Per qualcuno, questa arriva non appena qualcosa di completamente inaspettato fa irruenza nella propria vita. Per altri corrisponde ad un punto ben calcato e forzato sulla pagina di un passato da archiaviare, e solo chi ha dovuto imprimerlo, sa quanta forza e quanto dolore siano necessari per poterlo scrivere, quel punto. Solo chi ha provato ciò, può poi smentire il tutto, e dire che sto mentendo, che quella non è la "fine" ma puro "oblio", ed io non posso che dargli ragione. Così si cerca di far fronte a tale oblio. Per alcuni, ciò significa aggrapparvicisi, a quella fine, che tanto li fa a soffrire ma non al punto del coraggio dell'oblio, piegandosi inevitabilmente ai voleri di essa ed offrendovisi quando questa lo esige.
Altri son soliti scrivere lettere senza risposta, quando la pressione del dimenticare si fa troppo forte, e necessitano della presenza del destinatario, magari dall'altro lato di un tavolino traballante di un caffé, che tanto son tutti malfermi come noi. Mentre non piove e, tuttavia, la pioggia, a questo punto, non possiede più la capacità di influire in nessun modo sull'atmosfera, da quando è diventata uno stato d'animo ed è novembre tutto l'anno.
La fine.
Fa paura. Ad essa non ci si abitua: si cela, si nasconde, viene additata.
La mia fine, è questo qualcosa che non mi dà tregua, che mi porta letteralmente ad impazzire. E no, non so se provenga dal mio passato o meno. E sì, so che questa mia confessione vi ha lasciati basiti e conferma i vostri bisbigli. Ed io mai come ora, odio quel genere di persone che di questo tormento ne fan filosofia, apprestandosi a rifiutare e disdegnare la vita, la felicità, la naturalezza in nome di un vago ideale quale "lo stato ultimo" o qualcosa del genere… Coloro non possono fare altro che indossare la maschera del tormento ed impersonare una loro idea.
Ma signori, io mi chiedo, avete mai sperimentato sulla vostra pelle questo reale male che vi sveglia la notte, in un bagno di sudore, mentre chiude la trachea fino a rendervi quasi impossibile respirare e versare lacrime per allentare la sua morsa? Avete mai provato l'angoscia di trovarvi sulla metropolitana, circondati da persone, e voler solamente urlare alle voci dentro voi di tacere per un momento?
Io non credo.

Credo in poche cose, e son quelle a cui mi aggrapo in periodi "neri spettacolari", come cantava qualcuno. Credo nei libri e nei tramonti e in ciò che può aiutarmi a dormire, giacché non è più tempo per la mia tanto amata insonnia. Credo nella filosofia, non come risoluzione o spiegazione del concetto di "fine", ma per trovar rassicurazione nelle inquiete parole già scritte da qualcun altro su quanto sia complicato sopravvivere ai propri fantasmi e, tuttavia, non poterne
vivere senza.