mercoledì 15 gennaio 2014

I giorni in cui non esisto. (Non sono una codarda)


Venerdì 15 novembre 2013, ore 02 - Nona lettera
Ci sono giorni in cui non esisto. Oggi è stato uno di quelli. Ti capita mai di lasciarti trasportare dalla vita ? L’ultima volta che ho lasciato cadere a terra tutte le barriere, mi sei piombato davanti. Ecco, confesso  di averci riprovato oggi, con risultati alquanto scarsi. Onestamente, dove ho sbagliato ? Proprio non so. Quello che so, invece è che ho una voglia incredibile di trovarci in cucina, di notte, a chiacchierare di quanto tutto questo sia assurdo.
Vorrei che tu potessi capire che non ho nessun desiderio di raccontare tutto ciò ad altre persone, ma voglio scriverlo a te, perché mi hai svegliato questo strano impulso a raccontare, che ogni giorno perduto è un delitto. E si è svegliato così, all’improvviso, nel bel mezzo della mia vita, perché prima di trovare un fiore raro in questo, campo di comune grano, non avevo mai conosciuto questo tipo di desiderio sconsiderato. In che senso, ti chiederai, ammiccando. In tutti.


Da dove cominciare ? « Comincia dove vuoi. Il resto verrà da sé. » Dunque, versa del caffé e ascoltami. Stamani la sveglia ha suonato per riportarmi di nuovo in un sonno di piombo, giacché ho fatto il terribile errore di mettere quella canzone dei Placebo come suoneria, come se per ricordarmi di te, avessi bisogno delle parole di una canzone… All’università, ho sentito la tristezza dilagarmi in corpo, nel vedere le amorevoli attenzioni che il professore donava al suo bambino, lì per la giornata in cui i figli possono ancora vedere al lavoro i loro padri, credendoli grandi uomini. Io, un padre, non l’ho mai auto a quel tempo
. E scrivere finalmente queste parole è come une pugnalata in petto, che lentamente mi dissangua, e mi porta via energie vitali. Sono scappata, lo ammetto. Ho preso la borsa, la giacca, e sono uscita di corsa dall’aula. Sono scappata a nascondermi in bagno, a singhiozzare, come quella bambina alla quale hanno tolto tutto : speranze comprese. Ti ci sarebbe voluta una forza disumana, per convincermi ad alzarmi e a asciugarmi gli occhi, dal momento che ci sono certi dolori che è meglio buttare fuori completamente. Bulimia sentimentale. Il secondo motivo, invece, è che oggi mi piace pensarti anche tu, con la testa altrove, perché in queste giornate d’attesa fuori è sempre buio e, dentro, impazza la tempesta di pensieri, mentre tutto ciò di cui necessitiamo, è un abbraccio che ci rompa le costole. A me, basterebbe un tuo segnale, dopo quel : « ci sentiamo ». Ma quando ? Dopo ? Sta sera ? Domani ? Fra una settimana ? Fra un mese ? O, mai più ?

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