Capitolo Primo.
Mi hai lasciata qui, in balia dei miei sogni e delle mie paure. Mi hai lasciata qui. Alla mercé di questo mondo crudele. Senza una coperta da usare nelle notti fredde. Mi hai lasciata qui. Senza più sogni da inseguire. Senza insegnarmi a cogliere un fiore. A scrivere una canzone. Mi hai lasciata qui. Sola. E non sarai tu a spararmi. E non sarai tu ad uccidermi. Mi spegnerò lentamente. Oppure un gesto diperato mi porterà ad accasciarmi a terra; tra le braccia degli angeli. Non ho paura. Ne avevo prima.
Non ho paura del paradiso o dell'inferno. Non ci ho mai creduto. Non ho paura del dolore. Io non lo temo. Non ho paura del pericolo. Il pericolo non esiste. Per me.
Ma questa? Salata, calda. Una lacrima. È da tanto, troppo, che non piango. Non mi serve a niente. Non ci sarai mai più qui tu: ad asciugarmi le lacrime e a farmi sorridere.
Non ho mai capito come facevi a ridere in quel modo. Ma penso che sia perchè hai pianto molto.
Solo chi ha pianto molto può apprezzare la vita in tutto il suo violento splendore. E ridere bene. Piangere è facile. Ed ancor di più sul latte versato. Ma ridere, tutt'altra storia.
Oggi sono uscita in strada. Il caos mi ha fatta soccombere. Vi è troppo sole là fuori. Troppa vita, per me.
Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno. Buttate via la luna, tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi, perché non servono a nulla. Io me ne sono resa conto un po' di tempo fa.
Quanto tempo sarà passato? Giorni? Mesi? O, forse, anni. Almeno secondo la mia percezione del tempo che scorre. Che non perdona. Che non si arresta e torna indietro, magari. Indietro a pomeriggi di sole come questo. Dove ero ancora viva. Perchè il tempo scorre. Come la vita che si allarga e si restringe a suo piacimento. E tu devi solo cercare di strarci bene dentro. E, magari, quando ci riesci, rubarne un po': di quella vita. Che forse, in una notte senza stelle, o quando ti sentirai morire, ti farà piacere ritrovarti un po' di vita nascosta dentro le tasche dei jeans.
Io, come al solito, sono stata avida. L'ho voluta godere tutta e subito quella vita. Ed ora, beh, ora sono a corto di vita. Di quella vera, però.
Non c'era un prima. Non c'è un poi. C'era il mentre. Forse somigliava all'arcobaleno che ci divertivamo a colorare insieme con le dita. Il mio veniva sempre un po' storto. Ma tu non me lo dicevi mai. Mi facevi credere che fosse perfetto. Non importava. io lo sapevo. Tu pure.
Ora il sole è accecante. L'afa non perdona. Non vi sono temporali ed arcobaleni. Non più.
C'è sempre un altro fondo, quando crediamo d'aver toccato il fondo, il fondo che siamo noi stessi a cercare, quello che scaviamo con le nostre mani, la fine di tutto.
Ma tu te ne sei andato. Senza pietà per me. Forse ti ho donato troppo amore. Che gesto imperdonabile.
È incredibile come, alle volte, la nostra vita si riduca in polvere. E non c'è niente di peggio che sentirti scivolare via, come sabbia al vento, quella vita per cui il giorno prima avresti fatto follie. Ora ridotta ad un mucchietto di sogni infranti. Inutili.
Forse è per questo che te ne sei andato.
Forse semplicemente non volevi che la vita stessa ti spegnesse sommergendoti lentamente, forse sei stato più furbo di me. Di tutti noi.
O forse no.
Ricordo quel singolo maledetto momento come se fosse, non oso dire un giorno fa, ma come se lo stessi ancora vivendo. Non riesco nemmeno a chiudere gli occhi. La mia mente mi gioca brutti scherzi.
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