Si cambia. In questa vita, si cambia continuamente e raramente la gente se ne accorge. Basta un niente: basta che una notte ritorni quel sogno ricorrente di calarsi dalla finestra attaccati a una corda di coperte... per scappare, direi.
Da cosa? Forse da una creazione degli altri di noi stessi. Per scappare da chi sa ancora fare esplodere i sogni, da chi non sorride più, perché i sorrisi stessi sembrano non volere bastare. Sembrano essere insignificanti, non rilevanti; eppure, i sorrisi, mancano più dell'aria.
Da chi non riesce quasi più a ridere e usa in modo sbagliato il verbo vivere: c'è un universo intero dentro questa parola tanto che mi scoppia qualcosa dentro solo nel pronunciarla... scoppio ad amare nel giro di sei lettere. Eppure, l'uomo, come ogni cosa, è riuscito a banalizzarla.
Ma noi scrittori, ultimi dei romantici, cinici disillusi, ci siamo sempre opposti. Ci siamo sempre opposti forse perché abbiamo capito che gli opposti si attraggono, ma questa è un'altra faccenda.
Noi finiamo così col voler soffocare le lacrime soffocando il cervello e non il cuore. Lui, è pur sempre un muscolo involontario. Ci illudiamo, ci si illude che tutto passi e possa passare come le ore che si rincorrono nell'orologio senza raggiungersi mai, come l'inverno, la gente per strada e i sorrisi.
Ma non funziona così: la fame d'amore non si sazia mai. Allora ditemi, dimmi, perché cercare di privarsene? Perché stare così, noi, che siamo già pelle e ossa?
E ancora mi trovo a scrivere... e ancora sono solamente parole e non hanno odore, e non hanno sapore. Scrivo, io. Io che ho sempre amato nel silenzio sapendo che solo nel silenzio il cuore è libero di gridare. Scrivo così mi illudo, ci illudo che scrivere sia pur sempre un modo di fare l'amore.
sabato 25 febbraio 2012
lunedì 20 febbraio 2012
L('amore.)a droga più potente al mondo.
Noi scrittori siamo follemente innamorati.
Siamo innamorati non tanto delle parole di per sé, né tanto meno da ciò che vogliono significare, in un mosaico i cui pezzi a volte sono perfetti, altre volte diseguali, altre ancora mancanti. Noi amiamo molto di più la penna che il foglio.
Amiamo. Amiamo sempre senza mezze misure né sconti perché ci siamo resi conto, forse troppo presto, che in questa vita ogni cosa ha un suo prezzo: amore compreso. Può valere una vita? Questo non lo so, so solo che per amare non c'è sempre bisogno di cuore. Per lui, un cuore non può bastare. Forse una vita intera non è sufficiente: non deve esserlo, poiché, qualora lo fosse, ci ritrovemmo a coltivare lettere sparse anziché poesie.
Ogni cosa ha un prezzo: ci troviamo in un mondo di soldati con divise da essere umano, cuori vuoti e tasche piene; piene di ricordi, perché per amare serve più coraggio che ricordare.
Allora, ditemi ora, da che parte state? Amare o ricordare? È questo il dilemma che avvelena l'esistenza di noi scrittori.
O ancora, ricordare d'essere stati amati? Troppe domande: ci sono più parole che tempo, più emozioni che parole, più foglie che vento, più silenzi che verità. E allora sale questo sentimento malinconico che brucia la gola. Sale, succede anche con la rabbia, sapete?
Salire trovo sia un verbo che si addice perfettamente a tale stato d'animo: sento crescere la rabbia come un climax dentro me. Parte dallo stomaco, credo, poi prende il cuore ed entra in circolo più velocemente.
Come l'amore, diventa veleno e ti prende il cervello, il pensiero, gli occhi, portandoti a vedere solo le sue allucinate false realtà...
Provate voi a trovarvici voi in un lago d'amore ed uscirne indenni...
L'amore è la droga più potente al mondo. Ma voi amate sempre, in ogni caso. Amate e tenete il vostro cuore fuori dalla portata di chi ancora riesce a fare esplodere i sogni.
Amate come noi scrittori amiamo il mezzo, non il fine. Perché noi amiamo scrivere, non ciò che abbiamo scritto. Amate da morire. Amate d'amare.
Siamo innamorati non tanto delle parole di per sé, né tanto meno da ciò che vogliono significare, in un mosaico i cui pezzi a volte sono perfetti, altre volte diseguali, altre ancora mancanti. Noi amiamo molto di più la penna che il foglio.
Amiamo. Amiamo sempre senza mezze misure né sconti perché ci siamo resi conto, forse troppo presto, che in questa vita ogni cosa ha un suo prezzo: amore compreso. Può valere una vita? Questo non lo so, so solo che per amare non c'è sempre bisogno di cuore. Per lui, un cuore non può bastare. Forse una vita intera non è sufficiente: non deve esserlo, poiché, qualora lo fosse, ci ritrovemmo a coltivare lettere sparse anziché poesie.
Ogni cosa ha un prezzo: ci troviamo in un mondo di soldati con divise da essere umano, cuori vuoti e tasche piene; piene di ricordi, perché per amare serve più coraggio che ricordare.
Allora, ditemi ora, da che parte state? Amare o ricordare? È questo il dilemma che avvelena l'esistenza di noi scrittori.
O ancora, ricordare d'essere stati amati? Troppe domande: ci sono più parole che tempo, più emozioni che parole, più foglie che vento, più silenzi che verità. E allora sale questo sentimento malinconico che brucia la gola. Sale, succede anche con la rabbia, sapete?
Salire trovo sia un verbo che si addice perfettamente a tale stato d'animo: sento crescere la rabbia come un climax dentro me. Parte dallo stomaco, credo, poi prende il cuore ed entra in circolo più velocemente.

Provate voi a trovarvici voi in un lago d'amore ed uscirne indenni...
L'amore è la droga più potente al mondo. Ma voi amate sempre, in ogni caso. Amate e tenete il vostro cuore fuori dalla portata di chi ancora riesce a fare esplodere i sogni.
Amate come noi scrittori amiamo il mezzo, non il fine. Perché noi amiamo scrivere, non ciò che abbiamo scritto. Amate da morire. Amate d'amare.
giovedì 16 febbraio 2012
Ho sempre amato.
Lo vedere questo inverno? Sembra non volersene andare più. "Passerà,lo sai."
Passerà tutto: le stagioni, il tempo, la luna sorgerà ancora in miliardo e più di volte, le nuvole ritorneranno a piangere sui miei panni appena stesi e ritorneremo a brindare. Che aspettate? Brindate. Brindate che mi si è ormai raffreddata la cena e non riesco a smettere di ridere nervosamente come faccio ai funerali. Sì, forse non sapete che io, ai funerali rido.
Forse non avete mai capito niente di me.
Ciao, oggi è giovedì, ho i capelli messi male, mi sono già puntata il mascara in un occhio stamani, facendoli così arrossare entrambi. Nessun problema nessuno lo noterà dal momento che lo sono già per motivi esterni... Oggi è giovedì e magari scrivo un po' di me. Sono quella che quando aveva sette anni finiva sempre col cadere da cavallo enometro piangeva mai. Sono Alice, quella che ora ha pianto mie volte per i suoi errori, quella che dietro ad ogni gesto nasconde mille parole.
Volevo imparare a ballare, ma poi ho preferito la scrittura. Amo cantare sotto la doccia, mentre faccio odine nella mia caotica vita, e amo cucinare (questo lo faccio di gran lunga in modo migliore). Qualcuno un giorno mi disse di amar come cucino e cucinare come amo: l'ho sempre fatto. Anche quando tremendamente complicato, difficoltoso o mi mancavano gli ingredienti, e non intendo per cucinare.
Non ho mai rinunciato a vivere, anche a costo di morire. Intendo dire che non ho la benché minima intenzione di inciampare in una vita comoda, mediocre. Non ho mai accettato di tacere e stare a guardare il mondo giocare a scacchi con i sentimenti e l bugie.
Sono musica sperimentale, fogli accartocciati e bic consumate, Baudelaire, Dickinson e Oscar Wilde; sono camicie a quadri, zucchero, tatuaggi, caffè e sigarette. Sono un groviglio di emozioni mal nascoste e capelli neri.
Sono, sono e alla don non sono niente. Un niente diverso dagli altri; un niente che si nasconde e si aggrappa alle spalle delle persone che gli sono rimaste accanto senza un motivo particolare. Quelle persone che sono rimaste accanto a questo danno che cammina inciampando ogni tre passi. Sono un niente un po' bello e un po' brutto, che ancora oggi splende, sole o meno.
Splende se lo guard(i)ate e che se gli fa(i)te un mezzo sorriso ricambia sempre.
Se dovessi fare una lista delle parole che mi rappresentano, riscriverei un'intera edizione di un pesante e noioso dizionario... Ma l'ordine non è il mio forte... "Illusa", forse "delusa", "egoista",gelosa" dei miei ricordi e rancori; sono anche questo. Eppure, non odio mai.
Non odio mai perché se lo facessi, dovrei poi ammettere d'aver amato.
Ho sempre amato. Ho amato tanto quanto amore non ho mai ricevuto quando avevo bisogno solo di un po' d'affetto.
martedì 14 febbraio 2012
Trattenere le lacrime per dieci minuti (quello che penso).
Potrei mentire, dire che ho sempre preso in cosiderazione le realtà oggettive, che ciò che ti scoppia all'improvviso dentro bisognerebbe sempre arginarlo, che è facile fare una smorfia e fingere di fregarsene. Potrei. Oppure potrei cercare di ritrovare quelle parole che ho perso come si perdono le cose belle. Così scrivo. Scrivo perché in questi momenti non so fare altro. E tu, voi, legatevi al dito ogni singola parola che uscirà dalla mia penna perché sarà detta col cuore. Forse non ho dosato bene la quantità, gli ingredienti: ci ho messo troppo cuore o troppo poco? Non lo so più.
Delle cose che perdiamo non dovrebbe importarci...
Volete la verità? Vuoi, volete sapere cosa mi implode dentro mentre l'oceano mi traspare dagli occhi riversando le proprie onde salate sugli appunti di matematica? Va bene. D'altronde perché dovrei continuare a fingere? Troppa gente lo fa già come disciplina accademica: troppa gente non dice realmente ciò che pensa. Non bisognerebbe mai temere di dire la verità. Avete paura? Sì? Per la verità, pure io.
Ho paura di questo groviglio di emozioni, del futuro come del presente. Ho paura di questo mare perché non sapevo né saprei come definirlo, anche se qualcuno ha provato a farlo. Penso vivamente che si sbagliasse, con tutta quella oggettività.
Io non ho mai preso in cosiderazione le realtà oggettive. Il mondo è pieno di persone alla loro ricerca; persone che parlano fin tanto che non trovano qualcosa da dire. Sono quelli che svuotano cassonetti di sogni mai usati, che rinunciano a vivere. Tu lo faresti per paura?
Io non ho mai rinunciato, anche a costo di cadere, anche a costo di farmi male. Non riuncerei mai a vivere anche a costo di morire. Non rinunciate. Non rinunciatevi mai.
Tanto la gente usa ed userà sempre le parole come pugni, sbagliando mira in pieno. Ecco perché le realtà oggettive non sono soggette al mio interesse.
Tutta la verità? La vorrei pure io. L'unica differenza è che, perlomeno io, la mia verità ho il coraggio di dirla.
Non va "tutto bene". Ho dovuto leggere più volte quel post-it giallo attaccato ai miei pensieri per ricordarmi di me, oggi, e del mio sorriso: se l'avessi dimenticato a casa il mondo avrebbe potuto insospettirsi e farmi troppe domande. Ho dovuto poi leggere più volte quelle altre parole scritte per cercare di svuotarle di significato. E io che credevo di potere dimenticare così come dimentico il quaderno di matematica a casa... Ricordi, rimorsi, cambia solo qualche sillaba, no?
Come p(uoi)tete immedesimar(ti)vi in me? Non lo so nemmeno io ciò che pensavo. A vivere, credo. Chi può dire che guardavo oltre? Se qualcuno trova il modo di immedesimarsi in me, me lo faccia sapere: potrebbe tornarmi utile.
Cosa penso?
Penso che quando piove qualcuno voglia coprirci le lacrime, penso che non bisognerebbe mai pensare troppo ma pensare semplicemente a vivere, non pensare di vivere. Penso che l'imperfetto rovini qualsiasi bel verbo, soprattutto gli ausiliari. Penso che al Signor Amore manchi una bella dose di coraggio, altrimenti verrebbe fuori e combatterebbe. Penso che all'inferno farebbe più caldo e ci sarebbe più silenzio.
Penso che queste parole non siano poesia, ma pura verità.
Tutta la verità? Non ancora.
Credo che il problema non stia in ciò che perdiamo ma nella sua assenza, poiché quella rimane a urlare, strepitare e sbattere i piedi a terra anche in piena notte.
La verità è che so trattenere le lacrime per soli dieci minuti: non sono insensibile.
La verità è che i sentimenti fanno paura anche a me, ma quelli inespressi e le bugie mi terrorizzano ancora di più.
La verità è che mi sono persa tra le lettere finendo per non capirci più niente, poiché innanzi a me non vedo parola alcuna ma solo rumorosi silenzi a lungo andare.
È ciò che volete? È ciò che vuoi?
Io vorrei la verità. L'impossibile, forse. L'impossibile, che ho sempre creduto un po' più difficile del possibile.
Delle cose che perdiamo non dovrebbe importarci...
Volete la verità? Vuoi, volete sapere cosa mi implode dentro mentre l'oceano mi traspare dagli occhi riversando le proprie onde salate sugli appunti di matematica? Va bene. D'altronde perché dovrei continuare a fingere? Troppa gente lo fa già come disciplina accademica: troppa gente non dice realmente ciò che pensa. Non bisognerebbe mai temere di dire la verità. Avete paura? Sì? Per la verità, pure io.
Ho paura di questo groviglio di emozioni, del futuro come del presente. Ho paura di questo mare perché non sapevo né saprei come definirlo, anche se qualcuno ha provato a farlo. Penso vivamente che si sbagliasse, con tutta quella oggettività.
Io non ho mai preso in cosiderazione le realtà oggettive. Il mondo è pieno di persone alla loro ricerca; persone che parlano fin tanto che non trovano qualcosa da dire. Sono quelli che svuotano cassonetti di sogni mai usati, che rinunciano a vivere. Tu lo faresti per paura?
Io non ho mai rinunciato, anche a costo di cadere, anche a costo di farmi male. Non riuncerei mai a vivere anche a costo di morire. Non rinunciate. Non rinunciatevi mai.
Tanto la gente usa ed userà sempre le parole come pugni, sbagliando mira in pieno. Ecco perché le realtà oggettive non sono soggette al mio interesse.
Tutta la verità? La vorrei pure io. L'unica differenza è che, perlomeno io, la mia verità ho il coraggio di dirla.
Non va "tutto bene". Ho dovuto leggere più volte quel post-it giallo attaccato ai miei pensieri per ricordarmi di me, oggi, e del mio sorriso: se l'avessi dimenticato a casa il mondo avrebbe potuto insospettirsi e farmi troppe domande. Ho dovuto poi leggere più volte quelle altre parole scritte per cercare di svuotarle di significato. E io che credevo di potere dimenticare così come dimentico il quaderno di matematica a casa... Ricordi, rimorsi, cambia solo qualche sillaba, no?
Come p(uoi)tete immedesimar(ti)vi in me? Non lo so nemmeno io ciò che pensavo. A vivere, credo. Chi può dire che guardavo oltre? Se qualcuno trova il modo di immedesimarsi in me, me lo faccia sapere: potrebbe tornarmi utile.
Cosa penso?
Penso che quando piove qualcuno voglia coprirci le lacrime, penso che non bisognerebbe mai pensare troppo ma pensare semplicemente a vivere, non pensare di vivere. Penso che l'imperfetto rovini qualsiasi bel verbo, soprattutto gli ausiliari. Penso che al Signor Amore manchi una bella dose di coraggio, altrimenti verrebbe fuori e combatterebbe. Penso che all'inferno farebbe più caldo e ci sarebbe più silenzio.
Penso che queste parole non siano poesia, ma pura verità.
Tutta la verità? Non ancora.
Credo che il problema non stia in ciò che perdiamo ma nella sua assenza, poiché quella rimane a urlare, strepitare e sbattere i piedi a terra anche in piena notte.
La verità è che so trattenere le lacrime per soli dieci minuti: non sono insensibile.
La verità è che i sentimenti fanno paura anche a me, ma quelli inespressi e le bugie mi terrorizzano ancora di più.
La verità è che mi sono persa tra le lettere finendo per non capirci più niente, poiché innanzi a me non vedo parola alcuna ma solo rumorosi silenzi a lungo andare.
È ciò che volete? È ciò che vuoi?
venerdì 10 febbraio 2012
Scriverò di questa storia. (Giuro che lo farò)
Mi ritrovo seduta sul mio letto, penna in mano e foglio vuoto. Avrei così tanto da dire, scrivere, eppure...
eppure sono qui. E dondolo le gambe come se fossi su un'altalena immaginaria di pensieri. Vorrei scrivere qualcosa di bello, opure brutto per chi non sa capirlo, veritiero e mille altre cose ancora.
Scriverò usando verbi di quelli che vanno usati solamente al presente, poiché in altri tempi sarebbero talmente irregolari da fare male: passati remoti pressocché impossibli da coniugare. Vedrò poi di accostare parole che non possano mai suonare in armonia perfetta ma che, insieme, stridono in un modo talmente melodioso che sembrano annullarsi. Credo siano delle ottime combinazioni.
Scriverò di quel sentimento che non vedete, che tanto viene decantato nei romanzi e nei libri di poesie poggiati sui vostri comodini ma che, per quanto questi poeti possano insistere, in strada non se ne trova traccia.
Scriverò un elogio a chi inventò i post-it e a chi se ne riempe la vita e il cuore. Passerò poi lentamente a scrivere di come sia possibile catturare la pioggia e svenderla dove non cade.
Scriverò una storia non d'amore ma di vento, freddo e sole, sintonia e incomprensione, silenzi e rumore di parole in rima a ritmi totalmente divergenti, di boccate d'aria e fumo.
Ma sono qui, e sto ancora dondolando le gambe come se fossi su un'altalena, tutto mi sembra irrisorio: tutto ciò che si distanzi dalla neve che si scioglie nel mio petto.
Sono qui con un foglio ancora bianco in mano, ho fragole e fiori d'inchiostro sul cuore e nessuno ha compreso ciò che ho voluto dire, nevvero?
Non credo. Qualcuno, sicuramente sì.
Prometto che scriverò ancora di questa storia che non è d'amore, ma solo una storia. Con dentro l'amore. O, forse, è amore.
Con dentro una storia.
eppure sono qui. E dondolo le gambe come se fossi su un'altalena immaginaria di pensieri. Vorrei scrivere qualcosa di bello, opure brutto per chi non sa capirlo, veritiero e mille altre cose ancora.
Scriverò usando verbi di quelli che vanno usati solamente al presente, poiché in altri tempi sarebbero talmente irregolari da fare male: passati remoti pressocché impossibli da coniugare. Vedrò poi di accostare parole che non possano mai suonare in armonia perfetta ma che, insieme, stridono in un modo talmente melodioso che sembrano annullarsi. Credo siano delle ottime combinazioni.
Scriverò di quel sentimento che non vedete, che tanto viene decantato nei romanzi e nei libri di poesie poggiati sui vostri comodini ma che, per quanto questi poeti possano insistere, in strada non se ne trova traccia.
Scriverò un elogio a chi inventò i post-it e a chi se ne riempe la vita e il cuore. Passerò poi lentamente a scrivere di come sia possibile catturare la pioggia e svenderla dove non cade.
Scriverò una storia non d'amore ma di vento, freddo e sole, sintonia e incomprensione, silenzi e rumore di parole in rima a ritmi totalmente divergenti, di boccate d'aria e fumo.
Ma sono qui, e sto ancora dondolando le gambe come se fossi su un'altalena, tutto mi sembra irrisorio: tutto ciò che si distanzi dalla neve che si scioglie nel mio petto.
Sono qui con un foglio ancora bianco in mano, ho fragole e fiori d'inchiostro sul cuore e nessuno ha compreso ciò che ho voluto dire, nevvero?
Non credo. Qualcuno, sicuramente sì.
Prometto che scriverò ancora di questa storia che non è d'amore, ma solo una storia. Con dentro l'amore. O, forse, è amore.
Con dentro una storia.
mercoledì 8 febbraio 2012
Tanto lo sai, la vita macchia la pelle.
Avete mai incontrato una persona importante prima che diventasse tale? Prima che importasse?
Tutto quello che mi sento di dire è apparentemente elementare, sai? A parole siamo tutti eroi, mi dirai. Ma io non farò altro che risponderti con un: "fermati un momento. Che cosa è successo, adesso?" Saluta te stessa e tutte le bellezze che racchiudi dentro, prima degli altri: ogni anima è un'isola protetta dai suoi abissi insondabili, perduta nell'immensità dell'oceano. Ci vuole coraggio, sai? È un affare da temerari andare oltre la superficie.
Poi ti direi: "pensa a te stessa". Ama te prima di amare gli altri. Vedi, io questo l'ho fatto.
L'ho fatto quando ancora non m'importava. E se è andata come è andata, è solo perché non ho mai pianto per stare peggio, ma solo meglio. Perché ancora non era "tempo per noi". Perché dovevo ancora tentare tutte le strade; volevo essere forte, annegare nei sabati sera sul divano con un gelato e un telefilm. Volevo cucinare come non facevo da mesi, imparare a disegnare, incontrare nuove persone anche se alcune nemmeno così interessanti, altre da portare dentro.
Se è andata come è andata, è perché ci sono momenti, occasioni, scontri di anime dove si finisce per capire quanto sia insensato lasciare correre a vuoto un cuore senza che sappia dove andare a sbattere.
So che non hai mai tirato il freno, in questo ho preso da te. Non hai mai tirato il freno neppure quando faceva male, nemmeno quando avresti voluto tirare giù il mondo ma lui restava impassibile sulle tue spalle. E pesava. Pesa tutt'ora? Cosa aspetti a lasciarlo cadere?
Uno scontro di anime deve essere incidentale, non fatale. Inutile cercare di imbrogliare il destino, il cuore, acquistando in saldo i sentimenti come si fa coi detersivi... tanto, lo sai, la vita macchia la pelle.
Se è andata come è andata è perché ci sono "spine che fanno solo male", ricordi? Ma lo dicesti tu quando ancora piangevo versando sale sulle ferite. Sai, la nostra paura più grande è quella di non ottenere quello che desideriamo. Ma, questa, è una cosa che lascia scampo. Una cosa alla quale se non ci si arrende, ci tiene in vita. Passerà. Tutto passa. Ma che ne so io...
Io, che ho incontrato una persona importante prima che importasse.
Tutto quello che mi sento di dire è apparentemente elementare, sai? A parole siamo tutti eroi, mi dirai. Ma io non farò altro che risponderti con un: "fermati un momento. Che cosa è successo, adesso?" Saluta te stessa e tutte le bellezze che racchiudi dentro, prima degli altri: ogni anima è un'isola protetta dai suoi abissi insondabili, perduta nell'immensità dell'oceano. Ci vuole coraggio, sai? È un affare da temerari andare oltre la superficie.
Poi ti direi: "pensa a te stessa". Ama te prima di amare gli altri. Vedi, io questo l'ho fatto.
L'ho fatto quando ancora non m'importava. E se è andata come è andata, è solo perché non ho mai pianto per stare peggio, ma solo meglio. Perché ancora non era "tempo per noi". Perché dovevo ancora tentare tutte le strade; volevo essere forte, annegare nei sabati sera sul divano con un gelato e un telefilm. Volevo cucinare come non facevo da mesi, imparare a disegnare, incontrare nuove persone anche se alcune nemmeno così interessanti, altre da portare dentro.
Se è andata come è andata, è perché ci sono momenti, occasioni, scontri di anime dove si finisce per capire quanto sia insensato lasciare correre a vuoto un cuore senza che sappia dove andare a sbattere.
So che non hai mai tirato il freno, in questo ho preso da te. Non hai mai tirato il freno neppure quando faceva male, nemmeno quando avresti voluto tirare giù il mondo ma lui restava impassibile sulle tue spalle. E pesava. Pesa tutt'ora? Cosa aspetti a lasciarlo cadere?
Uno scontro di anime deve essere incidentale, non fatale. Inutile cercare di imbrogliare il destino, il cuore, acquistando in saldo i sentimenti come si fa coi detersivi... tanto, lo sai, la vita macchia la pelle.

Io, che ho incontrato una persona importante prima che importasse.
venerdì 3 febbraio 2012
I risultati non contempl(ama)ti.
Mi piace leggere. Non i libri ma le emozioni, le lettere computerizzate mai spedite ma salvate tra i buoni propositi e le promesse a breve scadenza, i letti disfatti con i libri lasciati a metà.
Dentro il nostro cuore, come nelle parentesi tonde, si può scrivere di tutto. Non abbiatene paura: con le parole non si può raccontare bugie che ne addolciscano il contenuto. Non si può raccontarsi bugie, e non è il tempo a poter guarire le ferite: sono le parole stesse. Magari vecchie, magari nuove.
Scrivere non è come danzare o mangiare una torta. Bisogna ferire a morte. Pensateci: a chi possono piacere le canzoni senza parole? Come un amore senza cuore. Come uno scrittore senz'anima. Così, anche se la meteo prevede piogge acide per emozioni poco solubili, non potrai mai cancellare i tuoi sentimenti, asciugare le lacrime che hai già versato, azzerare i battiti di un cuore. Risulta impossibile d'altronde annullare una parentesi, a meno che la somma di tutte le cifre non dia zero.
Ma dal momento che le emozioni si moltiplicano, i risultati nulli non sono contemplati.
Anche se non troviamo le parole per esprimerle, le nostre emozioni, restano pur sempre i battiti cardiaci. Ho detto nostre? Gli aggettivi possessivi sono quelle parole che mi, ci fanno più paura. Paura perché sappiamo perfettamente che non riusciremo mai a capirci fino in fondo, per quanto le nostre pelli, anime e ossa possano mischiarsi. Due universi diversi non potranno mai corrispondere in modo perfetto.
Mai... gli avverbi fanno ancor più paura dei pronomi perché sono invariabili. Però, se ti va di aspettare, metterò anche nero su bianco le mie paure.
Non ho più paura del buio in sè. Ho paura del buio in me.
Dimmi che non devo temere nemmeno di quello perché, sì, lui annulla tutto, ma può esistere solo quando non esiste nient'altro. E ora ci sei tu.
Ci sei tu e le mie parole pericolose.
Scrivere significa correre in un campo minato sperando di non esplodere.
Ma chi voglio prendere in giro? Chi è disposto ad innamorarsi di una scrittrice? Chi s'innamora di una scrittrice è pazzo, oppure è colui che ha posizionato le mine.
Dentro il nostro cuore, come nelle parentesi tonde, si può scrivere di tutto. Non abbiatene paura: con le parole non si può raccontare bugie che ne addolciscano il contenuto. Non si può raccontarsi bugie, e non è il tempo a poter guarire le ferite: sono le parole stesse. Magari vecchie, magari nuove.
Scrivere non è come danzare o mangiare una torta. Bisogna ferire a morte. Pensateci: a chi possono piacere le canzoni senza parole? Come un amore senza cuore. Come uno scrittore senz'anima. Così, anche se la meteo prevede piogge acide per emozioni poco solubili, non potrai mai cancellare i tuoi sentimenti, asciugare le lacrime che hai già versato, azzerare i battiti di un cuore. Risulta impossibile d'altronde annullare una parentesi, a meno che la somma di tutte le cifre non dia zero.
Ma dal momento che le emozioni si moltiplicano, i risultati nulli non sono contemplati.
Anche se non troviamo le parole per esprimerle, le nostre emozioni, restano pur sempre i battiti cardiaci. Ho detto nostre? Gli aggettivi possessivi sono quelle parole che mi, ci fanno più paura. Paura perché sappiamo perfettamente che non riusciremo mai a capirci fino in fondo, per quanto le nostre pelli, anime e ossa possano mischiarsi. Due universi diversi non potranno mai corrispondere in modo perfetto.
Mai... gli avverbi fanno ancor più paura dei pronomi perché sono invariabili. Però, se ti va di aspettare, metterò anche nero su bianco le mie paure.
Non ho più paura del buio in sè. Ho paura del buio in me.
Dimmi che non devo temere nemmeno di quello perché, sì, lui annulla tutto, ma può esistere solo quando non esiste nient'altro. E ora ci sei tu.
Ci sei tu e le mie parole pericolose.
Scrivere significa correre in un campo minato sperando di non esplodere.
giovedì 2 febbraio 2012
È meglio lasciare che qualcuno c(t)i ami.
Ci sono mattine, giornate da ricominciare dal principio. Inutile starsene lì ad aspettare un giorno di pioggia, o che ciò che abbiamo perso riappaia inaspettatamente, chiudendo il nostro cuore a tutto il resto e gettando la chiave.
Siamo tutti come aquiloni in attesa del vento, vero?
Sono quelle giornate di tavolette di cioccolata come paliativo; pomeriggi in cui non parliamo, ma che se cominciassiamo parlemmo troppo. Giornate di scommesse senza premi, scommesse di chi si ostina a credere nel valore delle sconfitte e se ne sta fermo tra le linee nemiche senza che nessuno l'abbia visto cadere.
E lo so che fa male. Fa male da morire. Ma quanto tempo ancora può andare avanti? Ora mi dirai che: "Quello che non uccide rafforza"...
Vero, ma ricorda che, alla lunga, quello che rafforza finisce con l'uccidere. So esattamente cosa si prova quando non ci piace stare al buio ma non vogliamo accendere nessuna luce. E lo so che desideriamo solo quello che non possediamo più o che non possiamo avere. Vedi, pure che è meglio lasciare che qualcuno ci ami, altrimenti ci si trova da soli. Eppure, è meglio starsene lì da soli ad amare i solitari, quelli che ancora non hai incontrato, quelli autentici a tutti i costi che sanno quanto brucia la verità, ma anche che una ferita bisogna pulirla affinché possa rimarginarsi. Quelli che ci possano amare quanto ci meritiamo. E ci meritiamo tutto l'amore del mondo. Meglio, piuttosto che starsene al buio, aspettando che quella persona si decida ad accendere la luce.
Bisognerebbe lasciarsi sorprendere.
Pensaci, che cosa stiamo cercando tutti?
Qualcuno che non possiamo ignorare.
Ma chi sono io per dirti ciò? Io sono qualla che ha sempre una gran voglia di piangere finchè qualcuno o qualcosa non la fa scoppiare a ridere, e viceversa. Io amo i sognatori, i diversi, quelli che hanno paura delle paure, ma ancor più adorano la vita... quelli meteoropatici che ancora non comprendono perché, se il cielo piange, lo debbano fare anche loro. Amo quelli che sanno chiedere scusa, che hanno il coraggio di cambiare, che sorprendono e fanno molte domande, ma al momento giusto. Amo i dubbiosi, i cinici a breve scadenza, i poeti senza versi, i testardi.
Amo il modo in cui amano, chiunque amino.
Vedi? C'è così tanto mondo da amare... il fatto è che stiamo tutti come aquiloni in attesa del vento. Bisognerebbe solo cominciare a soffiare. Cosa aspetti?
Siamo tutti come aquiloni in attesa del vento, vero?
Sono quelle giornate di tavolette di cioccolata come paliativo; pomeriggi in cui non parliamo, ma che se cominciassiamo parlemmo troppo. Giornate di scommesse senza premi, scommesse di chi si ostina a credere nel valore delle sconfitte e se ne sta fermo tra le linee nemiche senza che nessuno l'abbia visto cadere.
E lo so che fa male. Fa male da morire. Ma quanto tempo ancora può andare avanti? Ora mi dirai che: "Quello che non uccide rafforza"...
Vero, ma ricorda che, alla lunga, quello che rafforza finisce con l'uccidere. So esattamente cosa si prova quando non ci piace stare al buio ma non vogliamo accendere nessuna luce. E lo so che desideriamo solo quello che non possediamo più o che non possiamo avere. Vedi, pure che è meglio lasciare che qualcuno ci ami, altrimenti ci si trova da soli. Eppure, è meglio starsene lì da soli ad amare i solitari, quelli che ancora non hai incontrato, quelli autentici a tutti i costi che sanno quanto brucia la verità, ma anche che una ferita bisogna pulirla affinché possa rimarginarsi. Quelli che ci possano amare quanto ci meritiamo. E ci meritiamo tutto l'amore del mondo. Meglio, piuttosto che starsene al buio, aspettando che quella persona si decida ad accendere la luce.

Pensaci, che cosa stiamo cercando tutti?
Qualcuno che non possiamo ignorare.
Ma chi sono io per dirti ciò? Io sono qualla che ha sempre una gran voglia di piangere finchè qualcuno o qualcosa non la fa scoppiare a ridere, e viceversa. Io amo i sognatori, i diversi, quelli che hanno paura delle paure, ma ancor più adorano la vita... quelli meteoropatici che ancora non comprendono perché, se il cielo piange, lo debbano fare anche loro. Amo quelli che sanno chiedere scusa, che hanno il coraggio di cambiare, che sorprendono e fanno molte domande, ma al momento giusto. Amo i dubbiosi, i cinici a breve scadenza, i poeti senza versi, i testardi.
Amo il modo in cui amano, chiunque amino.
Vedi? C'è così tanto mondo da amare... il fatto è che stiamo tutti come aquiloni in attesa del vento. Bisognerebbe solo cominciare a soffiare. Cosa aspetti?
mercoledì 1 febbraio 2012
Come l'amore in inverno. (E la neve se ne frega)
Perché non si riesce ad amare l'estate quand'è il suo momento? Perché non la si ama come lo si fa d'inverno, quando la neve se ne frega? Il tempo non è mai sincronizzato con i nostri battiti cardiaci.
Forse, però, è un bene: guardate che se ci si abituasse a tutto, finiremmo col non sentire più niente. Troppe volte si finisce già con l'esistere e nulla più. Bisognerebbe continuare a cercare qualcosa in grado di sorprenderci, al di là dei nostri limiti, dentro i nostri entusiasmi, sulle nostre tristezze, rabbie e delusioni cocenti.
Bisognerebbe darsi una cartina per il cuore giacché dagli occhi la strada è troppo complicata, qualche parola in grado d'illuminarci il volto con un sorriso, un bacio a cui aggrapparci. I giorni non sono tutti uguali, così come ci sono parole troppo delicate per essere di tutti, così come ci sono infiniti modi di chiudere gli occhi e riaprirli per incrociarne di nuovi. E, gli sguardi, dove vanno a finire? Non si posso perdere come ombrelli, chiavi, forcine, amore. Gli sguardi, così come le persone, non si perdono: si smette di cercarle.
Non bisognerebbe mai smettere di cercarle. Io continuo a cercare ogni giorno: certe volte mi perdo, altre giro in tondo... cerco negli sguardi sospesi, nelle parole in potenziale, nei respiri sottintesi.
"E, l'hai trovato l'amore?"
Non è questo che importa. È il tentativo: sarà il fatto di cercarlo a salvarci. Perché, quando si cerca davvero qualcosa, il più delle volte le si è accanto. E questo è tutto ciò di cui ciascuno di noi ha bisogno: sentire qualcuno accanto, che voglia ascoltarlo dentro.
Forse, però, è un bene: guardate che se ci si abituasse a tutto, finiremmo col non sentire più niente. Troppe volte si finisce già con l'esistere e nulla più. Bisognerebbe continuare a cercare qualcosa in grado di sorprenderci, al di là dei nostri limiti, dentro i nostri entusiasmi, sulle nostre tristezze, rabbie e delusioni cocenti.
Bisognerebbe darsi una cartina per il cuore giacché dagli occhi la strada è troppo complicata, qualche parola in grado d'illuminarci il volto con un sorriso, un bacio a cui aggrapparci. I giorni non sono tutti uguali, così come ci sono parole troppo delicate per essere di tutti, così come ci sono infiniti modi di chiudere gli occhi e riaprirli per incrociarne di nuovi. E, gli sguardi, dove vanno a finire? Non si posso perdere come ombrelli, chiavi, forcine, amore. Gli sguardi, così come le persone, non si perdono: si smette di cercarle.
Non bisognerebbe mai smettere di cercarle. Io continuo a cercare ogni giorno: certe volte mi perdo, altre giro in tondo... cerco negli sguardi sospesi, nelle parole in potenziale, nei respiri sottintesi.
"E, l'hai trovato l'amore?"
Non è questo che importa. È il tentativo: sarà il fatto di cercarlo a salvarci. Perché, quando si cerca davvero qualcosa, il più delle volte le si è accanto. E questo è tutto ciò di cui ciascuno di noi ha bisogno: sentire qualcuno accanto, che voglia ascoltarlo dentro.
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