giovedì 16 gennaio 2014

Portami a camminare sul cornicione

Sabato 16 novembre 2013, ore 23 - Decima lettera
La febbre ha nuovamente deciso di tenermi compagnia, questa notte, mentre, magari, il caldo accompagna anche te verso la finestra. La vedi, quella luna imponente, che ci illumina mezzo viso ? Come sta, la tua parte in ombra della luna ? La mia, non riesce a dimenticare : le sembra un’utopia irrealizzabile e, allora, cerca di smettere di ricordare. È una cosa così assurda, questa dipendenza : « domani smetto », e, invece, domani è un altro giorno, e tutto ricomincia, e che cazzo. Assurdo, come questo volersi ma non cercarsi, perché consapevoli che, qualora si accennasse anche solo l’intenzione di farlo, ci si ritroverebbe immediatamente. Non sarò certo io, a cercarti, di questo non ti devi preoccupare : resto alla distanza necessaria, per evitare un’ulteriore collisione, che possa lasciarmi dei segni ben più profondi di un qualche livido sul corpo. Se mi fosse possibile, starei ancor più lontana da te. Sorridi ? Sto mentendo, e, ancora una volta, dannazione, non posso contraddirti.

I segni sul mio corpo sono ben visibili : « è penoso » come succhi il mio « corpo asciutto », ricordi ? Hai insistito tu, perché ascoltassi quella canzone, come se la musica potesse curare un dolore così grande. Ho poi detto di aver smesso di cercarti. Vero ma, silenziosamente, ti chiamo in continuazione. Non ti sembra possibile ? Vuoi capire che quello che sento dentro mi sta disintegrando ? Posso mentire : dire che ti ho dimenticato, che di me posso fare quello che voglio, che oggi, nella tua vecchia città non ho pensato di stare passando in strade che hai sempre percorso tu, e che avrei voluto essere lì, a correre con te, quella volta che, correndo, ti sei sentito vivo. C'era chi non voleva correre. Ricordi ? Insomma, potrei dirti che è sabato sera, sto bene, sono in giro con gli amici che non ho, a parlare di cose che non mi appartengono, in una città che odio e non sento più mia.
Potrei poi ribadirti che sì, ho smesso di cercarti. Queste sarebbero bugie plausibili. Ma come la mettiamo col fatto che smettere di odiarti e, di conseguenza provare l’opposto, è tutta un’altra questione ? Perché, mi chiederai. Guardami, guardami negli occhi, così che io possa fare uno sguardo impenetrabile e dirti che è successo perché doveva, perché mi hai sbattuto la realtà in faccia quando cercavo riparo dietro a qualsiasi scusa per non vedere, perché proprio in quel momento, hai smesso di darmi un senso, e vedermi realmente. Il fatto è che tu mi hai travolta quando già ero distesa a terra, all’improvviso, in quelle notti bianche come il cielo del passato febbraio, tutto senza che io potessi fermarti. Ti sei infilato nelle mie vene senza nemmeno il bisogno di un laccio, di un ago e di prendere le misure. Ti ho lasciato fare, pensando di poter smettere in ogni momento io volessi, salvo poi accorgermi troppo tardi che non sarebbe stato possibile, perché avrebbe voluto dire dover rinunciare a quella parte di me che eri riuscito a rianimare, mentre se ne stava a terra : tra i piatti rotti di una schifo di relazione vuota e a senso unico, ormai finita. Hai creduto che questo ammasso di ossa psicolabile, se provocato al punto giusto, avrebbe ancora potuto reagire, e ritornare ad alimentare quel poco caos ancora presente in sé.


Portami sul tetto di un edificio, che ho voglia di camminare in equilibrio sul cornicione e urlare. Cosa mi rimane da gridare alla luna ? Il fatto che io sia stata un vero disastro… Perché mi hai creduto ?! Cosa hai visto in me prima, che ti ha intrigato e, poi, spaventato ?! E, poi, dimmi un po’, in fondo, cosa abbiamo da perdere ? Non guardarmi con gli occhi spalancati, non avvicinarti o, giuro, faccio un passo di troppo in là. Ti dirò un grande segreto : ho paura di te, di me. Ho paura, perché se tu mi facessi quella fatidica domanda, se mi chiedessi cosa ho sacrificato per seguire il mio sogno… Non potrei ancora risponderti « tutto ». Prendimi : improvisamente ho una grande vertigine, e la febbre mi fa tremare, mentre i miei sogni, in lontananza, esplodono e le speranze crollano. Allora, dimmi, A., le idee ? Almeno le idee, ci sopravvivono ?

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