Arriva un momento, però, dove ciò non è possibile. C'è chi scrisse che "ne ferisce più la penna che la spada", certo, anche perché se facessi tutte le azioni che mi passano per la testa quando mi ritrovo a terra, contro l'avversario che in quel momento saltella sul ring, in questo caso avrei almeno un ergastolo da scontare. Inoltre non ho pistole in mano, nella mia mente. Ho al massimo una matita tra le dita, un foglio bianco e l'anima in fiamme. L'ostinazione ad andare dritti per la strada tipica di chi non ha più nulla da perdere, perché non gliene importa più nulla di niente, di chi è già stato ferito a tal punto da non sentire più dolore alcuno, di chi ha capito che l'unica cosa che resta è rialzarsi, a costo di sputare a terra sangue, a costo di allargare le ferite: c'è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce.
Mi sono stufata degli esperimenti, dei codardi con l'amore degli altri, di quelli che ci portano a non dormire più la notte sperando che la speranza venga soffocata dal sonno e quella non muore mai, mentre si vorrebbe crollare addormentati. Mentre voci attorno a noi s'interrogano sul da farsi perché manca anche la voglia di pensarci... "Va da lui" dicono. Io rispondo: non mi ha mai portato a nulla tempo fa, non c'è motivo per stare svegli ora. Così, senza fare niente anche quella speranza se n'è andata, senza confessare di non essere poi così lontana dalla mancanza, senza avere gusto né presunzione alcuna per essere ricordata... Fosse arrivata tempo fa, nel freddo di febbraio forse l'avrei fatta crescere dentro me fino a renderla concreta. Ma non ci sono stelle cadenti davanti alla finestra, né costellazioni che si riescano a distinguere da quaggiù.

quando pensa di poter guadagnare qualcosa dallo stare con te, resta. La gente? Vaffanculo la gente.
Io ne ho abbastanza. È ora di urlare. Urlare perché la verità muore nel silenzio. Urlare perché le ferite si rimarginano, i pettegolezzi si stemperano, ma la coscienza non dimentica.
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