sabato 25 febbraio 2012

Scoppiare ad amare nel giro di sei lettere. (scrivere d'amore, all'amore)

Si cambia. In questa vita, si cambia continuamente e raramente la gente se ne accorge. Basta un niente: basta che una notte ritorni quel sogno ricorrente di calarsi dalla finestra attaccati a una corda di coperte... per scappare, direi.
Da cosa? Forse da una creazione degli altri di noi stessi. Per scappare da chi sa ancora fare esplodere i sogni, da chi non sorride più, perché i sorrisi stessi sembrano non volere bastare. Sembrano essere insignificanti, non rilevanti; eppure, i sorrisi, mancano più dell'aria.
Da chi non riesce quasi più a ridere e usa in modo sbagliato il verbo vivere: c'è un universo intero dentro questa parola tanto che mi scoppia qualcosa dentro solo nel pronunciarla... scoppio ad amare nel giro di sei lettere. Eppure, l'uomo, come ogni cosa, è riuscito a banalizzarla.
Ma noi scrittori, ultimi dei romantici, cinici disillusi, ci siamo sempre opposti. Ci siamo sempre opposti forse perché abbiamo capito che gli opposti si attraggono, ma questa è un'altra faccenda.
Noi finiamo così col voler soffocare le lacrime soffocando il cervello e non il cuore. Lui, è pur sempre un muscolo involontario. Ci illudiamo, ci si illude che tutto passi e possa passare come le ore che si rincorrono nell'orologio senza raggiungersi mai, come l'inverno, la gente per strada e i sorrisi.
Ma non funziona così: la fame d'amore non si sazia mai. Allora ditemi, dimmi, perché cercare di privarsene? Perché stare così, noi, che siamo già pelle e ossa?
E ancora mi trovo a scrivere... e ancora sono solamente parole e non hanno odore, e non hanno sapore. Scrivo, io. Io che ho sempre amato nel silenzio sapendo che solo nel silenzio il cuore è libero di gridare. Scrivo così mi illudo, ci illudo che scrivere sia pur sempre un modo di fare l'amore.

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