Martedì 12 novembre 2013, ore 17 - Settima lettera
La febbre mi ha avuta e scaraventata in un
sonno agitato fino a che, stamani, mi sono svegliata di soprassalto e ho avuto
questa sensazione incredibile che tu, in quel preciso momento, stessi pensando
a me. Certo, ho troppa fantasia o sostanze estranee al mio metabolismo e in
corpo… Magari tu pensavi al caffé che non avresti fatto in tempo a bere per il
ritardo, alla lunga giornata e al fatto che siamo solo a martedì, a qualche
parola in rima di una canzone che ti è rimasta impressa, ai massimi
sistemi : non certo a me.
Eppure, è una cosa che ho sentito così,
all’improvviso e, nel bel mezzo della
mia follia, mi sono resa conto che esiste forse qualcuno in grado di
comprendermi e che vede in me una versione migliore di quella che gli altri
hanno annientato con tanta facilità e sadismo. Che cosa volevo fare ?
Resistere, solo questo, resistere e magari andare per la mia strada. Ora mi
chiedo a che serva il coraggio di Giovanna d’Arco, dal momento che il mondo ti
mette al rogo a prescindere. Nessuno ha mai capito nulla di me, neanche questa
volta, neanche in questo pezzo di mondo… Non puoi immaginare come ci si sente, ad
avere vent’anni ed essere finalmente riuscita a scappare dal posto dove stavo
morendo, con la speranza seppur ormai debole che le cose possano cambiare, ed
accorgersi di non avere ancora imparato nulla, e che non esistono delle agenzie
di copywriting per vendere alle persone il mio carattere di merda. Sogno da una
vita che possa arrivare qualcuno a salvarmi da me stessa, pur con la ferma
consapevolezza che ciò non accadrà e che, purtroppo, nessuno si salva da solo.
Mi chiedo cosa io stia a scriverti queste cose,
dal momento che tu sapresti parlarne molto meglio di me. Ma tu sei lontano, non
mi senti urlare in preda al delirio della febbre, mentre ti ho cercato ovunque,
ma ho trovato solamente « gente » e ho fatto pagare ad ogni ragazzo
la colpa di non essere te. È un periodo strano, mi sembra di non essere
realmente qui, eppure non ho mai sentito così mio questo corpo ammaccato. Sarà
che la lucidità è rara, e la prendo con moderazione, mentre provo
ribrezzo vero il volgare innamoramento umano. Ciò che conta, dicevo, è che io
mi alzi, mangi, che non pianga e se lo faccio, almeno che sia in silenzio e
senza attirare l’attenzione. Insomma, che non mi lasci violentare dalla vita,
che tanto è limitata, e dal ricordo dei tuoi dannati occhi. Li ho amati dalla
prima volta che ho pensato : « io questo cretino, supponente, testa
di cazzo proprio non lo sopporto ». Ecco, ti scrivo il primo pensiero che
ho avuto su di te, e se lo faccio è perché tu possa sorriderne e dire di avermi
scatenato qualcosa dentro in ogni caso. Non provare mai più a farmi una cosa
del genere, capito ?! Inutile dirlo, inutile minacciarti : è
inevitabile, ed è più forte di me e, forse perfino di te.
Hai paura A.? Io sì. Cazzo ho una paura
fottuta di diventare come loro, che ciò che sono prima o poi soccomberà a
questo vivere a metà. Quindi perdonami, ecco, accidenti, non volevo
compiacerti, ora penserai : finalmente. Non perdonarmi allora, ma accetta
che io ti scriva, perché farlo è l’unico modo di sopperire alla tua mancanza,
senza che questa cresca a oltranza e mi divori. Sai cos’è stato a sconvolgermi
a tal punto ? Il fatto che che venivamo dai più estremi e nascoti angoli
in ombra della vita, ed è terrificante sapere che non ci saremmo mai neppure
sfiorati se non attraversando il burrone altrui, tuttavia troppo ampio per
pensare di tentare il salto… E, invece, non ci siamo neppure dovuti cercare, e
tutto il difficile è stato riconoscersi. Dammi torto, ridi e dimmi che sto solo
dicendo cazzate, che riconoscersi è cosa di pochi secondi e che dal primo
sguardo già sapevamo. E allora non posso fare altro che darti ragione, cosa che
detesto. Allora prendi da bere, vieni qui e brindiamo : non temere, ho già
avvertito questo mondo atroce che siamo morti, ed è quindi inutile cercarci.
Vieni qui, a sopportare questa follia, e brindiamo. Al non vivere, al per
sempre, al mai, al mio orgoglio del cazzo, all’oscenità, al sesso, alle dipendenze, alle mie bugie, alla tua arroganza, a saltare i burroni, alla realtà che sia quella che si vede, alla musica che tanto non ci
salverà, al caos, al nulla e a quella cosa sbagliata in me e dentro te, che ci rende simili.
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