolo sottolineato non pensi? Poi il succo di ciò che provo, spremerò questo cuore come un'arancia. E se sarà una lettera lunga, la leggerai fino in fondo?
Ma che importa, in fin dei conti? Ciò che importa è il fatto che cerco di arginare questo fiume di emozioni, ma che dico, mare, facendo di queste parole una diga.
Non so perchè scrivo. Forse perchè è la sola cosa che mi tiene insieme dall'interno quando tutto il resto cade a pezzi, ed i ricordi mi s'infrangono davanti agli occhi. Finalmente. Lo so. Ma ciò non toglie il fatto che facciano male.
Hey, ti va se ci sediamo sul pavimento, occupando due piastrelle frontali, così parliamo un po'? È tanto che non lo facciamo.
Senti, lasciamo cadere questo silenzio con tutto il suo rumore. Non apriamo una finestra sul mare. Andiamo in spiaggia direttamente.
Ti ho detto che oggi ho pianto? Anche ieri notte, se è per questo. No?
Ora ti chiederai come fa una come me a mettersi a piangere, insomma io sono quella dura, quella che se è andata e poi è riuscita a tornare e ricominciare.
Ebbene sì. Ho pianto. E tanto.
"Smettila di piangere che tanto non serve a nulla."
Il fatto è che avresti ragione, ma anche se smettessi non saprei comunque che fare.
O forse sì ed è proprio questo il problema, non avrei più scuse per non abbracciarti.

domenica 13 febbraio 2011

L'oceano dentro-parte prima

Io sono strana.
Credo che ci siano persone come nuvole, capaci di riempirsi le vene per poi piovere ogni tanto e scaricare tutto a terra. Persone che si lasciano trasportare dai propri venti a favore o contro. Persone bianche, pulite, lineari e semplici.
E poi ci sono quelle come me. Le persone con l'oceano dentro.
Ed è una forza troppo immesa perchè possa liberarsi. Traspare appena dagli occhi, quell'azzurro cristallino, vedi? Forse no.
È difficile riuscire a filtrare concetti precisi dall'apocalissi del cuore, dai mari in tempesta.
Tutti abbiamo delle cose non dette parole, non pronunciate che stanno appiccicate in gola: è meglio liberarsene.
Parole come treni in corsa che deragliano sulle rotaie...
Vedi, io non riporto i libri in biblioteca, sono lunatica, non sono brava in matematica e non so fare gli origami, non me la cavo neppure con le parole crociate, con la letteratura inglese e scarico illegalmente musica da internet qualche volta.
Ho sogni che mi si aggrappano ai capelli troppo spettinati, troppo rossi, troppo lunghi, troppo tutto come il cuore; gli occhi che mi si sciolgono come pioggia sulle guance,
e il mare dentro.
Io ho paura, non sono temeraria come alle volte dò sembianza. Ho paura delle parole non dette e delle persone che se ne vanno. Sono allergica agli abbandoni e li temo come la peste. Ecco, alle volte per questo divento scontrosa, mi rinchiudo nel mio guscio che non è roseo ma verde a pallini blu, perchè non ci dev'essere sempre un criterio in tutto.
Da lì tesso sogni di intesità troppo elevata perchè possano svanire all'alba come neve al sole. Sogni come vasetti di yougurt disposti ordinatamente nello scaffale a destra del frigo, sotto i ricordi a lunga conservazione di quando c'erano mani, sorrisi ed un'insicurezza dolce che mi si aggrappava alla pelle, ogni volta che il cuore sospirava; il tutto sigillato da un forte sole estivo. Sogni senza un perchè ma che di perchè ne creano tanti, troppi. E la risposta sta all'interno della confezione, ed è una, e sono di un gusto unico.
È una dose di paura da centottanta grammi. Perchè io ho bisogno che resti. Perchè un giorno questo mare troverà parole per raccontarsi. Vorrei far capire cosa mi prende quando accenno un sorriso finto e ti guardo di sfuggita.
Il fatto è che, forse, guardandomi si capirebbe la maggior parte delle cose che mi danzano dentro in tempesta, il gusto reale dei miei yogurt...
Facciamo così, non guardatemi ma tenetemi strette le mani per evitarmi di andar alla deriva, solo questo.
Parto da lontano e la prima cosa non è rivolta direttamente a te, ma a chi ha preceduto la tua presenza.
Sappi che non dimentico, ecco... dovrebbe esser qui, proprio sotto le foto, le canzoni, i mozziconi spenti e le spighe di grano. Ricordo. Ciò che tenevo a dirti, è che non ti ho mai dimenticato. Come potrei? Sei la prima cosa più bella che sia mai stata mia. Ecco, mi sento meglio. Perchè in fin dei conti il passato per lasciarlo andare bisogna prima salutarlo, abbracciarlo.
E per quanto riguarda il presente, è tutt'altra storia. Ma prometto che costruirò una zattera piccola ma tenace, capace di resistere alle onde tempestose. O meglio, affiderò le mie parole a  delle lettere chiuse nelle bottiglie.
Vedi, te, io non sono capace d'andare sotto pelle, non sono brava coi sorrisi, quelli veri, ho le parole difficili e i mostri sul cuscino.
Ma sono capace di dipingere silenzi con lettere disposte ordinatamente su un foglio bianco, conosco la differenza tra stringere una mano ed incatenare l'anima e me la cavo piuttosto bene in cucina.
Ora, per ora, in silenzio sono qui. Non vado da nessuna parte. Siediti pure accanto a me se vuoi e promettimi che sarai paziente.
Io, lentamente, dal principio, comincerò a parlare.

lunedì 7 febbraio 2011

Un'altra poesia nella credenza.

Sogno

Al morir della coscienza,
nel cuor dei miei mari in tempesta,
di te l'assenza.
Notturna calma allucinata
La notte! Un sogno! Non basta.
Abbaglir, abbaiar alla luna,
sognandoti accanto, in te, abbracciata.

Alis B.

domenica 6 febbraio 2011

ho portato il sogno. Tu ce l'hai il cassetto?

Il cielo è blu, lo dici tu.
Il cielo nasce vuoto. Nasce integro. Siamo noi a riempirlo di segreti sotto forma di sogni.
Di desideri, più che di soddisfazioni, nevvero? Il sogno.
Che, alla fine, dopo tante teorie, mi scoppia solamente la testa e ancora non so se sia indotto o meno, reale o il suo opposto, inconscio o esplicito...
Ciò che conta è come lo riempiamo. Dobbiamo farlo bene. C'è chi stipa tutto dentro, chi ripone ordinatamente ciò che ha e chi lo lascia semplicemente vuoto in attesa.
Il più delle volte, però, lo si riempie di desideri più che di soddisfazioni...
Circa? Circa l'amore. Già. Senza accorgerci, però che l'amore dei giorni nostri non è altro che una malattia che entra in noi col contatto, con uno sguardo. Basta poco.
Il resto è solo letteratura romantica del passato: può essere tutt'al più contorno, retorica. Ma non è il nocciolo.
E allora ciò che manca ce lo mettiamo noi...
È così difficile immaginare un cielo senza desideri? Forse sì.
Che... Il cielo è blu, lo dici tu. Ma...
Nessuno è blu, nessuno più. Non c'è, la cura.