domenica 3 aprile 2011

Il rumore dei sogni.

Aria primaverile, tovaglia provenzale, influenza e voglia di ciliegie. È domenica.
Dovremmo essere infiniti. Aver corso anche un sola volta nell'erba alta. Magari adesso chiudo tutto, lascio il coniglio a bruciarsi in pentola ed esco con una maglietta che odio: a qualcuno piacerà, non importa. Quella persona, la terrò stretta. Comperò un cd di un qualche cantante mai sentito nominare. Poi farò un bagno e l'asciugamano azzurro sarà lì con il suo fresco abbraccio. Siate infiniti: ridete di niente, vivete di tutto. Cosa sto dicendo?
"Facile, scrivi solo ciò che conosci."
E invece, no. Oggi facciamola difficile. Oggi scrivo delle nuvole e del fumo del caffè mattutino. Del rumore dei passi nei corridoi deserti di scuola durante le lezioni. Del profumo dell'erba appena tagliata. Sì, mondo. Sono sempre io. Non me ne vado via, semmai mi troverete emplicemente vicino al mare.
Ecco, facciamo così, ora me ne torno là. Sta notte vi ero. E mi viene da chiedermi se i bei sogni non facciano rumore per non svegliarci o per dileguarsi allo scadere della notte, abbandonandoci tra le lenzuola fredde e il suono violento della sveglia sul comodino.
E voi, riuscite a percepirne l'odore? Il mare di Francia, meta consueta delle vacanze estive. Ci ho lasciato l'anima, su quelle spiagge, in quei paesaggi e paesini di un'entroterra ancora prevalentemente incontaminata. Giacchè forse l'elemento decisivo non è la delicatezza, nè la dolcezza, non è la forza nè la tenerezza, ma la selvatichezza.
Il più delle volte,purtroppo, la gente non coglie tale selvatichezza, essenza vitale, e non si rende conto che cose in apparenza tanto insignificanti e irrisorie, come un mercato caotico nel cuore della Provenza, possano avere qualcosa in comune con le più belle opere d'arte.
Mi piace quella vita: un vita senza prospettiva, che non lascia svanire la possibilità di diventare un'opera d'arte, una vita senza passato nè futuro, senza contorni nè orizzonte: il qui e ora, bello, pieno, chiuso.
Fin dal mattino mi tuffavo, instancabile, sotto i cavalloni o volavo sopra la cresta delle ondi, senza fiato. Mi gusto la vista del lungomare. Non mi viene mai a meno, non mi basta mai. Ho la sabbia ancora appiccicata alle caviglie, respiro nell'aria ricca di iodio, in balia di incomprensibili frammenti di conversazioni catturati dai marciapiedi e dalle spiagge brulicanti di gente. Rituali delle vacanze, sensazioni immutabili: il gusto del sale agli angoli della bocca, le dita grinzose, la pelle calda e secca, come sarebbe bello, come sarebbe facile. C'è un emozione dentro di me, sapere, che ho sempre provato invano a descrivere. Magari, la prossima volta, prendo un paio di sentimenti e li metto nello zaino, dato che nel petto non c'è più posto...
Siate infiniti.

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