Venerdì 15 novembre 2013, ore 02 - Nona lettera
Ci sono giorni in cui non esisto. Oggi è stato
uno di quelli. Ti capita mai di lasciarti trasportare dalla vita ? L’ultima
volta che ho lasciato cadere a terra tutte le barriere, mi sei piombato
davanti. Ecco, confesso di averci
riprovato oggi, con risultati alquanto scarsi. Onestamente, dove ho
sbagliato ? Proprio non so. Quello che so, invece è che ho una voglia
incredibile di trovarci in cucina, di notte, a chiacchierare di quanto tutto
questo sia assurdo.
Vorrei che tu potessi capire che non ho
nessun desiderio di raccontare tutto ciò ad altre persone, ma voglio scriverlo
a te, perché mi hai svegliato questo strano impulso a raccontare, che ogni
giorno perduto è un delitto. E si è svegliato così, all’improvviso, nel bel
mezzo della mia vita, perché prima di trovare un fiore raro in questo,
campo di comune grano, non avevo mai conosciuto questo tipo di desiderio sconsiderato.
In che senso, ti chiederai, ammiccando. In tutti.
Da dove cominciare ? « Comincia dove
vuoi. Il resto verrà da sé. » Dunque, versa del caffé e ascoltami. Stamani
la sveglia ha suonato per riportarmi di nuovo in un sonno di piombo, giacché ho
fatto il terribile errore di mettere quella canzone dei Placebo come suoneria,
come se per ricordarmi di te, avessi bisogno delle parole di una canzone… All’università,
ho sentito la tristezza dilagarmi in corpo, nel vedere le amorevoli attenzioni
che il professore donava al suo bambino, lì per la giornata in cui i figli
possono ancora vedere al lavoro i loro padri, credendoli grandi uomini. Io, un
padre, non l’ho mai auto a quel tempo
. E scrivere finalmente queste parole è come une
pugnalata in petto, che lentamente mi dissangua, e mi porta via energie vitali.
Sono scappata, lo ammetto. Ho preso la borsa, la giacca, e sono uscita di corsa
dall’aula. Sono scappata a nascondermi in bagno, a singhiozzare, come quella
bambina alla quale hanno tolto tutto : speranze comprese. Ti ci sarebbe
voluta una forza disumana, per convincermi ad alzarmi e a asciugarmi gli occhi,
dal momento che ci sono certi dolori che è meglio buttare fuori completamente.
Bulimia sentimentale. Il secondo motivo, invece, è che oggi mi piace pensarti
anche tu, con la testa altrove, perché in queste giornate d’attesa fuori è sempre
buio e, dentro, impazza la tempesta di pensieri, mentre tutto ciò di cui
necessitiamo, è un abbraccio che ci rompa le costole. A me, basterebbe un tuo
segnale, dopo quel : « ci sentiamo ». Ma quando ?
Dopo ? Sta sera ? Domani ? Fra una settimana ? Fra un
mese ? O, mai più ?
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