lunedì 6 gennaio 2014

Dammi torto. (Io non ti sopporto)

Martedì 12 novembre 2013, ore 17 - Settima lettera
La febbre mi ha avuta e scaraventata in un sonno agitato fino a che, stamani, mi sono svegliata di soprassalto e ho avuto questa sensazione incredibile che tu, in quel preciso momento, stessi pensando a me. Certo, ho troppa fantasia o sostanze estranee al mio metabolismo e in corpo… Magari tu pensavi al caffé che non avresti fatto in tempo a bere per il ritardo, alla lunga giornata e al fatto che siamo solo a martedì, a qualche parola in rima di una canzone che ti è rimasta impressa, ai massimi sistemi : non certo a me.

Eppure, è una cosa che ho sentito così, all’improvviso e, nel bel mezzo della mia follia, mi sono resa conto che esiste forse qualcuno in grado di comprendermi e che vede in me una versione migliore di quella che gli altri hanno annientato con tanta facilità e sadismo. Che cosa volevo fare ? Resistere, solo questo, resistere e magari andare per la mia strada. Ora mi chiedo a che serva il coraggio di Giovanna d’Arco, dal momento che il mondo ti mette al rogo a prescindere. Nessuno ha mai capito nulla di me, neanche questa volta, neanche in questo pezzo di mondo… Non puoi immaginare come ci si sente, ad avere vent’anni ed essere finalmente riuscita a scappare dal posto dove stavo morendo, con la speranza seppur ormai debole che le cose possano cambiare, ed accorgersi di non avere ancora imparato nulla, e che non esistono delle agenzie di copywriting per vendere alle persone il mio carattere di merda. Sogno da una vita che possa arrivare qualcuno a salvarmi da me stessa, pur con la ferma consapevolezza che ciò non accadrà e che, purtroppo, nessuno si salva da solo.

Mi chiedo cosa io stia a scriverti queste cose, dal momento che tu sapresti parlarne molto meglio di me. Ma tu sei lontano, non mi senti urlare in preda al delirio della febbre, mentre ti ho cercato ovunque, ma ho trovato solamente « gente » e ho fatto pagare ad ogni ragazzo la colpa di non essere te. È un periodo strano, mi sembra di non essere realmente qui, eppure non ho mai sentito così mio questo corpo ammaccato. Sarà che la lucidità è rara, e la prendo con moderazione, mentre provo ribrezzo vero il volgare innamoramento umano. Ciò che conta, dicevo, è che io mi alzi, mangi, che non pianga e se lo faccio, almeno che sia in silenzio e senza attirare l’attenzione. Insomma, che non mi lasci violentare dalla vita, che tanto è limitata, e dal ricordo dei tuoi dannati occhi. Li ho amati dalla prima volta che ho pensato : « io questo cretino, supponente, testa di cazzo proprio non lo sopporto ». Ecco, ti scrivo il primo pensiero che ho avuto su di te, e se lo faccio è perché tu possa sorriderne e dire di avermi scatenato qualcosa dentro in ogni caso. Non provare mai più a farmi una cosa del genere, capito ?! Inutile dirlo, inutile minacciarti : è inevitabile, ed è più forte di me e, forse perfino di te.


Hai paura A.? Io sì. Cazzo ho una paura fottuta di diventare come loro, che ciò che sono prima o poi soccomberà a questo vivere a metà. Quindi perdonami, ecco, accidenti, non volevo compiacerti, ora penserai : finalmente. Non perdonarmi allora, ma accetta che io ti scriva, perché farlo è l’unico modo di sopperire alla tua mancanza, senza che questa cresca a oltranza e mi divori. Sai cos’è stato a sconvolgermi a tal punto ? Il fatto che che venivamo dai più estremi e nascoti angoli in ombra della vita, ed è terrificante sapere che non ci saremmo mai neppure sfiorati se non attraversando il burrone altrui, tuttavia troppo ampio per pensare di tentare il salto… E, invece, non ci siamo neppure dovuti cercare, e tutto il difficile è stato riconoscersi. Dammi torto, ridi e dimmi che sto solo dicendo cazzate, che riconoscersi è cosa di pochi secondi e che dal primo sguardo già sapevamo. E allora non posso fare altro che darti ragione, cosa che detesto. Allora prendi da bere, vieni qui e brindiamo : non temere, ho già avvertito questo mondo atroce che siamo morti, ed è quindi inutile cercarci. Vieni qui, a sopportare questa follia, e brindiamo. Al non vivere, al per sempre, al mai, al mio orgoglio del cazzo, all’oscenità, al sesso, alle dipendenze, alle mie bugie, alla tua arroganza, a saltare i burroni, alla realtà che sia quella che si vede, alla musica che tanto non ci salverà, al caos, al nulla e a quella cosa sbagliata in me e dentro te, che ci rende simili.

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