martedì 27 dicembre 2011

Come si perdono gli accendini. (Ciao C.)

Desidero la pioggia incessante, che la mia tavoletta di cioccolata bianca si rigeneri e un mascara che non mi colori della tonalità della notte le lacrime.
Si perdono le persone, le anime, come si perdono gli accendini. Ci si illude di potersi dimenticare di loro come si dimenticano i quaderni a casa, salvo poi accorgersi che non è che una mera illusione.
Ciao C. te ne sei andata in un giorno soleggiato di questo rigido dicembre di ricordi atrofizzati, prati ancora fioriti e lacrime di ruggine. Chissà se stai dormendo, contanto le stelle, correndo in quel cielo (with diamonds) o aggrappandoti alle nuvole. Sappi che ci sarò, ovunque tu andrai. Ciao C., che eri il mio piccolo amore, muovimi il sole e l'altre stelle, come disse qualcuno.
Ciao dicembre, ti sei portato via anche lei.
Ciao mondo, che ti prende? È da un po' che sforno biscotti e perdo colore dagli occhi.
E mi continuo a chiedere come si faccia ad amare, amarsi così tanto per poi lasciarsi andare via? Le certezze, oggi, sono poche. Rimangono le abitudini e gli occhi: quelli rimangono sempre.
Mondo. Ridammi indietro la certezza di potere usare le parole "io" e "forte" nella stessa frase, ridammi tutto.
Sto cercando di capire da che parte arriva l'aurora boreale, da dove vengono i miei pensieri... forse non dovrei più pensarci e scrivere, o semplicemente lasciare perdere. Lasciare cadere questo silenzioso sentimento di rancore, rabbia, delusione, tristezza con tutto il suo rumore. È inutile che mi dimostri forte, ora con questa mia allegra tristezza che mi ritrovo. Mi vedessi ora, te, forse capiresti che non è stato il tempo a farci cambiare. È che ne abbiamo passate troppe. Ma, putroppo, i ricordi non consolano nessuno.
Ciao mondo, mi hai fatto diventare i biscotti salati e le notti amare, sei contento? Allora vieni qui, che ti offro una bella tazza di té che tanto, ho capito, miracoli non ne fa.

sabato 24 dicembre 2011

Amatevi.

A chi sa di essere stonato ma, dal momento che nessuno glielo vieta, canta comunque. A chi ci ha messo cuore, ma altrettanto cuore non ha trovato. Ne ha messo forse troppo? Forse, non ha dosato bene gli ingredienti: nessuno ha mai posseduto la ricetta esatta per la vita.
A chi, ricevendo solo limoni da quest'ultima ha risposto: "Grazie, adoro i limoni. Che altro c'è?"
A tutti quelli che al mattino hanno il coraggio di portare con sé i propri sogni e difenderli con le unghie e con i denti: sono gli ultimi dei sognatori, quelli che ancora sottolineano le frasi dei libri e cucinano torte. I veri eroi.
A chi ha rischiato di annegare nell'alluvione delle proprie lacrime. Chi se n'é andato e ha avuto il coraggio di uccidere l'orgoglio e tornare.
Chi non si è limitato a scegliere di non morire, ma ha optato per vivere.
A tutti quelli che ancora non capiscono perché se il cielo piange, debbano farlo pure loro.


A tutti voi, noi, auguro un felice Natale e giuro che avrei tante cose da dire, ma per il momento l'unica cosa che mi viene in mente è: amatevi.

giovedì 22 dicembre 2011

Perché amare è complicato.

Scrivo perché ne sento terribilmente il bisogno ultimamente. Per me stessa, per chi ha voglia di leggere, perché sento di doverlo fare. Volete forse che smetta? No? Allora smettete voi, di chiedermi perché scriva...
Scrivo se di notte non riesco a dormire perché i pensieri sono troppo chiassosi; perché sono molto, troppo razionale. Ma è anche vero che senza razionalità non risulta possibile immaginare.
Perché amare è complicato. È un concetto che non si è in grado di spiegare poiché amare è e basta. Scrivo perché se non esprimo certi sentimenti mi sembra di trovarmi col meglio di me tra le mani, mentre non c'è nessuno che lo cerca, nessuno a cui donarlo.
Questo so, così come conosco il motivo, la fregatura, per la quale si comincia a scrivere. È il fatto di poter usare il condizionale. È il poter dire ciò che non si è mai detto agli altri: "Mi hai stancato", "Ti odio", "Amami" anche se, quest'ultima cosa non sempre è possibile. Scrivendo dò tutta me stessa, ci metto ogni parte di me. Le persone vanno via comunque, è vero, ma scrivendo si fa in modo di non diventare mai ricordo: di essere sempre presente e mai passato o, meglio ancora, condizionale. Credo poi che le persone non se ne vadano mai realmente se ti portano con sé.
Scrivo perché la memoria è breve e la vita lunga, fa meno male avere nero su bianco le emozioni, i fogli profumano di un odore che mi piacerà sempre. Perché ci sono cose a cui continuo a pensare, che lo voglia o meno, ma che per quanto possano fare male, va benissimo così.
Scrivo. Anche se, alle volte, vorrei solo saper parlare. La gente parla, sapete? La gente parla di continuo. Dice tutto, tralasciando il fondamentale. Parla di ogni frivolezza, dietro le spalle dei soggetti delle proprie frasi, senza risolvere mai nulla. Che sciocca la gente, non credete? Finge e si nasconde. Cerca di complicarsi la vita. Oh, sì la gente è sciocca: si fa del male continuamente, le persone si feriscono ripetutamente a vicenda, con le armi, con le parole, coi silenzi.
Scrivo perché nessuno mi ha più baciata sulla fronte, perché credo che chi ha bisogno di un abbraccio non è debole, ha solo bisogno di un abbraccio.

lunedì 19 dicembre 2011

Brucia, dicembre, quanto brucia.

Eppure non importa se i sogni che possediamo sono talmente tanti da sovrastare il numero di stelle a cui appenderli, dal momento che i mostri se ne stanno al caldo sotto al cuscino e gli incubi hanno la forza sufficiente per aggrapparcisi ai capelli. Oggi questi ultimi mi causano un po' di freddo all'anima e il gelo inizia a screpolarmi anche il cuore. Freddo che pure la cioccolata calda non riesce ad alleviare, e le altre tre tazze di bevande calde nello stomaco finiscono solo per stordirmi.
Nottate, giornate come quelle passate fanno sembrare quei sogni troppo fragili per la morsa di questo gelo, per i morsi degli incubi che se li mangiano in un boccone...
Eppure le lacrime son calde e bruciano. Quanto brucia dicembre.
Scrivo male oggi, non ho grandi parole nè poesie in testa, ma solo pensieri random confusi e annebbiati. Oggi non scrivo per gli altri, scrivo per me. Volete capire altro semplicemente leggendo quello che scrivo? Ebbene, sappiate che metto un punto tutte le volte che penso che troppe parole finiscano per essere inutili. Metto un punto quando mi sento un po' spenta e con poca voglia di parlare. Punto quando nascondo tutto dietro il mio finto menefreghismo, cinismo, indifferenza, chiamatelo come volete voi. Il punto sta zitto, il punto è silenzio.
È che se non scrivo la testa sembra volermi scoppiare. È che se non scrivo le lacrime finirebbero per tingersi di nero e rovinarmi il sorriso, il trucco. Sono grande. Devo esserlo: questo mondo ci vuole grandi perché possiamo arrivare in alto. Solo che io son rimasta alta un metro ed una lattina. Solo che in alto vedo solamente i miei yogurt al supermercato. Solo che "pensavo a quanto è inutile farneticare
e credere di stare bene quando è inverno e te, togli le tue mani calde... non mi abbracci e mi ripeti che son grande".
Ho recuperato quel che resta dei sogni e li ho messi nel cassetto del comodino alla rinfusa, spiegazzati, sgualciti, al rovescio: non importa come. Importa il sapere dove sono. Importa il fatto che questo freddo non uccida nessuno e che, forse, mettendo una sciarpa e qualche maglia in più al cuore ed all'anima posso continuare anche su una strada diversa. Tanto, i sogni, stanno bene ovunque; non solamente in questa parte di cielo, di mondo che è troppo piccolo per tutta la vita che mi sta scoppiando dentro.
Brucia, dicembre, quanto brucia.

domenica 18 dicembre 2011

Sulla cioccolata appena versata.

Vorrei prendere violentemente a pugni quei sogni che al mattino mi abbandonano, strappandomi di dosso anche il piumone, in questo freddo mondo. Vorrei esistesse un sindacato di leggittimità o un intervento interpretativo per i sogni in generale, dal momento che gli incubi sono già chiari e tendenzialmente rivoluzionari per conto loro.
Ora, del loro ricordo che mi appare sfumato come la condensa sui vetri della mia anima, dove con un dito ho imparato a scrivere i miei pensieri, riesco a percepirne solamente il profumo tra il latte caldo e la polvere di cioccolato. Tra uno sbadiglio e una lacrima, finisce che mi ritrovo a piangere sul latte appena versato. Cosa da non fare, nevvero?
Il loro profumo non somiglia a quello delle foto della polaroid, ricordi per eccellenza, per menti poco allenate, per fantasie sintetiche e felicità precarie. Somiglia di più a quello di quella felpa troppo grande, della coperta che ogni notte mi tengo stretta sotto il piumone.
Avrei talmente tante cose da dirgli, talmente tante cose da raccontare che finisco per lasciare fare. Sto a guardare, questi sogni, mentre ridipingono la mia vita, per poi dissolversi, nascondersi nei silenzi.
Io cerco di capire comunque, l'ho sempre fatto. Come loro con me, come tu con me, come me con noi.

venerdì 16 dicembre 2011

Sai, mamma, dovremmo avere un bel piatto da tirare a chi se lo merita.

Alle volte si arriva ad un punto così friabile ed instabile che per colmare un vuoto, per annientarlo, occorre solo un ulteriore vuoto. Questo credo oggi, mentre la pioggia sta finalmente portando via questa confusione in una giornata tranquilla, piena di pensieri nascosti molto urgenti; così delicati, così disperati che se ne stanno lì a bagnarsi, come l'autunno che se n'è andato, come le paranoie mentali che ci assalgono prima di addormentarci.
Sai, mamma, noi donne siamo davvero strane: crediamo di poter cambiare il mondo, di poter farlo innamorare con un semplice sorriso, che sia facile ricordarsi di dimenticare... il fatto è che i ricordi non consolano nessuno. Certo, possono essere belli, oppure il contrario, ma non possono consolarti: sono cose passate, sono cose andate. I consigli, poi, sono solo parole e con le parole non si possono sostituire i fatti.
Siamo tutti supereroi, a parole... quando si tratta di parlare escono certi poemi!
Alle volte, invece, io e te dovremmo avere un bel piatto, magari anche prezioso, da lanciare dietro a chi se lo merita, oppure delle mani più grandi per pugni più verosimili.
Non si può vivere di speranze. Con le speranze si viaggia pesanti.
Crescendo ho imparato tante cose e tante me le hai insegnate anche tu. Putroppo ho anche imparato a capire che ogni cosa ha una fine, anche contrariamente, anche indipendentemente al nostro volere, a noi. La vita è imprevedibile su pressocchè tutto il suo dominio. Questa vita è capace di tramutare la "solita insufficienza" in matematica di una come me in un buon risultato; di dare una seconda occasione con dei presupposti favorevoli per intrapprendere una strada diversa.
Questa vita è imprevedibile, inutile cercare di prevedere le sue future mosse. Spetta solo a noi muovere le pedine a nostro vantaggio.
Bisogna avere coraggio di fare "scacco matto". La vita è troppo breve per non viverla liberamente. Per non viverla appieno.

giovedì 15 dicembre 2011

Ciao mondo, ciao teatro dell'assurdo

Mi hanno chiesto di scrivere. "Di cosa?"
"Di qualsiasi cosa, dal momento che un senso, come dici, non c'è."
Ciao mondo, ciao teatro dell'assurdo dove la poesia ha già da tempo cessato di esistere. Qui, se la musica non ha lasciato traccia, è perché le sue stesse parole un senso non lo possiedono e quindi non ci si può fermare a carpirne il significato.
Se i libri si scaricano da internet e nessuno si sofferma più a sentirne il profumo, a sottolinearli e a lasciare ad essicare fiori all'ultimo capitolo; il tempo per sognare, per cambiare il mondo, per correre sotto casa con un mazzo d'insalata (sì, proprio così) ad aspettare, dove sta? E cosa siamo diventati di preciso? Incompatibili, pezzi di puzzle diversi? Lo siamo sempre stati: incompatibili, ma per il fatto d'essere due pezzi identici.
Cosa potevamo diventare d'altro in questo mondo dove tutto ciò che vediamo è nient'altro che una realtà alla quale la maggior parte di noi si arrende? Dove i professori hanno deliri di onnipotenza e le vipere sembianze sì orrende, ma pur sempre umane?
"Allora, Alis, perchè..."
Il conformismo ha assalito anche te o, meglio, ti si é appiccicato addosso come melassa.
Mi hanno chiesto di scrivere, mi hanno guardato con sguardi desiderosi di capire senza chiedere niente. Volete risposte? Perchè semplicemente non mi leggete? È così difficile arrivarci? Pare di sì.
Cosa devo fare ancora? Devo fare piovere, cosicché l'acqua sciolga il colore col quale avevo pitturato le rose, rivelando la loro vera natura? Quante cose potremmo capire dalle persone semplicemente leggendo quello che scrivono...
Ecco, te, mondo o chiunque stia a leggere queste parole senza accennarvi replica o risposta, dimenticandosi che chi tace acconsente, sai, le persone sono come i libri. Hanno tanto da raccontare, ma vi differiscono solo nei capitoli che, negli uni sono opere complete, mentre ogni persona è infinita: ha un mare di emozioni dentro. Nessuno lo ammette, però. La gente preferisce crogiolarsi nei propri dubbi piuttosto che conoscere la verità.
Ci stai bene? Vero, ciò che non uccide fortifica. Tutto "fortifica" se la vogliamo mettere su questo piano. Ma, però, ricorda che ciò che "fortifica", prima o poi, uccide. Allora resta(te) pure lì, tanto è un processo assai lungo, però almeno, spiega(te)mi:

"perché dovrei scrivere al mondo, dal momento che non ha mai scritto a me?"

domenica 11 dicembre 2011

La solita insufficienza

Accade che ci siano attimi in cui le emozioni ti colpiscono a tradimento ed il cuore si svuota.
Accade che riaffiorino alla coscienza per brevi istanti finchè non prendi un lungo respiro e le rimandi giù insieme ad un sorso di té. Mi han detto che faccia miracoli: fa passare tutto. Anche questo? Tutto passa. Perchè sorridi? No, stavo solo pensando a quest'assurdità. Al fatto che ci sono persone che ti colpiscono al primo impatto ed altre che vorresti colpire violentemente al primo impatto. Perchè ho continuamente a che fare con le seconde?
Non c'è nessuno con cui io possa parlare di libri, guardare film eccentrici e ridere di tutto ciò che la gente dice. Vedete? Non è vero che sono insensibile: non esistono persone insensibili, ma solo emozioni che non risalgono in superficie. Non è vero che non m'importa niente di nessuno. È vero, che sto bene così. Non è vero per niente, invece.
Non la sentite questa nostalgiamistaarabbia che colpisce a tradimento nei momenti meno opportuni, che so mentre infilo le chiavi nella serratura, metto a bollire l'acqua o cerco di raggiungere la mia solita insufficienza in matematica? Non sono insensibile. Non sono superiore. Non sono neppure perfetta, ho un milione e più di difetti. Non rifaccio mai il letto al mattino per tirarne in ballo uno, il mio armadio è una sedia e così finisce che quando crollo lo faccio direttamente a terra rendendomi doppiamente difficile rialzarmi, dimentico costantemente le chiavi di casa, dove ho messo l'ombrello quando piove, mangio la marmellata a cucchiaiate direttamente dal vasetto costringendo mia madre a comprarmente uno tutto mio... sono terribilmente permalosa e potrei fare una lunga lista di tutti i miei difetti.
Ma questa volta non è mia la colpa. Mi sono stancata. Tutto qui. Semplicemente ne ho abbastanza di chi non ha il coraggio di chiedermi direttamente cosa ci sia. Ho capovolto tempo fa questo mondo che metteva me al contrario ed ho allontanato qualunque traccia dei fantasmi di quel periodo in cui ero terribilmente allergica agli abbandoni. Vero, non mi causano più nessuna reazione immunitaria spropositata. È che alle volte uno starnuto che mi fa lacrimare gli occhi lo causano. È che a volte servirebbe solo un po' più d'amore, come una carezza o una semplice smorfia, come mia madre quando mi prepara un té. Che, han detto, fa miracoli.

sabato 3 dicembre 2011

L'amor cortese

Non scrivo per dire qualcosa, scrivo perchè ho qualcosa da dire. Abbiate pazienza, lasciatemi chiudere gli occhi un momento. Sto cercando le parole per descrivere cosa provo, come sto...
Le ho cercate troppo a lungo in quelle di altri cortesi scrittori, ma non ne ho trovato alcuna. Noi, non sappiamo più cosa sia l'amor cortese. Tutti tacciono. Tutti mentono. Si innamorano e soffrono. Sbagliano e chiedono perdono. O, semplicemente, tacciono.
Siamo tutti architetti di castelli in aria, avvocati delle cause perse.
Noi che scriviamo, intendo. Siamo come cantanti senza voce. Scriviamo dei sentimenti che traspaiono dalle vite delle persone, dalla nostra, dagli sguardi della gente che torna a casa la sera e dalle foglie che leggiadre cadono a segnare che non si sta più "come d'autunno", ma è ormai inverno.
Inverno? Proprio così. Mi sono distratta un momento ed il mondo ha girato ancora una volta troppo in fretta. Son cadute le foglie, è crollata questa pazza economia in questo pazzo mondo.
"Non preoccuparti. Tu non crolli mai."
Magari. Io crollo. Dentro, fuori... io crollo continuamente.
Sono una frana, sapete? Una frana di pensieri che si alternano nella mia testa spettinata. Ma qualcosa che crolla si può sempre ricostruire...
Allora saranno tante le parole che scriverò, forse alcune somiglieranno a quelle che ho già scritto, altre non avranno senso alcuno, altre ancora risulteranno banali. E se saranno troppi, i pensieri, aspetterò che la pioggia porti via questa confusione.
Qualcuno che non rammento una volta mi disse che se dovessi essere una stagione, sarei l'estate. Su questo si sbagliava. Io, sarei l'autunno, poichè anch'io leggera son caduta come le sue foglie. Poi l'inverno mi è passato sopra, ed ora è l'inizio. Sono caduta: una parte di me si è frantumata in mille pezzi e non esiste più. Non era la fine, semplicemente l'inizio di una nuova me.
Lo griderei al mondo se ci riuscissi, ma ho solo una voce d'inchiostro, un pubblico di bianca cellulosa e le urla dentro i miei pensieri.

"...e per struccarti useranno delle nuvole cariche di pioggia, adesso che sei forte, che se piangi ti si arrugginiscono le lacrime."

martedì 29 novembre 2011

Quanta capienza ha, un cuore?

I giorni di questo novembre (senza pioggia) sono quasi passati come le tracce di una storia, i ricordi delle abitudini che non ci appartengono, così: come solo le cose belle sanno passare senza rumore, senza far male.
Ho riflettuto e camminato a lungo oggi. Oggi che il buio delle cinque mi ha sorpresa quando il mio tè era già finito e non vi era restato neppure il fantasma di un sogno aggrappato alla bustina.
Ho camminato a lungo, apparentemente in solitudine, giungendo alla conclusione che in realtà non fosse affatto così: ci portiamo dentro, costantemente, chi non siamo riusciti ad avere accanto. Pensateci, così facciamo tutti.
Ho pensato al fatto di avere scritto poco ultimamente, vero. Sarà che mi piace scrivere quando ho qualcosa da dire. Ora? Ora, sinceramente non saprei. Non lo so perché un po' mi sento vuota, un po' tradita da chi mi diceva che scrivendo le cose restano. Non ne sono più così certa. Il fatto è che alcune cose bisogna lasciarle uscire, altre tenerle dentro.
Il fatto è che se non scrivo queste cose sembrano volermi implodere dentro e la testa scoppiare. Perché, in fin dei conti, quelle cose che devono uscire, venire dette, lo fanno da sé nella vita quotidiana, senza fatica, senza indugio.
E le altre? Devo trattenerle, ricordarle tutte? Quanta capienza ha un cuore?
Il mio non molta e così cominciano a trasparirmi dagli occhi tramutandosi in lacrime salate e tradendolo. Fuggono, quelle sensazioni. Fuggono come la vita che "non s'arresta un'ora". Rimangono gli occhi, i messaggi sulle altre pagine e gli stati d'animo. Restano pure i sogni che nuotano e si prendono gioco del mio amo al profumo di zenzero e di me, fermamente convinta di riuscirne a pescare uno, un giorno, in questa tazza di té.
Il fatto è che scrivo perché la memoria è breve, la vita è lunga.
Scrivo perché mi è sempre piaciuto il nero sul bianco e l'odore dei fogli appena stampati.
Scrivo perché altrimenti la testa rischia di scoppiarmi.
Scrivo per chi non si lascia un cenno ma magari ancora mi legge.
Scrivo perché altrimenti vado là e l'ammazzo.
Non sono una scrittrice...
Scrivo, punto.

sabato 19 novembre 2011

La rabbia è una colla scadente.

Non temete. Questa sera nessuna divagazione nè sparata filosofica.Non voglio fare finta nemmeno di perdermi. So dove sono. Sto aspettando. Sono in una stazione e ho deciso di non prendere nessun treno finchè non arriva quello con una faccia che rispecchi la mia ed il potere di fermare il tempo nell'attimo in cui siamo felici. Potrà avere tutti i difetti del mondo, nascondere chissà quale terribile segreto in un quadro, rapinare banche o perchè no, assaltare navi...
non ha nessuna importanza.
Ma siamo nella realtà ed i film sono solo grandi bugie messe in scena, l'amore non esiste e nulla è per sempre. "Per sempre felici e contenti", che gran bugia! 7
Arriverà sempre qualcuno che prenderà il vostro posto in qualcosa e voi starete solo a guardare.
Io mi sono messa seduta con lo sguardo fisso altrove ed ho imparato ad aspettare.
Ho imparato a guardare avanti, anche se credo fondamentalmente nel passato e poco nel futuro, sempre nelle bugie e mai nella verità.
Sto aspettando con una grande voglia di farmi colpire in pieno petto da una felicità delirante.
Ma sono qui, aspetto, ho mal di testa e cerco la mia vena poetica. Le parole non escono più con l'inchiostro della mia penna. Vado avanti a macchie. Macchie su chi non voglio vedere, macchie sui miei fogli, sulla mia vita. Ecco, capito perchè il ritorno al nero?
Chi è morto? La poesia.
Fattostà che non riesco più a dare un senso a quello che scrivo. Non ha importanza, non importa a nessuno.
Vena poetica perchè te ne sei andata pure tu? Non ti sto aspettando, ti sto cercando da un po' di giorni a questa parte.
Mi manchi, sai?
Quando rileggo quello che scrivevo tempo fa mi fa uno strano effetto. È come mettermi nei panni di una perfetta sconosciuta. Mentre mi chiedo: "cosa t'ispirava?".
Non lo so. Me ne sono dimenticata. Forse mi è semplicemente scappato dalla mente, uscito dalla mia vita.
Allora?
Sapete che c'è? C'è che forse è meglio finire qua con queste parole vecchie e nuove. C'è che quando non si hanno parole sarebbe meglio tacere.
Vero.
Ma è anche vero che si potrebbero mettere insieme quelle vecchie, e sperare che dicano qualcosa di nuovo. Ma come possono farlo? La rabbia non è una colla scadente.

giovedì 17 novembre 2011

Ma il cuore, è un muscolo involontario...

È quasi inverno e la strada si svuota. Rimangono solo i miei respiri che prendono forma e colore nel gelo della sera. Come i pensieri?
No. I pensieri sono in continua mutazione. I respiri, invece, sono tutti uguali, come questi lampioni con le lampadine un po' spente, come queste giornate, come le "originali" confezioni dei biscotti natalizi.
Come tutti noi, fondamentalmente.
Fondamentalmente siamo tutti uguali, con lo stesso identico numero di ossa, polmoni e cuore: uno solo, fortunatamente. Poi? Beh, ognuno diventa diverso nel suo essere terribilmente banale, umano.
Sì, c'è chi ha camice a quadri, chi s'avvinghia alle persone con i suoi viscidi tentacoli ed intenzioni, chi ha il mare dentro e gli occhi di cristallo.
Io, di cristallo, ora sento solo le lacrime che quando cadono danno un rumore assurdo. Allora, alzo il volume della musica fino a spaccarmi i timpani, che magari il cuore rimane integro... a me, in sere come questa, sale una malinconiamistaatristezza che si appiccica addosso come melassa. A voi no?
È la consapevolezza di sapere che troppo spesso guardiamo il cielo per trattenere le lacrime e che, alle volte, vorremmo tanto non vederle, quelle stelle. So che questo mondo, quando ci si mette d'impegno è crudele... ma avreste il coraggio di cancellare tutti quei puntini luminosi solo per un capriccio? No.
Dico pure io no. Questa volta agirò esattamente come mi sento e lascerò che i miei sentimenti mi scivolino addosso e s'infrangano a terra, con le lacrime, come pioggia sull' asfalto.
Abbasserò la testa, calciando un sassolino capitato nel posto sbagliato. Usciranno fiumi di lacrime: dal mare alla fonte. Sì, al contrario, come questo mondo che un senso non ce l'ha-
Gli occhi si gonfieranno, le guance si coloreranno. Starò male, malissimo.
Sono quegli attimi di crisi che durano un poco ma mi riducono a pezzi.
Basta un abbraccio a ricompormi.
Starò male, ma mi sentirò bene. Forse anche meglio, possiamo chiuderci tutto dentro ma il cuore, è un muscolo involontario.

domenica 13 novembre 2011

Che ne direste, invece, di fare tardi questa sera?

Se anche voi vi svegliate di soprassalto nel momento più bello dei vostri viaggi onirici chiedendovi dove vanno a finire, poi, quei sogni una volta aperti gli occhi. Se sapete che non riuscireste mai a coglierli al buio, ma non potete accendere la luce.
Se dopo diciotto anni avete scoperto che il cioccolato, in fondo, vi piace. Molto.
Se d'autunno fate l'errore di chiudere la giacca coprendo bene ciò che avete, l'amore che possedete... dimenticandovi di quella canzone, di quel consiglio di celare un po' quel sentimento impetuoso ma no, di non nasconderlo mai sotto il mantello. A volte passa qualcuno, a volte c'è qualcuno che deve vederlo.
Allora, vi capisco perfettamente.
Allora potete pure star lì ad aspettare un giorno di pioggia, togliere le scarpe ed andare a dormire presto la sera cercando di allontanare quel stare un po' "così". Come le briciole, come le nuvole.
Ma, che ne direste, invece, di fare tardi questa sera? Dal momento che non vi fate più compagnia e nè avete più la stessa ora, voi dormite e lui, lei chissà dov'è. Raccontate delle vostre guerre che nascondete dietro a quel sorriso. So già tutto quello che vorreste dire, sapete?
Ma aspettate, lasciate che sia io ad iniziare... già sento il sonno che avanza, siate pazienti.
Vi dirò che credo che rimangano negli occhi, quei sogni, e lì riflettono la realtà facendoceli lacrimare così facilmente in periodi come questo: periodi "così", come la panna quando non si monta e il soufflè quando si sgonfia. Se anche voi vi sentite torte lievitate malamente, consapevoli che questo errore di calcolo è dato semplicemente dalla mancanza di quel pizzico di sale che vi scuote dentro e devasta all'esterno. Allora, vi dirò quello che nessuno dice mai. Ve lo dirò io stessa con parole semplici, non temete.
Vi dirò che i ricordi sono micce di facile accensione, che se questi non svaniscono, allora, le storie in fondo non finiscono. Ci sono molte cose che non buttiamo per paura che qualcuno le raccolga.
Ma siamo sempre ancora in tempo per ricominciare a riderci sopra, per scrollarci tutto e vivere.
Credo che questo sentire sia normale...

Credo che sia meglio lasciare che qualcuno ci ami quando questo capita. Credo sia meglio rispondere alle domande, senza scappare per non essere poi costretti a rincorrersi più avanti.
Che siamo fatti per sbagliare, e poi tornare indietro. E desiderare sempre quello che sta dietro al vetro. Non dobbiamo ingannare noi stessi: la vita non è governata dalla volontà o dalle intenzioni. La vita è una faccenda di nervi, di fibre, di cellule lentamente costruite, nelle quali si nasconde il pensiero e dove la passione sogna. Aveva tutte le ragioni di questo mondo, Wilde...colpiti ed affondati? Basta poco. Basta sempre poco. Basterebbe un po' d'amore ma... questo sarebbe già troppo.
Cos'ho... non lo so. Però sto bene. Però...

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.















venerdì 11 novembre 2011

Posso chiamarlo "sognare", se mi spaventa...

Fuori c'è il sole ed io cerco di sfuggire ai miei pensieri.
"Come? Dov'eravamo rimasti?" Mi correggo: è la realtà, il presente che, a tratti, mi sfugge. Il mondo ha girato troppo in fretta... che volete, sarà l'età.
Abbiamo bisogno di uno spazio abbastanza ampio e vuoto da riempire a piacimento: di spazio per noi, per i nostri pensieri color cielo e per sognare.
Io ne ho un'enorme necessità.
Voi no? Che sciocchezza! Tutti ne hanno bisogno.
Mi piace, quando mi dimentico che non sola al mondo e mi metto a cantare a squarciagola stendendo il bucato, mi piacciono gli sprazzi di discorsi della gente alla fermata del bus, mi piacciono la schiuma del cappuccino ed i film d'amore anche se entrambi mi fanno stare male. Mi piace distinguere le persone per quei particolari che pochi riescono a cogliere: sono quei pochi che, a volte, azzeccandoci, riescono a vedere quella piccola parte di ragione che sopravvive alle cose. Non sono ragionevoli: hanno cessato di esserlo. Non hanno perso nemmeno un sogno per strada perchè sono consapevoli del loro valore.
Gli scrittori vivono di cose piccole e sanno che ciononostante nessuna valigia è abbastanza grande da contenerle tutte: le valigie sono state ideate per ricordarci che ci mancherà sempre qualcosa. Mi piace il fatto che tali cose mi vadano a genio, sto vivendo.
Troppi si accontentano di esistere e basta, ecco. Non ci rimborseranno mai a rate le notti che abbiamo scartato, le canzoni dedicate ad altri, le lettere mai scritte. Non illudetevi che vi diano una scatola di cieli stellati quale provvista per i momenti di solitudine che intercorrono tra una fine ed un nuovo inizio...
magari dei cioccolatini sì ma, fossi in voi, non vi farei troppo affidamento.
Questo cielo si dimentica, sapete?
E la realtà è imbattibile quando si tratta di fare venire le vertigini o annacquare le favole, i sogni. Dovreste riuscire a capirlo, dal momento che amate e io non credo all'esistenza di persone che non sappiano amare. Magari, amano nel modo sbagliato, il cuore errato, ma amano sempre.
Chi può deciderlo, in fin dei conti? Chi siamo noi per poter definire l'aggettivo "sbagliato"? Nessuno. È questo il punto o, meglio, la visrgola; perchè i nostri pensieri sono fatti di virgole. le parole, invece, si fanno desiderare, le parole si aspettano, si vivono un po' e, solo quando cominciano a divorare le pareti di ciò che siamo, solo allora, vanno consumate. Mi piacciono anche le persone che mettono le virgole nei messaggi: capiscono il potere delle parole, di quello sbaffo di penna che determina il silenzio per un attimo solo.
Confusione di pensieri, nevvero? Vi siete persi?
Pure io. Ma era la mia destinazione.
Sono pensieri random, pensieri che salgono verso il cielo con il fumo del mio "café à emporter" della notte invernale che scende invitabilmente alle cinque di sera. Pensieri che un ordine non ce l'hanno e, allora, li scrivo. Non c'è problema alcuno.
Pensieri di cui ho necessità.
Ho anche un enorme bisogno di sognare, vorrei che i sogni mi rapissero come una coperta calda in un gelido inverno.
"Ho bisogno di sognare?" Sto mentendo. Posso chiamarlo "sognare", se mi spaventa...
ma, in verità, è "amore".

domenica 30 ottobre 2011

Gli occhi, rimangono. Sempre.

Mi ricordo raramente di dare forma cartacea e concreta ai miei pensieri. Avete ragione.
Ricordo raramente ciò che non leggo dai miei post-it giallocarbonio appesi al frigo, sulla scrivania, alla mia vita. Troppo tempo speso a chematizzare l'amore, come fosse il listino prezzi di un locale malfamato  scritto a mano con gessetti rigorosamente bianchi, per sfondo rigorosamente nero, che solamente a guardarle mi vien voglia di andare via...
Non fraintendetemi, c'è solo che non ho ancora trovato ciò che cercavo. Ma non per questo ho cessato di chiedermi dove vadano a finire i sogni che non ricordo al mattino, dove finiscano gli amori ma anche (e soprattutto) da dove vengano, se ci sia veramente dietro qualcuno alle frasi scritte sui muri o se, per citarne una, "Siamo solo sordi convinti di ascoltare Mozart"?
Allora, cosa è cambiato vi chiederete voi... Nulla.
Nulla e paradossalmente molto.
Tutto? Non credo. Solo l'amore cambia tutto. È cambiato che ho capito che non bisogna disperare se non basta una vita per amare. Non è impossibile riuscirvici. Perchè?
Perchè basta un cuore.
È cambiato questo tempo, col suo vento gelido che s'infila sotto la giacca e tra i capelli color nottedellecinque.
È cambiato che ho cominciato a mangiare cioccolatini.
Rimangono invece attuali i miei discorsi circa il voler andare sulla luna, ottenere una nota sufficiente in matematica.
Ho per contro imparato a fare la lavatrice, la sottile differenza tra tenere una mano ed incatenare l'anima, ad aprire una scatola di biscotti senza coprirmi di cacao dalla testa ai piedi.
Gli occhi sono rimasti. Gli occhi rimangono sempre. 

sabato 29 ottobre 2011

Sono un'altra da me stessa sono un vuoto a perdere, sono diventata questa senza neanche accorgermene...


Per me l'infinito non è quel misero segno che campeggia sui miei fogli di matematica: non l'ho mai capito e non sono mai riuscita a concepire l'infinito così inteso. Un misero otto rovesciato? No. O forse sì... "Del resto che ti aspettavi?" Che fosse più grande del mare, perlomeno. Mi aspettavo che il trascorrere degli anni non fosse così spietato, che quelle rughe in fronte non apparissero così presto, che quelle foto non sbiadissero così rapidamente. Mi aspettavo che tutto sarebbe durato molto di più.

"All'infinito?" No! Quale condanna!

Non dico molto di più, ma semplicemente tanto da riuscire ad accorgermi del suo trascorrere e perchè no, prenderlo per mano e magari fargli fare un qualche passo all'indietro... vorrei riuscire a stipare tutti i ricordi di questi anni in una valigia ma nessuna sembra essere abbastanza grande.

Le valigie sono fatte per ricordarci che ci mancherà sempre qualcosa.

Che, poi, gli anni non contano dal momento che conta solo come li viviamo.

Pensateci, come si può giudicare una giornata solamente dal nostro primo sguardo allo specchio la mattina, dal caffè o dalla prima pagina del giornale? Non si può. Bisogna forzatamente arrivare sotto le coperte per poter affermare che sia stata un'ottima giornata.

Ed io, posso affermare che siano stati non dico facili, ma tutto sommato ottimi, questi diciottoanni.

giovedì 15 settembre 2011

Poveri scrittori.

Gli scrittori vivono di cose piccole, apparentemente irrisorie.
A me piace scrivere, mi è sempre piaciuto. Mi piace cominciare un discorso e lasciarmi trasportare; parlare del tempo che s'impiegherebbe a piedi da qui alla luna, della schiuma del cappuccino, dei discorsi delle file al supermercato e di cose apparentemente senza senso: le più importanti di tutte, a mio parere.
Sapete, invece, cosa realmente un senso non ce l'ha? Non hanno senso le parole non dette e i messaggi sotto formato di bozza, le istruzione della lavatrice in tedesco, chi distingue le persone dall'insieme e non per particolari. Non ha senso... C'è chi ha mantenuto i propri sentimenti sotto chiave da una vita, chi ha tagli sulle dita e mani ruvide, chi stringe la stessa da un'eternità, chi non si arrende, chi si dà vinto e, di conseguenza, chi ha vinto.
Mi piace fermarmi ad immaginare la storia delle persone, quella che ognuno di noi scrive giorno dopo giorno: la vera storia. Siamo qui per un motivo, no? Io penso che non esistano persone che non sanno amare. Magari lo fanno in modi diversi, ma amano sempre. Cosa abbia senso, cosa ci sia in fondo da capire, nessuno lo sa. Anche se alle volte, per azzardo, qualcuno azzeccandoci riesce a vedere quella piccola parte di verità che sopravvive nel mondo. Sono le persone con le fossette sulle scapole, a simboleggiare ciò che non si vede e che le fa volare.
Quelle che alcuni giorni riescono persino a svegliarsi sereni anche se un senso non c'è.
Quelle che alcuni giorni riescono persino a svegliarsi spezzate in due perchè un senso non c'è.
Vivono di cose piccole: di panni stesi ad asciugare, delle urla dei bambini, di nuvole, persche noci e bus delle cinqueedodici; che non hanno perso neppure un sogno per strada e per le quali rialzarsi con le gambe tremanti è diventata abitudine, che ancora cuociono torte...
Poveri scrittori, senza pudore e coraggio per tenersi tutto dentro...

sabato 10 settembre 2011

Per mille vite ancora.

Questo mondo quando si ha diciassette anni non è mai come vorremmo. Così, appena riesco a fregarlo, a rubare tempo al tempo, io vengo qui. Da lui. E gli altri non capiscono, sanno già che sono una testa dura, che non sono solita dare fiducia ad altri. Eppure, di lui, mi fido.
Mi fido perchè anche se litighiamo, sappiamo che l'orgolio non è che in fin dei conti serva a qualcosa, che gli perdonerei tutto. Perchè non sono brava con le parafrasi delle emozioni, ma so leggerle in un movimento, in un suo sguardo e lui pure. Per non star a parlare poi della mia goffaggine che tanto sortisce tenerezza, quando è capace di appiccicarmisi addosso quando cerco un'interazione col mondo a me affine.
Ma qui no. Qui, ogni barriera sembra scomparire in un istante: basta un contatto d'intesa. Che, poi, in due contro questo mondo si spacca il cielo...
Sono cresciuta, qui: nella polvere, sudore, fango e cielo terso. Qui tante volte me ne sono andata gettando tutto a terra, o cadendovi, vinta dalla frustrazione. E qui ho imparato a stringere i denti e tenere duro, anche quando ogni sforzo pare vano. È stato qui che è nata la mia tenacia ed ho imparato a lasciar sortire la sottile dolcezza che dimora nel mio più profondo angolo nascosto. Ho vinto, riso, pianto, sporcandomi di sabbia dalla testa ai piedi.
Ho imparato il vero significato delle parole: fiducia, lealtà, amicizia, amore.
Così, qui puntualmente torno, per ritrovare me stessa o, perlomeno, quella parte di me più reale, completa. Quella parte che altrove non portebbe sopravvivere.
Ed è per questo che, a quella parte del misero genere umano che ancora mi chiede: "perchè?" o, peggio non riesce a comprendere (forse semplicemente non ne è in grado) e mi pone la questione: "Ma chi te lo fa fare? Lo rifaresti?"
Sì. Per mille vite ancora.

martedì 17 maggio 2011

Voi, ci credete (ancora), in questo mondo?

Per quanto complicato possa essere, non si può partire dal presupposto che tutto sia così com'è ed appare: immtabile. Non si può dare nulla per scontato, sia mai che domani il caos troverà una propria gravità, in siantonia col resto dell'universo e dal cielo altro non pioverà che pioggia, e sulla terra altro non scorrer?a che acqua.
Fondamentalmente risulta difficile crederlo, tanto che questo mondo rilega nei suoi sotterranei stellari e classifica sotto la voce "impossibile" tali convinzioni, frutti di chi non si è rassegnato a questo rotolare per inerzia. Di principio non si crede perchè risulta fin troppo facile non farlo. Allora, cominciamo dal principio, dal basso.
Io, di base, credo nella pioggia, nelle note di matematica: non mi spingo a decidere sua una sua relatività o meno. "Tutto è relativo". Com'è possibile, allora, che su questo pianeta, negativo per negativo non dia positivo?
Qui, tutto si somma: spesa, giorni, cuori. Allora accade così che io finisca per crederci, in questi giorni storpi, storti, tutti uguali; nelle mezze stagioni che non esistono più, nelle foglie morte dopo l'autunno, mentre noi si sta (sempre) "come d'autunno, sugli alberi"...
Credo nella folla salutare, nel complesso, nel caffè freddo, nei post-it giallo carbonio quattordici per ricordarsi i propri pezzi, quotidianamente.
Credo, poi, molto nel passato e poco nel futuro. Ma anche nella vita, giacchè nel suo opposto neppur c'è bisogno di porsi la questione. Credo nella speranza come unica salvezza, nelle bugie e mai nella verità. Credo nel credere come arma di ricostruzione di massa, di terra: questa terra.
Credo fermamente in questo mondo che va a pezzi e in questo Dio che non c'è e, qualora ci fosse, mi dovrebbe molto spiegazioni...

mercoledì 11 maggio 2011

Un minuto solo un minuto per, parlarvi di me.

Non occorre neppure che vi sediate, ci metterò tre secondi. Anzi, facciamo un minuto che forse è meglio.
Forse non avete ancora capito bene come funziono: sono lunatica all'inverosimile, se c'è una cosa che odio fare è scegliere e se lo faccio, sono impulsiva: preferisco buttarmi. Forse non avete capito nulla di me, che, anche se sono stonata dal momento che nessuno me lo vieta, io canto.
Se me la prendo tanto è solo perchè so di avere ragione, perchè mi spiace vedere inutili preoccupazioni, perchè al nulla preferisco di gran lunga lo scontro. Non guardatemi in quel modo. Ho qualcosa che non va? Capelli spettinati a parte, non mi risulta. Altro? Se sì, allora, prestatemi una biro per ridisegnarmi. Lo farò, nessun problema, ma lo farò a modo mio: a pois verdi su sfondo blu mare, perchè anche se un senso non ce l'ha, magari possiamo trovarcelo e a me piace.
Ma, se un giorno mai riuscirete a vedermi realmente, mi accontenterò di tingere solamente di rosso i capelli, anche se non è molto opportuno, e di un abbraccio.
È solo malinconia, che passa. Ho solamente bisogno di urlarle contro e magari piangere un po' che, il resto, arriverà. La terra promessa su cui fare naufragio, la capacità di vedermi realmente per chi sono, i campi di grano e le corse libere con la malinconia di un'estate di città.
Ma, per ora, campa cavallo che l'erba cresce.

...e andiamo a fumarla nei campi di viole...

sabato 7 maggio 2011

Ciò che potrei pensare, dal momento che non penso a nulla.

Non ho idea di cosa mi sia successo ultimamente: da non imprimere più nulla su carta. Da non cercare più i libri in biblioteca indirizzandogli il dito contro, quasi a volergli imporre di farsi amare. Ora, mormoro le iniziali nella mia testa, in un caos di lettere che formano frasi prive di senso; forse, per una qualche paura di solitudine.
Non uso più la matita: odio le cose precarie, ed ho fiducia nel tempo, che possa chissà un giorno muoversi nell'altro senso. Mi viene da chiedermi perchè, se non ho nessuno a cui indirizzare, dedicare le mie parole, il mio cervello va in pensione... è perchè penso troppo, penso a quello che pensano gli altri, penso a ciò che penso io e che potrei pensare dal momento che non penso a nulla. Ne esce una malinconia di melassa che si appiccica ai sogni e non se ne va: la pioggia è vana, le lacrime pure. La pioggia, poi, se ne frega, lo fa sempre. E voi lo sapete l'effetto che ha su di me, che ancora non capisco perchè, se il cielo piange, devo farlo pure io.
Che tristezza, questi sogni che un po' sono veri e un po' è andata come è andata e forse me ne reando conto solo ora che, se torna, non è che torni pure te... adesso basta, giuro che ho tante, troppe cose ancora da scrivere, da dire e che so mi basterebbe anche solo scrivere "ciao" e già mi sentirei meglio. "Ti va di parlare? È più di un anno che non lo facciamo, tanto tempo, forse troppo." Il problema è che non voglio finire per scriverlo in modo banale. Pretendo di dire qualcosa che non vi stufiate ma di leggere, che qualcuno magari simile a tratti a me cerca, perchè ha forse bisogno di sentirsela dire, di sè stesso. Affinchè si possa sentire meglio, che, dal momento in cui chi legge sta meglio, colui che scrive sta da Dio.

"Se mi manchi, sarà perchè/non ho piu' niente da doverti ricordare,/ io non ho piu' giorni da dover scordare
almeno un po'...
Ho solo stelle da guardare un cielo nero da riempire./ E manchi"

sabato 30 aprile 2011

Se non piovesse acido, su questo mondo.

Avete presente quando vi svegliate di soprassalto, nel pieno della notte, sudati: quando la stanza è immersa in un fitto strato di tenebre e cercate l'interruttori a tentoni? È successo così a me. Succede così ogni giorno, in questo mondo che si restringe ad ogni alba, e diventa sempre più complicato starci bene dentro...
Caro cielo, sono io. Sono io che son ben poca cosa per te, ma ti urlo continuamente contro, sai? Ti dò fastidio? Allora, giuro che se ripari le cose mi zittisco all'istante.
Queste guerre, questi atti ingiustificati se non dalla follia, finiranno un giorno tra fiori e risate isteriche? Ci sarà mai un giorno di sole, pace? Perchè il punto di domanda non diventa esclamativo?
Perchè risposta non c'è. Ma la speranza, sì: quella è l'ultima a morire. Forse ciò che ci sprona a sperare è proprio il fatto di non riuscire a concepire, ad accettare tutto ciò. Qui si sta come in una partita di scacchi: divisi in due, solo che sarebbe molto più facile se potessimo decidere noi da che parte stare; se qualcuno decidesse di gettare le armi per abbracciare il proprio figlio ed insegnargli a stare in piedi, a camminare dritti contro il vento e petto in fuori, perchè qui "si sta come d'autunno, sugli alberi..."
Se il mondo non fosse avariato ma semplicemente vario; se piovesse acqua e le lacrime fossero semplicemente salate e rare; se potessero tornare quei giorni di corse nel grano e occhi di cielo,... se.
Quanti "se" ci sono nelle nostre vite, voi siete sempre disposti ad accettarli?
Io, in fondo, in questo mondo, al destino, ci credo. Io mi oppongo e scelgo: le pedine bianche, grazie. Voi? Scegliete da che parte stare.

lunedì 25 aprile 2011

Questo cielo si dimentica. (racconto)

Capitolo Primo.
Mi hai lasciata qui, in balia dei miei sogni e delle mie paure. Mi hai lasciata qui. Alla mercé di questo mondo crudele. Senza una coperta da usare nelle notti fredde. Mi hai lasciata qui. Senza più sogni da inseguire. Senza insegnarmi a cogliere un fiore. A scrivere una canzone. Mi hai lasciata qui. Sola. E non sarai tu a spararmi. E non sarai tu ad uccidermi. Mi spegnerò lentamente. Oppure un gesto diperato mi porterà ad accasciarmi a terra; tra le braccia degli angeli. Non ho paura. Ne avevo prima.
Non ho paura del paradiso o dell'inferno. Non ci ho mai creduto. Non ho paura del dolore. Io non lo temo. Non ho paura del pericolo. Il pericolo non esiste. Per me.
Ma questa? Salata, calda. Una lacrima. È da tanto, troppo, che non piango. Non mi serve a niente. Non ci sarai mai più qui tu: ad asciugarmi le lacrime e a farmi sorridere.
Non ho mai capito come facevi a ridere in quel modo. Ma penso che sia perchè hai pianto molto.
Solo chi ha pianto molto può apprezzare la vita in tutto il suo violento splendore. E ridere bene. Piangere è facile. Ed ancor di più sul latte versato. Ma ridere, tutt'altra storia.
Oggi sono uscita in strada. Il caos mi ha fatta soccombere. Vi è troppo sole là fuori. Troppa vita, per me.
Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno. Buttate via la luna, tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi, perché non servono a nulla. Io me ne sono resa conto un po' di tempo fa.
Quanto tempo sarà passato? Giorni? Mesi? O, forse, anni. Almeno secondo la mia percezione del tempo che scorre. Che non perdona. Che non si arresta e torna indietro, magari. Indietro a pomeriggi di sole come questo. Dove ero ancora viva. Perchè il tempo scorre. Come la vita che si allarga e si restringe a suo piacimento. E tu devi solo cercare di strarci bene dentro. E, magari, quando ci riesci, rubarne un po': di quella vita. Che forse, in una notte senza stelle, o quando ti sentirai morire, ti farà piacere ritrovarti un po' di vita nascosta dentro le tasche dei jeans.
Io, come al solito, sono stata avida. L'ho voluta godere tutta e subito quella vita. Ed ora, beh, ora sono a corto di vita. Di quella vera, però.
Non c'era un prima. Non c'è un poi. C'era il mentre. Forse somigliava all'arcobaleno che ci divertivamo a colorare insieme con le dita. Il mio veniva sempre un po' storto. Ma tu non me lo dicevi mai. Mi facevi credere che fosse perfetto. Non importava. io lo sapevo. Tu pure.
Ora il sole è accecante. L'afa non perdona. Non vi sono temporali ed arcobaleni. Non più.
C'è sempre un altro fondo, quando crediamo d'aver toccato il fondo, il fondo che siamo noi stessi a cercare, quello che scaviamo con le nostre mani, la fine di tutto.
Ma tu te ne sei andato. Senza pietà per me. Forse ti ho donato troppo amore. Che gesto imperdonabile.
È incredibile come, alle volte, la nostra vita si riduca in polvere. E non c'è niente di peggio che sentirti scivolare via, come sabbia al vento, quella vita per cui il giorno prima avresti fatto follie. Ora ridotta ad un mucchietto di sogni infranti. Inutili.
Forse è per questo che te ne sei andato.
Forse semplicemente non volevi che la vita stessa ti spegnesse sommergendoti lentamente, forse sei stato più furbo di me. Di tutti noi.
O forse no.
Ricordo quel singolo maledetto momento come se fosse, non oso dire un giorno fa, ma come se lo stessi ancora vivendo. Non riesco nemmeno a chiudere gli occhi. La mia mente mi gioca brutti scherzi.

martedì 19 aprile 2011

Che, in due, contro questo mondo... Si spacca il cielo.

Fondamentalmente non si crede, poichè è assai scontato non farlo; non si crede nelle cose belle perchè di sciupano... Ma se, invece, non si partisse dal presupposto che sia tutto così? Tutto qui?
Fondamentalmente abbiamo lo stesso numero di ossa, muscoli, polmoni e cuore (solo uno, alle volte già in eccesso di per sè, vero?) Poi ognuno aggiunge un particolare: chi lacrime di cristallo, che quando cadono fanno un rumore assurdo, frantumandosi a terra: chi pelle bianca, sia d'estate, che d'inverno: persone luna, incapaci di brillare di luce propria; chi sogni che s'aggrappano ai capelli; chi paura del buio e allergia agli abbandoni.
Non si può dar nulla per scontato e non tutto deve avere un senso o andar bene per forza. Prendete il mondo: neppure lui ha senso. Eppure è lì.
Credo, invece, che bisognerebbe partire dal presupposto che, sebbeno ognuno diventi diverso nel suo essere terribilmente banale, umano; in amore ci si cade. Questa vita ci stupirà. Vedrete, vi stupirà. La vita stessa tende a farlo per non so quale complicata legge fisica o teorema matematico: io non sono brava coi numeri. Con le parole? Dicono il contrario. E con queste dirò ciò che credo, ovvero che qui si punta continuamente al cielo, mentre basterebbe guardarsi e lasciarsi sorprendere... Lasciate che questi sogni vi s'impiglino tra i capelli e i mostri si riposino sul vostro cuscino.
Continuate a sognare che, un giorno, qualcuno vi venga incontro scusandosi del ritardo, giacchè nella sua vita c'era traffico. Che vi prenda la mano, vi dica che ci eravate addormentati sul divano svegliandovi lentamente, che prendete un treno e ve ne andate. Ricordate: in due contro questo mondo, si spacca il cielo. Tanto poi, questo cielo se ne dimentica: si dimentica di tutto e tutti, vero?
Lo so, lo so. E lo so che, questo mondo, alle volte è assai ingiusto. E lo so che si guarda a terra per paura di cadere. Come pure so che sarebbe gran cosa se il sorriso fosse all'ordine del giorno; se le persone sapessero ascoltare anzichè sentire e basta e se, finalmente, riuscissimo a scoprire in quale maledetto barattolo hanno nascosto lo zucchero e non cadere mai più in errore.
Sapete, c'è che bisogna viversi; poichè, in fine, tutto ciò che rimane sono solo ossa, muscoli, polmoni e un cuore più o meno integro. Resta il fatto che diamo troppi nomi alle stelle, dovremmo invece darli a qualcosa di più vicino a noi...
Rischiamo di perderci in quel cielo, così facendo. Sì, insomma, dovremmo solo stupirci. Invece, continuiamo a guardare sù.

sabato 16 aprile 2011

Solo pioggia e nulla più.

Oggi scrivo e ferisco il foglio: creo squarci di bluastro inchiostro. Di rosso c'è già troppo. Ci son già io.
Per paura di perdere ciò che c'è, in questa testa. Paura di perderla? Non credo, le ho già detto addio da tempo. Forse, al contrario, per sedare il caos che mi spinge contro le meningi.
Oggi voglio provare a dire qualcosa. Voglio provare a farvi vedere le cose in modo diverso. Sono qui, tra lo scoppiettare della pioggia ed il tempo sospeso, l'umidità ed il bagliore dei lampi. E ho un vuoto d'aria nella gola.
Lo sentite, il profumo della pioggia sull'asfalto? Perchè non mi parli più? E te, perchè m'ignori ottoorealgiorno?
Vorrei farvi capire che, se alle volte, ci comportiamo male magari un motivo ce l'abbiamo: magari siamo stati feriti anche noi. Ma non necessariamente, ciò implica il fatto d'impugnare le armi e far strage a nostra volta.
E ancora, profumo dei capelli bagnati, il peso dei vestiti zuppi di pioggia.  Spartiamoci un po' le nostre colpe. Ma qui cade la pioggia e tutto tace. Tace il mio telefono sul comodino, il mio cane zuppo, e ditemi, a che serve sperare se piove?

martedì 12 aprile 2011

Non avete paura di perdervi qualcuno di meraviglioso, lì fuori?

Non mi preoccupo più di avere pensieri fatti di virgole e punti di sospensione e che le parole si facciano desiderare: non ho fretta d'imprimerle su carta, ho tutto il tempo del mondo. E, poi, voglio viverle un po', queste parole. Cosicchè solo quando diventano troppo ingombrati e prima che sfioriscano o divengano troppo banali, prima che accada come quando ti innamori di un persona chessò con la macchina rossa e ti accorgi solo in seguito che il tuo paese è pieno di macchine rosse... Allora, le consumo.
Mi piace sentirmi così: riempirmi lo stomaco di farfalle che non fanno rumore. Mi piace l'idea di gelati sciolti in mano, su una panchina condivisa, di un "buon giorno" appena accesso il cellulare, che ti fa sorridere e tirare calci sotto le lenzuola per soffocare il buon umore.
Sapete che vi dico? La gente non è un'abitudine. C'è chi colleziona vecchie fotografie, francobolli, chi si comporta come se esistere fosse la cosa più naturale di questo mondo. io stessa, alle volte, guardo senza vedere sin tanto che non mi si aprono gli occhi fa fuori, sin tanto che qualcuno non si affaccia alla porta del mio mondo, dove ammucchio parole e cd aspettando che qalcuno le legga e che s'impolverino... Giacchè, è risaputo, la musica prende quella piega jazz solo quando la copertina s'impolvera.
Ho una lunga schiera di sguardi rubati, conservati in quelle scatole che riempi di cose vecchie, che profumano di ricordi e lasci sotto il letto; quelle che ti ritrovi ad aprire quando il tempo ha fatto il suo dovere e i contenuti sono ricordi che pungono la pelle e fanno tremare il cuore e le gambe.
Sguardi rubati nei locali che non conosce nessuno, quelli che trasmettono msica bassa e hanno quadri angoscianti appesi alle pareti, mentre sorseggio il mio cappuccino, dimenticandomi di quanto odio il caffè zuccherato. Sguardi strappati da persone in scontri frontali nelle librerie, perchè solo loro sanno quanto adoriamo gli autori impilati in ordine alfabetico, dai ragazzi che leggono alle fermate del bus dopo scuola, finalmente liberi da qualsiasi vincolo: nichilismo letterario. E poi sguardi presi dagli occhi di chi ti sfreccia accanto, mentre cammini sul marciapiede.
Io verrei sorridere ad ogni persona che incontro e dirle: "Ciao, sai, noi, esistiamo insieme. E credimi, dietro questi capelli rossi arruffati, occhi trasparenti, c'è ben altro. Se solo avessi tempo e voglia di andare oltre: scavare sotto pelle, potrei piacerti. Se solo ti fermassi per sentirmi parlare anche solo del tempo o del posto dove fanno i coni gelato migliori, quelli che sono dolci solo se condivisi; se solo mi ascoltassi, invece di fermarti ad osservare la scorza, dannazione, potrei piacerti."
Perchè siamo fatti così: sfioriamo le persone sul marciapiede, per strada, nei negozi, come fosse un'abitudine: la cosa più palese di questa terra.
Ma voi, non avete paura di perdervi qualcuno di meraviglioso, lì fuori?
Io sì.

domenica 10 aprile 2011

C'è che, oggi, vi faccio entrare un po' in me.

Trovo che il momento migliore sia quando la festa è finita. Restano solo briciole, caos e attorno a te il silenzio assoluto. C'è chi crede sia triste, chi si lascia sopraffare dalla malinconia, chi da solo soffre. E chi, come me, sorride e aspetta.
Rimangono i ricordi, rimangono i perchè, gli occhi. Gli occhi rimangono sempre, come ombre di un passato troppo sporco perchè possa esser riportato alla purezza del bianco, troppo profondo perchè possa dissolversi senza lasciare cicatrice alcuna. Rimangono, impassibili, incisi nella pelle, fra i capelli e le costole. Rimangono e lasciano trasparire quei ricordi intrappolati nel mio oceano. Sapete qual'è il bello di questa caotica, scrosciante, dilagante vita? Che non scopriremo mai che cosa siamo tenuti ad essere, rappresentare realmente e che tutto nasca da un comune uovo roseo.
Sono arrivata a sfiorare la morte, ecco. Sono arrivatà là, mi sono guardata intorno, girata, ed ho cominciato a correre. È andata così. I giorni mi scivolarono addosso come acqua sulla pelle in un tentativo malato di "fermare il tempo", mi chiusi a riccio con la forza ostinata con la quale ci si attacca alle cose che fanno male. Ma non scriverò di questo: è passato e finito. Scriverò della vita. Di questa vita che mi mangio come una torta alla crema, affondandoci la faccia e sporcandomici completamente. Al massimo be farò un'indigestione, di questa vita, che non è mai tuttavia troppo dolce.
Date retta a me, non sfracellate i vostri sogni a terra: saltate in alto. Vivete, amate, sappiate che non c'è niente di meglio di un bacio sbagliato, correre. Correte veloce, tagliate i traguardi. Laciatele correre, le vostre emozioni. Ma, soprattutto, superatela. Stupite questa vita, più di quanto lei non sia in grado di fare con le nostre anime.

Mi chiamo Alice. Sì, ho sofferto di anoressia, non rinnego il passato. Non mi piacciono le righe: preferisco i quadretti. Amo scrivere, sognare, innamorarmi, vivere e vado letteralmente pazza per le torte alla panna.

giovedì 7 aprile 2011

A sapervelo spiegare, che filosofo sarei...

Ci sono cose che non ho detto, che non dico mai a nessuno, che mi tengo nascoste nelle tasche dei jeans, nelle mie quattro mura, nel cassetto del comodino? No, di quello ho perso la chiave.
Non c'è fine che mi freni, non c'è mancanza di battito di cuore, di amore, di persone che mi spaventi. Temo solo la morte delle parole, questo sì. Dunque?
Possiamo parlare d'amore. Possiamo parlare di noi. Possiamo parlare dei cereali che mangio alla mattina, di quanto adori quest'aria che sa di buono, d'estate, dell'infinito o della rivoluzione francese che conosco come le mie tasche, se volete... Il punto è che sono dispersa tra le nuvole e tutti me lo ricordano.
Non ho ispirazione. E allora? Allora scendete in strada, che esco a buttar via i vetri di bottiglia e i cocci di ricordi, ci troviamo a metà strada vicino a quella magnolia in fiore, ok?
E poi? Raccontiamoci di noi, delle anarchie del passato, delle rivolte, quelle del cuore, però.
Parliamo di filosofia platonica, poesia immortale, del quotidiano moto dell'esser inutili attori mancati a recitar la commedia della vita. Facciamo così: scambiamoci le ossa, amore e odio, cinismo ed indifferenza, gli attimi perduti ed il tempo mai usato. Diamoci il cambio. Equilibrio ed instabilità, pazzia e normalità.
E va bene, che i ricordi restino ferite ancora aperte. Questa guerra è ancora nostra.
Chè io so, un giorno finirà e indosseremo vestiti sgualciti, capelli arruffati e cuori caldi, rideremo, urlando alla luna il nostro dolore. Io avrò parole facili, e qualcuno che venga a tirar sassolini al vetro della mia finestra, a sconvolgermi la vita, che non è un puzzle e non dev'esser tutto in ordine. Che capirà Baudelaire, la mia malinconia e i Baustelle. Non l'ho ancora trovato, nè tra le note di una canzone, nè tra le pagine di un libro, nè tanto meno tra la gente. Ma l'ho cercato, eccome, lo giuro. Forse ho semplicemente cercato in posti troppo monotoni, in strada, tra i tavoli di un caffè.
Dove sei? Dov'è l'amore? Non lo vedo. Forse è semplicemente negli occhi di chi sa, non dico guardare, ma vedere, tra le pareti di questa camera: nelle soffitte del mondo intero.

domenica 3 aprile 2011

Il rumore dei sogni.

Aria primaverile, tovaglia provenzale, influenza e voglia di ciliegie. È domenica.
Dovremmo essere infiniti. Aver corso anche un sola volta nell'erba alta. Magari adesso chiudo tutto, lascio il coniglio a bruciarsi in pentola ed esco con una maglietta che odio: a qualcuno piacerà, non importa. Quella persona, la terrò stretta. Comperò un cd di un qualche cantante mai sentito nominare. Poi farò un bagno e l'asciugamano azzurro sarà lì con il suo fresco abbraccio. Siate infiniti: ridete di niente, vivete di tutto. Cosa sto dicendo?
"Facile, scrivi solo ciò che conosci."
E invece, no. Oggi facciamola difficile. Oggi scrivo delle nuvole e del fumo del caffè mattutino. Del rumore dei passi nei corridoi deserti di scuola durante le lezioni. Del profumo dell'erba appena tagliata. Sì, mondo. Sono sempre io. Non me ne vado via, semmai mi troverete emplicemente vicino al mare.
Ecco, facciamo così, ora me ne torno là. Sta notte vi ero. E mi viene da chiedermi se i bei sogni non facciano rumore per non svegliarci o per dileguarsi allo scadere della notte, abbandonandoci tra le lenzuola fredde e il suono violento della sveglia sul comodino.
E voi, riuscite a percepirne l'odore? Il mare di Francia, meta consueta delle vacanze estive. Ci ho lasciato l'anima, su quelle spiagge, in quei paesaggi e paesini di un'entroterra ancora prevalentemente incontaminata. Giacchè forse l'elemento decisivo non è la delicatezza, nè la dolcezza, non è la forza nè la tenerezza, ma la selvatichezza.
Il più delle volte,purtroppo, la gente non coglie tale selvatichezza, essenza vitale, e non si rende conto che cose in apparenza tanto insignificanti e irrisorie, come un mercato caotico nel cuore della Provenza, possano avere qualcosa in comune con le più belle opere d'arte.
Mi piace quella vita: un vita senza prospettiva, che non lascia svanire la possibilità di diventare un'opera d'arte, una vita senza passato nè futuro, senza contorni nè orizzonte: il qui e ora, bello, pieno, chiuso.
Fin dal mattino mi tuffavo, instancabile, sotto i cavalloni o volavo sopra la cresta delle ondi, senza fiato. Mi gusto la vista del lungomare. Non mi viene mai a meno, non mi basta mai. Ho la sabbia ancora appiccicata alle caviglie, respiro nell'aria ricca di iodio, in balia di incomprensibili frammenti di conversazioni catturati dai marciapiedi e dalle spiagge brulicanti di gente. Rituali delle vacanze, sensazioni immutabili: il gusto del sale agli angoli della bocca, le dita grinzose, la pelle calda e secca, come sarebbe bello, come sarebbe facile. C'è un emozione dentro di me, sapere, che ho sempre provato invano a descrivere. Magari, la prossima volta, prendo un paio di sentimenti e li metto nello zaino, dato che nel petto non c'è più posto...
Siate infiniti.

mercoledì 30 marzo 2011

Vuoi fare l'eroe?

"Sai ad aspettarti ci potranno essere un milione di persone, persone che ti guardano, ti vogliono, gli piacerebbe parlarti, giocare, scherzare, vivere....ma tu nn vedi nessuno, solo lui, che forse non si presenterà mai per affrontare un viaggio con te."
E tu, dimmi, allora, cosa vedi oltre quel piano azzurro privo di espressione che chiami cielo?
Non lo sai? Io so cosa ci vedo. Vedo tutte queste persone, se solo volessero gentilmente fare un passo più vicine: ho l'oceano che mi traspare dagli occhi e mi rende leggermente appannata la vista.
Sai, chiunque tu sia, non mi piacciono le righe: preferisco i quadretti. Non sopporto chi predica bene, per poi razzolare male. Vuoi fare l'eroe? Chi sei? Forse non lo sai nemmeno tu, vero? E, allora, come puoi immedesimarti in me? Se trovi il modo ti prego fammelo presente, potrebbe essermi utile.
E chi ti dice che quando piove è solo perchè le nuvole si caricano di troppo vapore acqueo?
E chi ti dice che quando ridi senza motivo sei un pazzo?
E chi ti dice che io mi riferisca ancora a lui? "Chiunque tu sia." Non mi pare, no?
Io credo che quando piove qualcuno voglia solo coprirci le lacrime. E che quando ridiamo senza motivo lo facciamo per ricordarci d'esser vivi, e vivere è una cosa meravigliosamente comica.
Coraggio, signor amore, vieni fuori e combatti!
Che io, ho già dei biglietti aerei non rimborsabili per futuri inverosimili.

martedì 29 marzo 2011

Futuri inverosimili.

C'è che, quando la spiegate, una poesia, diventa banale. Chi viene via, con me?
Andiamo dove respirare non è così difficile. Cosa devo fare? Devo colorare le rose? Ho bisogno che qualcuno mi dica "brava" anche solo per l'impegno messo. Non ho paura, l'ho già detto. La testa l'ho già persa da un pezzo.
"Non hai più scritto. Ci manchi." Di fatto io, potrà sembrare strano, ma non ho sempre qualcosa da dire... Ogni tanto il silenzio mi abbraccia. È un periodo in cui non riesco a dire ciò che provo, perchè, ammettiamolo, quando non si è innamorati si diventa passivi: apatici. E il mio problema è che sono una dannata romantica. Hai già preparato le valigie, chiunque tu sia? Perchè non ti decidi? Scegli. Vuoi essere un'eroe? Nessuno può dirti come devi respirare. Scegli se venire o restare.
Io ho solo bisogno di andarmene, ora. Perchè quando mi accorgo che, per un'altra giornata, non ho voglia di scrivere, mi sento mancare. E allora indosso una vecchia maglietta, le scarpe sporche e magari poi l'I-pod se miracolosamente è carico. Ho una voglia assurda di girovagare senza una meta precisa, vi capita mai? Sia mai che adesso, giro l'angolo, mi scontro con lui e gli rovescio il caffè addosso mentre mi cadono i libri per terra, e sorride, e mi aiuta a raccoglierli...
"Ma la vita non è così." Vero. Non funziona come nei film. Non succede affatto così.
E allora ti aspetto sulle scale. Non prendo l'ombrello: dove voglio andare non piove. Mi serve solo una penna e un po' di cuore...
Allora, pronto?
...Quasi affatto.

domenica 27 marzo 2011

Specchiarsi in un cucchiaino da tè. (Tea party, un'ora dopo)

Forse non ho voglia di imprimere emozioni, oggi. Forse accennerò solo la frase di una qualche canzone, guarderò la pagina bianca fino a riempirmici la mente, ricordate?
"C'è la neve, nei miei ricordi: c'è sempre la neve. E mi diventa bianco il cervello, se non la smetto di ricordare..."
Qui c'è solo la prima pioggia primaverile, di questo cielo che versa lacrime e bagna il mondo che si lamenta e sposta un po': avanti di un'ora.
Ecco, ho perso ancora le parole. Come si perdono le cose belle. Come il caffè appena alzati, come il gelato alla stracciatella o nocciola, come le corse nei campi di grano, il tuo film preferito... Basta metafore. Diciamo che sono finite come tutte quelle cose magnifiche che nascono, raggiungono lo splendore e muoiono nel silenzio e nell'indifferenza totale: dove non so. Chiunque lo sappia mi faccia un cenno. Grazie.
Oggi il cuore cerca di rovesciare il trono di quel cervello tiranno che è tornato al potere da poco tempo a questa parte: anarchia sentimentale. Scrivo, perchè in questi momenti non so far altro. Allora, che ne dite di farmi ridere, splendori? Devastatemi di solletico, inciampate, fatemi ridere. Voglio che l'anima mi esploda, voglio non pensare per una bella parentesi in questa uggiosa domenica. Voglio sentire questa risata farsi spazio in qualche parte dispersa della mia anima. Ho un gran bisogno di smetterla di prendermi troppo sul serio.
Sapete che quando vi specchiate in un cucchiaio vedete la vostra immagine riflessa al contrario?
Ecco, ho bisogno di guardare il mondo da un punto di vista diverso, di uscire dal rango e tre passi avanti, di scrollarmi le lacrime del cielo da dosso e ridere a testa in giù.
Vi siete ricordati di comprare un po' di amore questa settimana? Era in offerta. A me è uscito completamente dalla mente... E, così, quando sono arrivata avevano già esaurito le scorte. Ho solo trovato una pistola ad acqua. E, cosa pensi di farci? Volevo minacciare a morte il sole, le stelle di cadere. Ma oggi piove e di cose cadute dal cielo ce n'è fin troppe, direi. Lo sapevo che andava a finire così: l'ho sempre saputo. Lo sapevo che avrei finito per perdermi tra le lettere, andar fuori di testa e non capire più niente. Riavvolgete tutto dall'inizio, forza.
Forse, oggi, ho solo bisogno di un cucchiaino da tè. No. Non te. Tè.

mercoledì 23 marzo 2011

Volete la verità?

Mi sento come quando hai un pensiero valido che ti nuota in testa ma svanisce prima che tu possa raggiungere una qualsiasi Bic. Odioso, vero?
Eppure è alquanto semplice: è che a furia di pensare, rischio di finire per pensare a qualcosa a cui pensare. Lo so, lo so, sono contorta.
È che ci piace, affezionarci. Ci affezioniamo alle cose ma, il più delle volte, alle persone. Lo facciamo semplicemente perchè ci fanno bene. Ci sono momenti in cui appariamo fragili e non digeriamo nulla, così, quando una persona tende una mano, noi l'afferriamo come fosse l'unica ancora di salvezza. È successo così, a me.
Persone con cui si ha un rapposto strano, si è vincolati da un contratto non scritto, che spinge a tirarsi spallate a vicenda quando si ha il morale a terra. Persone che si possono anche non sentire per giorni, settimane, ma che si sa che appena una scheggia ferisce il nostro cuore saranno qui. Qui con noi, pronti ad inventarsi l'impossibile pur di farci sorridere. E, persone che, quando ci succede qualcosa di terribilmente felice, cerchiamo. Persone che sono come noi: una barca nel bosco, un romanzo nello scaffale dei gialli.
Sapete che c'è? C'è che sì, sono fragile, ma non dovete continuamente temere di ferirmi. Son partita ed ho avuto il coraggio di tornare: ho già visto il peggio. E tu c'eri. Non abbiate paura di dire la verità, ma ditela, sempre.
Volete la mia, di verità? So trattenere le lacrime per dieci minuti, così accade che, di punto in bianco, scoppio a piangere davanti al banco frigo del supermercato, tra gli sguardi e le occhiatacce della gente...
Tutta la verità? Va bene. Non sarei mai in grado di fargli male. Non potrei mai esser così masochista, giacchè quando sta male lui, ci sto pure io. Vorrei che qualcuno, quel qualcuno lo travolga. Vorrei che questa vita gli regali quella svolta che tutti, prima o poi, ci meritiamo. Con tutto il cuore.
Scusami.
E, ora, prendi il coraggio a due mani e và. Dì tutto quello che pensi e che scrivi per mancanza di coraggio. Sì, lo so, potrà far male, dissanguarti il cuore. O potrà esser magnifico. Vivi. Abbi il coraggio di rendere la tua vita un posto meraviglioso. E ora, va a parlarle.

martedì 22 marzo 2011

Bastasse un cuore per amare. (Mare)

Passeranno i giorni, le ore, i mesi, il sole ci camminerà intorno un miliardo di volte, mio padre pianterà altre piante da frutta e io stiperò i miei amabili resti in una valigia e finalmente... Guarderò lì, dritto sul mare da quel ponte, per arrivare al molo. Lì d'estate ci mettono le luci artificiali, e se le accendono sono verdi. Poi c'è un tramonto che è stupendo.
Aggiusterò i capelli mentre il vento me li scompiglierà nuovamente. Mi siederò tranquilla su quel muretto che sembra ammuffire un po' di più, mano a mano che il tempo passa. Lì tutti pensieri affogano. E se, per assurdo, se sai anche capirlo, questo mare che parla, vuol dire che sei un po' come me, con questa allegra tristezza che ti pervade. Non sarà cambiato nulla, come le cose belle che hanno il potere di attaccarsi all'anima come colla tra le dita, ostinate. Mi abbraccerà con quell'aria profumata di salsedine, quella che ti sfiora lasciandoti la pelle umida ed entra in te con la prepotenza che solo il mare può permettersi di possedere. Mi scalderà, di sorrisi, con i profumi dei bei ricordi.
Vorrei essere lì ora, a farmi cullare da tutto ciò che mi fa stare così bene. Mi manchi, mare. Mi manca respirarti. Mi manchi da impazzire. Quest'assenza mi fa girare la testa e non mi concentro più su niente: intorno a me il nulla, il cielo si apre in due come una mela. Ecco, ora il cuore me lo voglio riprendere, per poter poi donarti ancora qualche sorriso. Sarò lì, di bianco vestita, e le nuvole prenderanno quell'aspetto che ho sempre notato solamente io.
Mai più grigio, abbronzarsi sarà facile, abbronzarsi di felicità, cosa credevate? So che l'altro significato no, non funziona con me: ho una pelle a specchio, io. Anche le pareti della mia anima sono delicate, un po' come la pelle dei neonati; a differenza che io non ho bisogno di creme per proteggermi dalle irritazioni, dalle ferite. Avrei bisogno di un carattere diverso, di un'altra corazza in cui stabilirmi. Ma non posso fare nè uno, nè l'altro. Devo accettare la mia sensibilità. Devo appenderla al sole, illuminarla, lasciarla asciugare e prendermi cura delle mie debolezze. Ho un'oceano di emozioni a cui badare.
Ci vorrebbe una tazza al gusto di felicità, per piacere. Con un pizzico di allegria e quattro cucchiaini di sorriso. Altro che questo tè. Ci vorrebbe il mare, che mi ascolta sempre e poi mi abbraccia con le sue onde. La maggior parte delle persone sente e basta, ecco. Non solo i discorsi, ma anche la musica: la gente non sa ascoltare le canzoni, sentono le parole e non colgono, nè cercano neppure di cogliere, il loro vero significato. Ci sarebbero meno guerra se ne cogliessero tutte le emozioni... Sentito, il suono delle onde che s'infrangono a riva? Sì?
Allora contiamole: una, cento, un miliardo e uno. Sì, dispari, e per niente utile. Avere mai visto qualcosa che costi un miliardo e uno? Io non penso. È così. È così inutile. Alle volte si è talmente inutili, nemmeno ci si tiene in piedi... Ma lui, lui ha un equilibrio tutto suo. Il mare è caos, ed il caos ha una gravità propria. Come quella legge chimica per la quale quando siedo là e mangio un gelato, reagisce con il mio vestito bianco e lo fa mutare di colore.
"Se cambia una costante fondamentale della fisica, cambia il mondo." Uh?! Basta così poco? Non credo. Bastasse un cuore per amare...
Ecco, d'ora in avanti punterò lì: dritto sul mare. Poi dico tanto che scappo, ma alla fine rimango. Sarò semplicemente là, seduta. Chi a voglia di sedermi accanto? Prometto che me ne starò buona e raccomanderò solamente di non rubarmi alcun biscotto, sono quelli che mi piacciono tanto. Direi poi d'esser cambiata, ma non sarebbe comunque vero, lo farò solamente per vedere la reazione che potebbe produrre. Sapete che vi dico? Cessiamo d'immaginare ed andiamoci direttamente. Molliamo tutto e buttiamoci tra le onde e la schiuma; che ho tanto bisogno di divertirmi e ridere fino a cadere in acqua, inzuppandomi da capo a piedi. Voglio ubriacarmi di risate, allegria. Lasciamoci trasportare dalla pazzia che, tanto, quando la vodka sarà finita, avremo un'oceano intero da gustare.
Ma, intanto, la radio passa per l'ennesima volta quella canzone che fa: "Rolling in the Deep...", il mondo mi prende in giro e mia madre chiama per la cena. Aspettami, mare. Arriverò.
Chi viene con me di voi, meraviglie?